Che cosa ci siamo fatti

By giuuu8

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Cinque volte in cui Manuel è geloso marcio + una in cui finalmente lo ammette. More

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Tra i vantaggi di avere Simone come amico, adesso che tutti i casini con Sbarra sono finalmente finiti, c'è anche il fatto che finalmente Manuel riesce a studiare senza distrarsi ogni letteralmente sette secondi. Non è che a Manuel non piaccia imparare, è sempre stato curioso, è semplicemente che non gli piace imparare dai libri. Lui è uno che ha bisogno del brivido, dei lividi, dell'adrenalina, di sbagliare e ricominciare. Non di righe e righe scritte nere su bianco, come se tutte le cose fossero ovvie e facili.

Forse è per questo che ama così tanto la filosofia, perché è grigia. Non bianca, non nera. Non c'è giusto o sbagliato, c'è solo ricerca: c'è il bisogno di capire senza capirci davvero niente, la delicatezza del pensiero che muta nel tempo, il fascino del passato che si ritrova nel presente ed evolve senza evolvere mai.

Tutto il resto, soprattutto la fisica, è noia. Noia, noia e ancora noia.

Con Simone, però, tutto assume quasi un certo fascino. Stare seduto di fronte a lui, vederlo concentrato sui libri, sentire le sue dita che battono piano sui tasti della calcolatrice. Lanciargli palline di carta per dargli fastidio, che poi gli si incastrano tra i ricci neri e restano lì, intrappolate, finché Manuel non allunga le braccia in avanti e con la punta delle dita non gliele toglie. E' tutta una litania di sei un coglione, Manuel, smettila di darmi fastidio, resta concentrato, come cazzo è possibile che tu non riesca a fare 2+2 senza fare errori, non è tutto come la filosofia che amate te e quel pazzo di mio padre, per favore rileggiti la regola del libro che tra un po' ti lancio fuori dalla finestra. Però, cazzo, quanto è divertente. Ed è inspiegabilmente anche utile, visto che nella prima interrogazione di fisica dell'anno Manuel è riuscito a strappare un bellissimo e onestissimo sette più, che ha fatto esultare Simone dal fondo dell'aula. Che ha regalato a Manuel un altro di quei suoi sorrisi a trentadue denti che ama tanto e che lo fanno sentire come se tutto, finalmente, avesse un senso.

Però, in questo pomeriggio di studio di inizio ottobre, c'è qualcosa di strano, qualcosa che di solito non capita: Simone è distratto. Manuel lo guarda di sottecchi, tra un' equazione e l'altra: i suoi occhi finiscono ogni minuto sullo schermo del cellulare, che poi prontamente afferra, ridacchiando. Manuel vorrebbe sapere che cosa lo faccia ridere così, in un modo un po' imbarazzato e un po' civettuolo, e vorrebbe ridere con lui.

Ha questa continua necessità, da qualche mese a questa parte, di dover fare tutto con Simone. Continua a dirsi che è colpa del fatto che ha temuto davvero di averlo perso, quando se l'è trovato davanti, disteso sull'asfalto, mezzo morto. Ha avuto così paura che, adesso, quando non è davanti a lui è Manuel quello a sentirsi sperduto.

All'ennesimo sghignazzo di Simone, Manuel non ce la fa più.

"Oh" lo chiama, alzando gli occhi dal quaderno a quadretti. "Mi stai distraendo con quelle risatine tutte gnegne. Riesci a stare concentrato pe' cinque minuti, eh?"

Simone, come colto con le mani nel sacco, le alza in aria. Ha le guance appena appena rosse e i capelli incasinati.

"Sì, Manu, giuro che la smetto" si scusa, senza guardarlo in faccia. Poi, come per dar prova del fatto che è serio, prende la penna in mano e per tre minuti e mezzo resta concentrato sull'esercizio di matematica.

Manuel sta per concludere la penultima riga della sua equazione, quando il cellulare di Simone si illumina di nuovo. Simone riesce a non toccarlo per letteralmente sei secondi, dopo di che si arrende a se stesso, lo sblocca e ride di nuovo.

Manuel ne ha le palle piene.

"Che c'hai da ridere così, come un coglione?" sbratta, facendo cadere la penna sul tavolo con un tonfo.

Simone finisce di digitare qualcosa sul suo cellulare, prima di posarlo e di lanciargli un'occhiataccia.

"Mamma che palle, oh. Per una volta che sono io quello distratto, sembra che ti abbia ucciso il gatto" borbotta, grattandosi la guancia.

"Non ce l'ho un gatto, io –"

"Sì, okay, non è questo il punto" lo interrompe Simone, prima che Manuel parta con il suo monologo filosofico sul perché quella frase non abbia senso logico. "Mi dispiace se ti sto distraendo, ma con tutte le volte che tu m'hai rotto le palle mi è concesso, no? O sei solo tu quello che può rompere il cazzo, qui?"

Manuel alza gli occhi al cielo e "Colpito e affondato" ammette, torturandosi una pellicina che gli dà fastidio accanto all'unghia del pollice.

"Grazie, eh" è quello che gli dice Simone, prima di ritornare con la testa sul quaderno.

Per i dieci minuti successivi studiano senza parlare, se non per confrontare un risultato, ma c'è un piccolo tarlo, nel cervello di Manuel, che lo sta distraendo, insignificante quanto fastidioso. Per un po' prova a far finta che non esista, prova a sopprimerlo, ma ad un certo punto non ce la fa più.

"Comunque so' curioso" esordisce, cercando di modulare il tono della voce e di sembrare sicuro di sé. "Chi è che te fa' ride' così?"

Ed è davvero curioso di saperlo, perché non l'ha mai visto così. Mai, con nessuno, se non con lui. Manuel non è mai stato cieco, forse un po' lento sì, ma c'è stato un momento, mesi prima dell'incidente e di tutto il resto, in cui si era accorto di come Simone lo guardasse. Vedeva il modo in cui Simone sembrava dipendere da lui, di come gli fissava la bocca, di come sorridesse in questa maniera un po' cretina, un po' goffa e molto carina.

Quei sorrisi sono sempre stati solo suoi ed ora la sola idea che siano causati da qualcun altro lo spiazza. E forse non ha senso, probabilmente non ha senso, ma non riesce a capire perché gli dia così fastidio.

Simone probabilmente non si aspettava questa domanda, perché lo guarda come se fosse completamente cretino.

(Forse Manuel lo è davvero, non lo sa, che cazzo ne sa lui di cosa gli sta capitando.)

"Che te frega, scusa?"

Bella domanda, Simone.

"Così, per fare conversazione" borbotta Manuel, alzando le spalle.

"Non volevi studiare concentrato prima?" lo prende in giro Simone. "Te lo volevo dire dopo, comunque, ma visto che sei così curioso..." Sbatte le palpebre – Manuel ha sempre pensato che avesse delle ciglia lunghissime. "Mi sto sentendo con uno, da qualche giorno."

Il tarlo nel cervello di Manuel diventa improvvisamente un po' più grande. E un po' più fastidioso.

Sta zitto, perché non sa cosa dire.

Simone prende il suo silenzio come un invito a continuare il discorso: "Ti ricordi che mi ero fatto tinder? Ecco, all'inizio un po' mi vergognavo perché non sapevo nemmeno cosa dire, c'ho solo diciassette anni e non ho mai avuto nessun'esperienza con i ragazzi." Falso, vorrebbe dirgli Manuel, ma si morde la lingua perché è stato lui a voler fingere che non fosse mai successo e ora gli sta bene. Deve stargli bene. "Poi l'altro giorno mi ha scritto questo ragazzo."

Manuel stringe i pugni sotto al tavolo. Patetico, sei patetico, si dice, perché non capisce veramente quale cazzo sia il suo problema.

Finge un sorriso che dall'esterno sembra sicuro una smorfia, ma non è mai stato un bravo attore.

"E?" dice, come per spingerlo a continuare il discorso, anche se la verità è che non vorrebbe sentire più nemmeno una parola. Preferirebbe fare ottanta equazioni, che sentire Simone parlargli della persona che lo sta facendo sorridere così.

Che lo sta facendo sorridere con il sorriso che era solo suo. Stronzo, figlio di puttana.

"E nulla, Manu, che te devo di'. Ci stiamo scrivendo solo da qualche giorno, ma sembra simpatico" gli racconta Simone. "Forse questo fine settimana usciamo."

Bam.

"Uscite?"

Simone alza gli occhi al cielo e "Sai, quella cosa che due persone si siedono davanti ad un caffè e parlano?" gli spiega, come se stesse parlando ad un bambino di quattro anni. Gli esce quasi come una domanda, ma con un tono di voce strano, come se lo stesse un po' prendendo in giro.

Manuel cerca di mantenere un'espressione neutra. Il tarlo nel suo cervello ormai ha dimensioni decisamente considerevoli.

Tossisce appena.

"Esci co' uno che non conosci?" gli chiede di nuovo, un po' per essere sicuro di aver capito bene, un po' perché è semplicemente rincoglionito. Non si riconosce nemmeno più, con Simone è sempre tutto così strano e folle da lasciarlo confuso. E l'elenco di domande a cui Manuel ha sempre cercato di non dare una risposta e da cui è sempre scappato sta iniziando a soffocarlo.

"Famme capi'" dice Simone, ridacchiando. "Tu esci solo con tipe che conosci? Conoscevi Alice?"

"Beh, no –"

"E allora mi spieghi perché sei così stupito?" gli domanda. Poi i suoi occhi si scuriscono appena. "E' perché è un ragazzo? Pensavo non ti desse fastidio questa cosa, pensavo..."

"No" lo interrompe Manuel, perché Simone non può pensare nemmeno per un momento che sia questo il problema. "Sei cretino? Non è questo."

Simone posa le mani sotto al mento e lo guarda. Ha gli occhi grandi, quegli occhi che sono limpidi. Occhi da bravo ragazzo, occhi pieni di luce. Quegli occhi che l'hanno guidato, che l'hanno aiutato, quegli occhi che si sono socchiusi davanti a lui quando Manuel l'ha baciato, mesi prima. Quei maledetti occhi.

Che cazzo mi hai fatto, pensa.

Simone lo guarda, per incitarlo a parlare.

"Sono solo preoccupato, potrebbe avere ottant'anni, che ne sai di chi si iscrive su quei siti lì" dice allora, alzando le spalle. Minimizzando. "Non vorrei ci rimanessi male."

Simone si scioglie in un sorriso. Eccolo, il suo sorriso. Eccolo lì. Manuel dentro di sé sente qualcosa ingigantirsi, sente un fuoco a livello dello sterno.

"In caso ti chiamo e vieni ad aiutarmi a menarlo, eh?" esclama Simone, ridacchiando e lanciandogli la gomma, che lo colpisce sul braccio.

Vorrei menarlo a prescindere, pensa Manuel, ma si limita ad annuire, fingendo un sorriso.

Fingendo che sia normale sentirsi così, come sull'orlo di un burrone. E un'altra domanda si aggiunge alla lunga lista di cose di cui Manuel non sta capendo un cazzo. 





*



Allora dolcezze, io come al solito dovrei studiare, ma avevo promesso ad una persona che avrei messo questo secondo piccolo capitolo oggi, quindi eccomi qui.

Vi giuro che sto amando scrivere di questo Manuel, rido da sola quando scrivo certe cose. Amerei vederlo così geloso in un'eventuale seconda stagione, ma la verità è che non ci daranno mai quello che vogliamo quindi io me lo auto-creo.

Già vi dico che per la terza parte dovrete aspettare come minimo martedì, perché non troverò mai il tempo di scrivere prima, la sessione incombe su di meeeeee. Purtroppo.

Spero vi sia piaciuto questa seconda versione di Manuel geloso, appena appena più consapevole della prima. Fatemi sapere cosa ne pensate mi raccomando <3

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