Lightning || Newtmas AU

By Jelsey23march

7.8K 542 510

Nella Londra odierna, Newt, un giovane padre, si ritrova a dover fare i conti con il destino che gli interpon... More

Prologo
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Epilogo
Ringraziamenti
SPIN-OFF
SOON
NUOVA STORIA.

Capitolo 1.

362 30 11
By Jelsey23march





«Caleb, corri o farai tardi a scuola» disse Newt, farfugliando a causa dei biscotti masticati che aveva in bocca, mentre infilava la camicia del lavoro e la giacca. Prese poi lo zaino di Caleb, assicurandosi che ci fosse tutto il necessario per la giornata, e infilò al suo interno la merenda e anche qualche frutto.

«Ho fatto» disse Caleb, correndo giù per le scale, con la mano poggiata al corrimano per paura di cadere. Fece l'ultimo scalino, per poi correre verso il padre, che gli passò lo zaino mentre beveva un goccio d'acqua. Newt prese poi le chiavi della macchina, quelle di casa e spinse Caleb fuori dalla porta, controllando l'orario e rendendosi conto che avrebbe dovuto sfrecciare per le strade di Londra, essendo tremendamente in ritardo. Fissò bene Caleb sul seggiolino posto nei sedili posteriori, e si diresse velocemente verso la propria portiera, entrando e mettendo in moto alla velocità della luce.

Non accese nemmeno la radio, cosa che lo fece stressare doppiamente. Continuò a guidare, senza prestare attenzione a ciò che lo circondava, tranne a Caleb, seduto dietro di lui. Lo osservava ogni tanto, attraverso lo specchietto retrovisore, e sorrideva nel vederlo giocare con il suo nuovo supereroe, che gli aveva regalato la zia qualche giorno prima. Lo faceva volare, mimando con la bocca il suono del vento.

Newt sperò che il tempo si fermasse, per poter rimanere insieme a lui per altre ore, giorni e anni. Lo aveva visto crescere in un batter d'occhio e gli sembrava solo il giorno prima, che lo aveva visto nascere, aprire gli occhi ed emettere qualche suono. Lo guardava in quel momento, e lo vedeva cresciuto, i capelli sempre più presenti sulla sua testa e il volto che iniziava a definirsi sempre di più, mostrandogli la somiglianza con se stesso, ma soprattutto con la mamma.

Gliela ricordava ogni giorno della sua vita, la rivedeva in lui in ogni gesto, nella smorfia che prendeva la sua bocca quando sorrideva, o quando piangeva. La rivedeva in lui quando si addormentava, e le ciglia si appoggiavano lunghe e folte sulle guance morbide. La rivedeva in lui nei sorrisi, nei discorsi e nei suoi modi di fare.Ci aveva messo anni per dimenticarla, e ancora più tempo per odiarla. Ma, nonostante la odiasse con tutto se stesso, non riusciva a pentirsi del periodo in cui l'aveva amata. Non riusciva a rimpiangere di averla conosciuta, perché lei gli aveva donato la cosa più bella e preziosa che aveva, e avrebbe potuto solo ringraziarla, per sempre.

Arrivarono davanti la scuola, ormai quasi vuota. Newt parcheggiò alla velocità della luce, per poi scendere e tirare fuori dalla macchina anche Caleb, che nel frattempo aveva messo il cappellino per non sentire il freddo di metà Novembre.

Lo prese in braccio, per poi iniziare a correre verso l'entrata, sperando che non l'avessero chiusa. Vide poi la bidella chiudere la porta, poco prima che potessero arrivare.

Newt smise di correre, per poi sospirare stremato. Guardò Caleb, che sorrideva, avendo capito che quel giorno avrebbe saltato la scuola.

«Ridi eh?» Disse, accennando anche lui un sorriso, per poi tornare indietro verso la macchina. La aprì, togliendo lo zaino di Caleb dalle sue spalle, per poi posarlo sul sedile. Sistemò nuovamente Caleb sul seggiolino, accarezzandogli il volto. Si andò poi a sedere al posto del guidatore, mettendo in moto la macchina. Solo dopo essere uscito dal parcheggio, prese il telefono dal cruscotto e fece partire la chiamata che più odiava fare.

«Pronto Newt?» Disse l'amico, con evidente sorpresa.

«Ciao Minho, so che mi odierai ma farò tardi oggi. Rimarrò di più nel pomeriggio promesso»

«Ma figurati, che è successo?» Chiese l'amico dall'altro capo del telefono.

«Ho fatto tardi e hanno chiuso la scuola. Devo portare Caleb dai miei»

«Non preoccuparti, a dopo Newt»

Minho era l'amico della vita, l'amico che più di tutti gli era stato accanto, e lo aveva aiutato nel momento del bisogno. Minho era presente al suo primo bacio con una ragazza ed era stato presente al primo bacio con un ragazzo. Minho era presente quando aveva scoperto di aspettare un bambino, ed era presente all'ospedale, il giorno in cui Caleb era nato. Ma soprattutto, Minho era presente quella sera quando, dopo aver pianto per ore, lo aveva chiamato chiedendogli di raggiungerlo, e Minho l'aveva fatto, abbracciandolo e cullando subito dopo Caleb, concedendogli di dormire un po'. Minho era la sua roccia, la persona su cui fare affidamento sempre e per sempre, il suo braccio destro.

Dopo aver terminato la chiamata con il suo migliore amico, Newt fece un altro numero, e inoltrò la chiamata.

«Isaac amore caro, come stai? Come sta Caleb?» Chiese la mamma, con voce dolce e gentile.

«Tutto bene mamma, sto venendo a portartelo, hai da fare?» Chiese Newt, accennando un sorriso.

«No amore, portalo qui. Come mai non è a scuola?»

«Dopo ti spiego, cinque minuti e sono da voi» disse, riagganciando la chiamata e accendendo finalmente la radio.

Vide Caleb iniziare a ballare sulle note delle canzoni commerciali che passavano, invitando il padre a fare lo stesso. Newt rise di lui, per la goffaggine dei suoi movimenti e avrebbe voluto filmare quel momento. Suo figlio che ballava, con il volto disteso e sereno, un sorriso sulle labbra e i piccoli denti che sporgevano e rendevano il tutto ancora più comico.

Arrivarono a casa dei genitori di Newt in poco tempo e, quando entrarono, Caleb corse verso i nonni salutandoli calorosamente.

«Ciao amore della nonna, come stai» gli chiese Juliet, baciandogli le guance e lasciandogli una piccola scia di rossetto rosa, che Caleb si pulì con la manica della divisa scolastica.

Newt chiuse la porta di casa, posando lo zaino sul tavolo, e lasciando sull'appendiabiti il giacchetto e il cappello di Caleb.

«Ciao Pà» disse, avvicinandosi al signor James Newton, nonché suo padre. Gli lasciò un bacio sulla fronte, per poi andare a salutare la madre, che lo aspettava a braccia aperte.

«Figlio mio, ma mangi? Sei così sciupato. Vuoi che ti prepari qualcosa?» Chiese Juliet, accarezzandogli il volto con fare premuroso.

«No Mamma devo andare a lavoro. Mi raccomando fai fare i compiti a Caleb, sono scritti sul diario, la televisione solo un'ora e mezza. Ricordati che è allergico alle noci e non fargli mangiare troppo cioccolato che poi sta male. Puoi avvisare tu Kate che non deve andarlo a prendere oggi?» disse tutto quello mentre guardava serio la mamma, che invece sorrideva.

«Ho cresciuto due figli prima di te Isaac, so cosa devo fare, puoi stare tranquillo. Avviso io Kate caro» disse Juliet, lasciandogli un bacio sulla guancia, per poi andarsi a sedere sul divano.

«Caleb, vieni qui» disse poi Newt, aspettando che suo figlio si avvicinasse a lui, per abbassarsi in modo tale da essere alla stessa altezza.

«Comportati bene, tornerò stasera a prenderti va bene? Fai i compiti e leggi il libro. Non mangiare tutti i dolci che ti dà nonna, va bene?»

«Si papà» rispose lui, avvolgendogli il collo con le braccia e stringendolo leggermente.

«Ti voglio un mondo di bene piccolino» gli disse, sentendo una stretta al cuore, non volendo separarsi da lui nemmeno un attimo.

«Io di più» rispose Caleb, lasciandogli un dolce bacio sulle labbra, un bacio genuino, puro, pieno d'amore.

«A stasera amore mio. Buona giornata. Ciao mà, ciao pà, grazie mille» disse, salutando con la mano tutti e tre, per poi uscire dalla porta senza sentire la risposta.

Si diresse a passo svelto verso la macchina, per la milionesima volta quella giornata. Mise in moto e si diresse a lavoro, sperando di non tardare troppo.

Arrivò con un'ora di ritardo, firmò il cartellino e si diresse alla sua postazione. Accese il proprio computer, notando subito la quantità di mail che aveva da leggere e alle quali avrebbe dovuto rispondere. Aprì il programma che usava per il lavoro, e controllò i progetti ai quali avrebbe dovuto lavorare quel giorno.

«Buongiorno Newt, come stai?» Chiese il suo capo, nonché migliore amico, arrivando nella stanza con due caffè presi d'asporto.

«Sei la mia vita» rispose Newt, afferrando il proprio bicchiere e bevendone un sorso, assaporando la bevanda alla quale era stato aggiunto del latte e del caramello.

«Tutto bene, tu?» Chiese poi, prendendo l'agenda e aggiornandola con le nuove date di consegna.

«Molto bene, oggi viene quella coppia per la casa, vorranno parlare anche con te perché il mio è solo un controllo, quindi nel mio ufficio tra un'ora» disse Minho, mentre rispondeva al telefono, sicuramente a qualche mail.

«Agli ordini capo» disse Newt ridendo, per poi continuare a scrivere sulla propria agenda.

Newt era felice di com'era andata la sua vita dopo la nascita di Caleb. I suoi genitori lo aiutarono a proseguire l'università, che gli fece superare il periodo che stava passando. Prese la facoltà di design e architettura, seguendo Minho, che lo aveva aiutato quando gli esami erano troppo stressanti, o tenendogli Caleb fuori dall'aula quando ne aveva bisogno. Si laurearono insieme, e festeggiarono nello stesso ristorante. Minho lo prese poi a lavorare con lui nell'azienda del padre, ormai andato in pensione. Minho era il capo e dirigeva quel posto, e si occupava dell'architettura dei progetti, della stesura delle piantine e della costruzione di un edificio, o di un negozio. Newt, invece, era sempre stato appassionato della parte decorativa, perciò era l'arredatore d'interni dell'azienda. All'inizio era stato difficile, soprattutto per Newt, ma con il tempo si era guadagnato complimenti e rispetto, continuando sempre a studiare e a informarsi, portando innovazione in quella parte del lavoro, della quale si occupava solo lui.

Dopo aver finito di scrivere i suoi impegni sull'agenda, rispose alle varie mail dei clienti con i quali collaboravano in quel periodo, che volevano sapere come proseguisse il progetto. Rispose poi ai vari fornitori, informandosi sulle date di consegna, e chiuse poi la casella postale, sperando che nessun messaggio arrivasse per almeno qualche ora.

Aprì poi il programma che utilizzava per lavorare, e prese il quaderno dei suoi appunti, sul quale faceva un disegno parziale di quello che sarebbe stato poi il progetto. Si mise davanti il foglio che gli occorreva, e iniziò a creare le stanze della casa che gli era stata richiesta, secondo lo stile che la coppia aveva scelto. Di tanto in tanto guardava l'orario, cercando di capire quanto tempo aveva prima che arrivassero i clienti che avrebbe dovuto incontrare e quanto tempo gli rimaneva per finire. Fortunatamente era già a buon punto, e in meno di un'ora ultimò il primo progetto, che sicuramente avrebbe subito variazioni, ma intanto era soddisfatto.

Stampò il tutto, inserendo mano a mano i fogli nella cartellina, che avrebbe poi messo nel cassetto pronta per essere mostrata. Mentre aspettava, prese il telefono, aprendo i messaggi che sua mamma gli aveva mandato. Erano tre foto di Caleb; nella prima era concentrato a fare i compiti, con il nonno sulla poltrona che guardava qualche partita di football; nella seconda colorava il quaderno dei supereroi che gli era stato regalato qualche giorno prima, e nella terza mangiava le sua amate patatine a forma di faccina sorridente che la nonna gli preparava mentre aspettava di pranzare. Nonostante Newt cercasse di non fargliele mangiare troppo spesso, era felice di vederlo sorridere, con in mano la patatina che gli somigliava. Rise leggermente, salvando le foto nella galleria, con l'intento di stamparle per aggiungerle all'album che faceva ormai da cinque anni.

Quando la stampante lasciò uscire l'ultimo foglio, sentì il campanello dell'ufficio suonare, segno che la coppia era arrivata. Infilò perciò tutto nella cartellina, mettendola all'interno del cassetto, per poi dirigersi a passo svelto verso l'ufficio di Minho, mentre il segretario andava ad aprire la porta per accogliere i loro clienti.

«Giusto in tempo» gli disse Minho, sorridendogli, mentre sistemava velocemente la scrivania, osservando Newt che si sedeva vicino a lui.

«Capo, sono arrivati gli Stuart, li faccio entrare?» Chiese il segretario, affacciandosi alla porta, ricevendo un si come risposta.

Dopo qualche secondo li videro entrare, ed entrambi si alzarono pronti a salutarli con formalità.

«Buongiorno Signori Stuart» disse Minho, stringendo la mano ad entrambi.

«Buongiorno» disse Newt, stringendo anche lui la mano, facendo poi un leggero sorriso.

«Accomodatevi» disse poi Minho, sedendosi, venendo poi seguito da Newt e dai loro clienti.

«Avete chiesto d'incontrarci per vedere come procedeva il progetto, giusto?» Chiese Minho, aprendo il loro file dal computer, pronto per mostrargli ciò che avrebbero chiesto.

«Si, e volevamo parlare con l'interior designer per iniziare a progettare l'interno. Avremmo anche delle richieste specifiche» disse la donna, che sedeva sulla destra, mentre teneva tra le mani i suoi guanti in pelle, con l'orlo finale ricamato con dei fili di glitter dorati, abbinati al suo abito succinto e alla sua pelliccia marrone.

«Certo, di quello parlerete con il mio collega, io intanto vi faccio vedere che abbiamo mandato il progetto che avevate scelto ai costruttori, e hanno accettato la richiesta. Inizieranno la costruzione la settimana prossima» disse, girando lo schermo del computer e mostrando loro le foto che avevano già visto almeno due volte.

«È perfetta Arthur» disse la donna, battendo le mani, facendo scontrare le sue lunghe unghie a punta, di un rosso fuoco abbinato al rossetto.

«Siamo lieti le piaccia, voleva sapere altro?» Chiese Minho, rigirando il computer, chiudendo la loro cartella, per poi poggiare i gomiti sulla scrivania e unire le mani sotto il mento, rivolgendo tutta la sua attenzione alla donna che sorrideva.

«Posso farle un assegno con la metà del prezzo che avevamo concordato già adesso e poi l'altro a lavori finiti?» Chiese l'uomo, aprendo bocca per la prima volta, lasciando spazio alla voce roca che si nascondeva sotto la sua folta e scura barba, che era in totale contrasto con la testa, totalmente calva e lucida.

«Se vuole può farlo, assolutamente. Questo è ciò che deve scrivere» disse Minho, quasi sconvolto dalla notizia, dato che la maggior parte dei clienti pagava alla fine dei lavori. Gli passò un foglietto, che l'uomo lesse velocemente. Prese poi prendere dalla tasca della giacca un blocchetto di assegni e una penna, iniziando a scrivere.

«Natasha, parla con il ragazzo degli interni nel frattempo» disse alla moglie, senza mai alzare lo sguardo da ciò che stava facendo.

«Si, esatto. Allora noi vorremmo una casa moderna, in stile villa di Hollywood. Vorremmo i mobili neri e varie parti della casa in marmo bianco, italiano se possibile» disse lei, gesticolando con le mani, girandosi verso Newt che era rimasto tutto il tempo in silenzio, chiedendosi come facesse la donna a vivere con quelle unghie, e come potesse respirare l'uomo con tutta quella barba.

«Certo, possiamo fare quello che vuole, ma dovrà essere più specifica nella descrizione. Voglio dirle però che il prezzo delle decorazioni interne potrebbe salire con il marmo italiano» disse Newt, mentre scriveva ciò che gli era stato chiesto.

«Quanto sarebbe più o meno?» Chiese l'uomo, alzando lo sguardo dall'assegno, per poi guardare verso Newt, facendogli tremare le gambe.

«Il prezzo, sarebbe più o meno questo» disse, mentre scriveva su un foglio di carta e lo ripiegava, per poi passarglielo.

L'uomo aprì il foglio, per poi osservare in silenzio la cifra per qualche secondo. Inserì poi il foglio nella tasca della giacca, guardando nuovamente Newt con il suo sguardo cupo.

«Procedi» gli disse, per poi strappare l'assegno, passandolo a Minho.

Newt prese un foglio dalla scrivania, iniziando a segnare tutto ciò che la signora davanti a lui chiedeva, spiegando cosa poteva essere fatto, cosa aveva bisogno di essere adattato e cosa era impossibile. Lei gli mostrò delle foto, e Newt capì sempre di più il tipo di casa che avrebbero voluto.

Finirono dopo una ventina di minuti, e Newt aveva due fogli pieni di richieste, che molto probabilmente insieme non sarebbero state bellissime, ma era fiducioso che sarebbe riuscito a fare un buon lavoro. Diede loro una settimana, e poi gli avrebbe mandato i progetti e sarebbero andati a firmarli quando volevano.

Li congedarono con grandi sorrisi, per poi sbuffare esausti da quella lunga conversazione. Si diressero a passo svelto verso l'uscita, intenzionati a passare la pausa pranzo davanti ad un buonissimo panino e una sigaretta nel bar accanto, che ormai era il loro posto fisso.

«I più pazzi mai visti» disse Newt, mentre aspettavano che il cibo gli venisse portato al tavolo, accendendo una sigaretta e passando poi l'accendino a Minho.

«Quando mi ha detto dell'assegno ero scioccato, nessuno lo ha mai fatto, nemmeno con mio padre da quel che ricordo» disse Minho, aspirando dalla sua sigaretta, per poi scrollarla leggermente nel posacenere.

«Ma Minho, le sue richieste, io sono scioccato» disse Newt, continuando a fumare, sentendo poi lo stomaco brontolare.

«Voglio vedere come farai a reperire una lampada a forma di giraffa alta un metro e mezzo» rise Minho, per poi sorridere alla cameriera che gli aveva portato il loro pranzo.

«Non sottovalutarmi» disse Newt, ridendo, per poi addentare il suo panino.

Minho fece lo stesso, e continuarono a parlare di quella mattinata assurda, ridendo di ogni cosa che l'altro diceva. Tornarono a lavoro dopo una mezz'ora, dirigendosi ognuno nel proprio ufficio. Newt si sedette alla scrivania, accendendo nuovamente il computer, sperando che le cinque di pomeriggio arrivassero il più velocemente possibile per poter andare a prendere Caleb, cucinare la cena e mangiare insieme a lui.

Passò il resto del pomeriggio a lavorare. Prese in mano per la prima volta il progetto degli Stuart, e inizio a disegnare, creare le stanze attraverso il programma, e a cercare ciò che lei gli aveva chiesto, iniziando a farsi un'idea sul prezzo preciso che gli avrebbe proposto.

Quando la fine del turno fu quasi terminata per tutti, si sentì il telefono della reception suonare e il segretario, un ragazzo giovane di nome Lucas, rispose come ogni volta.

Newt continuò a lavorare, sentendo di sottofondo la chiamata, che non aveva nulla di nuovo all'interno. Aveva sentito dire quelle battute almeno mille volte. Lucas arrivò al momento della conversazione in cui chiamava l'ufficio di Minho, per avvertirlo che gli avrebbe passato la chiamata.

«Capo, le passo una chiamata al numero due, un certo Thomas Edison vuole parlare con lei per un progetto» disse, premendo poi il pulsante e chiudendo la chiamata.

Newt sbuffò, sperando che fosse un progetto solo per Minho, nel quale lui non sarebbe servito, perché un nuovo progetto significava più tempo che avrebbe passato a lavoro, e meno tempo che avrebbe trascorso con Caleb. Sperò, se anche lui fosse stato necessario, che almeno fosse un progetto semplice, che non gli avrebbe complicato la vita e che sarebbe finito in poco tempo.

Quando scoccarono le cinque, chiuse tutto, infilando il cappotto e spegnendo le luci del proprio ufficio. Vide Minho andare verso la scrivania di Lucas, che stava sistemando per poter tornare a casa.

«Segna sulla mia agenda l'appuntamento con Edison domani mattina, Newt è un progetto per entrambi quindi appena arrivi vieni nel mio ufficio» gli disse, per poi prendere dalla giacca le chiavi della macchina.

Uscirono tutti e tre dall'edificio, salutandosi e dirigendosi ognuno alla propria macchina.

Newt prese il telefono e lo collegò alla macchina, facendo partire una chiamata.

«Pronto» disse, cercando di sentire bene, nonostante il rumore del vento che veniva tagliato dal finestrino, che teneva aperto per fumare.

«Papà» disse una vocina dolce, che aveva evidentemente risposto al posto della nonna.

«Amore mio come stai? Papà sta venendo a prenderti, ci vediamo tra poco. Mi passi la nonna?» Disse Newt, sorridendo alla dolcezza della voce di suo figlio, sentendo in sottofondo i suoi passi leggeri.

«Isaac, dimmi, scusa ho lasciato il telefono sul divano e stavo preparando la cena» disse la mamma di Newt, urlando leggermente.

«Sto venendo a prendere Caleb» disse Newt, girando il volante per fare l'ultima curva, prima della casa dei suoi genitori.

«Rimanete a cena, ho preparato delle cose buonissime» disse lei, con voce speranzosa, aspettando che Newt rispondesse.

«Va bene, aprimi sono qui sotto» disse Newt, scuotendo la testa perché si era già immaginato che la mamma avesse dato per scontato che sarebbero rimasti. Parcheggiò, per poi salire le scale, pronto a riunirsi con Caleb, che gli era mancato terribilmente.






Spazio autrice:

Ciao a tutti! Benvenuti in un nuovo capitolo di questa nuova storia. Purtroppo questa mattina ho pubblicato il capitolo 2 invece dell'un, quindi mi scuso con chi ha letto prima quello. Questo è il primo capitolo della storia, scusate ancora. Spero comunque vi sia piaciuto, che la storia vi abbia intrigato e che continuerete a leggere. Ringrazio chiunque mi supporterà in questo nuovo viaggio insieme ai nostri Newtmas. GRazi emille a tutti, un bacione, alla prossima!


Continue Reading

You'll Also Like

13.9K 881 18
Draco Malfoy è scomparso da tre anni. Il suo caso irrisolto viene assegnato ad Harry, che finisce per innamorarsi dei ricordi che raccoglie. ********...
1.6M 50.1K 72
"Moriremo tutti prima o poi, indipendentemente dalla malattia" La mia poteva sembrare una semplice scusa. Ma la verità era che non ero pronta per d...
46K 2.3K 39
Where... Grace Martinez ha passato la sua intera vita sui campi da tennis. All'inizio non apprezzava molto questo sport, ma essendo una persona eccen...
4.5K 414 11
Quella che sembrava l'annuale vacanza con sua madre diventa l'estate più bella della sua vita, quando Simone incontra un ragazzo che sembra essere ca...