Regno di Rovine 1

By eucalyptush

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La Guerra tra le nazioni ribelli e Askos va avanti da decenni mietendo vittime su vittime. Il re non ha solo... More

Personaggi๐Ÿฆ‹โœจ
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Epilogo
Aggiornamento secondo libro๐Ÿชถ

Capitolo 14

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By eucalyptush

Eirian

I giorni seguenti furono di una monotonia interminabile e vuota. Eirian avrebbe voluto cacciare e allenarsi con il tiro con l'arco ma le frecce erano completamente inutilizzabili, e ciò le impediva di procurare la cena per la ciurma. Per fortuna Rahul aveva fatto delle scorte di carne secca durante la permanenza a Belver e durarono per due settimane, poi Feliks tornò a cucinare la sua orribile zuppa. Un giorno la principessa scese in cucina -dove il fetore di budella di pesce diventava irresistibile- e si propose di aiutarlo a cucinare qualcosa di diverso per una volta.

"Principessa vuole morire?" disse con voce rauca, rovinata dagli anni a fumare sigari. Se ci si avvicinava abbastanza a lui si sentiva il tanfo di fumo e nicotina impresso sui suoi vestiti e solitamente nascosto dagli aromi del cibo in cui lavorava tutti i giorni.

"Voglio solo darti una mano. A corte i nostri cuochi-" venne interrotta da un colpo di mestolo sulla mano.

"Dove vengo io, i vecchi si rispettano e non si contraddicono. Non vuoi prenda veleno per topi, vero?" il vecchio strizzò gli occhi azzurri come il ghiaccio e la liquidò con un gesto svogliato del polso.

L'unico modo per trovare qualcosa di commestibile a bordo era allenarsi con Bastian. Quest'ultimo aveva trovato modi nuovi e più creativi per rendere le giornate di Eirian un inferno. La costringeva a fare addominali finché non sentiva gli organi bruciare, o la faceva stare appesa a una grisella con i piedi legati, con niente a reggerla in caso fossi caduta. Diceva fosse per il suo bene, ma iniziava a sospettare gli piacesse starsene seduto a dipingere mentre lei si scorticava le mani con le corde e sudavo ogni goccia d'acqua che avevo in corpo.

"Ti piace davvero vedermi soffrire, non è così?" gli disse una sera.

Era china sul pavimento, tenendosi sollevata solo con le braccia mentre dei libri pesavano sulla sua schiena. Sotto di lei, Bastian aveva posizionato una decina di bicchieri pieni di liquido nero e puzzolente, così che non potesse arrendersi senza sporcarsi.

"Decisamente. Mi piace sentirti implorare pietà." il pirata sospirò e riprese a disegnare.

Erano giorni che lavorava sullo stesso dipinto e ogni volta che Eirian tentava di dare un'occhiata, il pirata la allontanava. Era così curiosa di sapere cosa stava disegnando che una notte sgattaiolò nella sua cabina per cercare la tavolozza, solo per scoprire che l'aveva chiusa dentro un baule.

Emise un grido esasperato. Le braccia le tremavano, era stremata e non avrebbe retto ancora per molto. Bastian si alzò e lentamente cominciò a rimuovere i bicchieri da sotto di lei. Quando ebbe terminato, Eirian si lasciò andare e rimase distesa sul pavimento a prendere fiato.

"Sei una persona terribile." borbottò sollevandosi in piedi. Aveva le ginocchia molli e le braccia continuavano a dolerle.

Avrebbe tanto desiderato un bagno caldo ma la cosa più vicina a dell'acqua pulita, erano le botti di acqua piovana nella stiva. Un giorno aveva osato controllare al loro interno e ci aveva trovato -oltre a vari strati di muffa- un topo morto che galleggiava in superficie. Le dispiacque per il povero roditore e finì per vomitare il pranzo in un angolino della stanza, lontano dagli occhi di tutti.

"Intendevi dire magnifica? O forse affascinante?"

Eirian roteò gli occhi al cielo e prese a legarsi i capelli con un nastrino. Aislyn si lamentava sempre perché non si teneva le acconciature che le faceva per più di qualche giorno. La principessa le diceva che le davano fastidio, ma la verità era che non riusciva a guardarsi allo specchio senza sentire la voce di suo padre.

"Le principesse non raccolgono i capelli come i paesani" o i suoi continui commenti sulla sua apparenza fragile. "Tuo fratello era un vero principe, al contrario tuo"

"Cosa stai facendo?" il pirata le arrivò alle spalle e prese una ciocca di capelli tra le dita. Iniziò ad arrotolarla tra indice e medio, rapito dai riflessi proiettati dalla luce dorata sul castano.

"Mi raccolgo i capelli."

"Perché?"

"Perché sto sudando, ho caldo e mi danno fastidio appiccicati al collo" si voltò e la ciocca gli scivolò via dalle dita come acqua.

"Dovresti farlo più spesso. È più semplice tirarli quando sono legati"

Eirian non poté impedirsi di arrossire violentemente e andò verso la porta a passo spedito. "Grazie per l'informazione. Ma credo che me ne andrò."

Non era la prima volta che Bastian faceva commenti del genere. A questo punto, Eirian si era convinta che il pirata lo facesse apposta, per il semplice gusto di vedere le sue guance diventare rosse. Eppure, vedeva il modo in cui ghignava ogni volta che le sue osservazioni la coglievano di sorpresa, o come si incantava quando si stavo allenando, per osservare come metteva i piedi prima di lanciare un coltello. La maggior parte delle volte la squadrava in silenzio e quando si accorgeva di essersi perso nei suoi pensieri schiariva la voce e ricominciava a disegnare.

Erano poche le volte in cui decideva di combattere corpo a corpo, principalmente perché non gli piaceva sprecare le sue preziose energie con una principiante. Ma quando accadeva nessuno dei due sembrava intenzionato ad andarci piano. Per Eirian era un modo di affrontare i suoi demoni e immaginare la faccia del re quando colpiva Bastian la faceva sentire invincibile.

L'illusione, tuttavia, era effimera quanto l'effetto di una droga. Presto il pirata finiva per memorizzare la sua tecnica d'attacco e difesa, la disarmava e poi la bloccava le mani dietro la schiena e la faccia contro il muro.

Una sera, Eirian sbatté la testa così forte che la vista le si oscurò e il mondo sprofondò nelle tenebre. Le si bloccò il respiro per vari istanti e le orecchie fischiavano così tanto che la voce di Bastian le giunse ovattata.

Eirian aveva provato tanto dolore nella sua vita, ma spesso dimenticava cosa significasse una commozione cerebrale. Appena riacquistò la vista prese a gattonare per allontanarsi dal pirata. Riuscì a sentire la rabbia accumularsi dentro di lei e soffocare il dolore con il suo manto scarlatto.

Si voltò, guidata da rabbia e puro odio, non pensando alle tecniche che aveva appreso nelle ultime lezioni ma solo a come ferirlo. Alzò un ginocchio e lo colpì nel basso ventre con tutta la forza che aveva. Bastian si piegò in due colto alla sorpresa e le diede il tempo di prendere una delle daghe dal tavolo e scagliargliela contro. Prima che potesse fermarsi a pensare e realizzare che non c'era suo padre davanti a lei, la lama aveva già trafitto la spalla del pirata.

Eirian si portò le mani alla bocca e per poco non cadde in ginocchio davanti a ciò che aveva fatto. Il ragazzo abbassò lo sguardo sul punto in cui il manico della daga gli entrava nella carne. Una macchia scarlatta si stava espandendo sulla sua camicia ma lui non sembrava preoccuparsene.

Bastian alzò la testa e sorrise. "Spero ti sia divertita, perché se pensavi di farmi male ti sei sbagliata." estrasse la lama e la fece ricadere sul pavimento mentre il sangue gli colava dalla ferita

"Lascia che ti aiuti" sussurrò mortificata.

Il pirata indietreggiò dubbioso, poi si sedette e si sbottonò la camicia.

Eirian gliela tolse, prese la bottiglia di rum dal tavolo e imbevette il tessuto leggero di liquore. "Brucerà un po'. Evita di muoverti e ringrazia che non è profonda."

"Dovrei ringraziarti per non avermi pugnalato più affondo?" il pirata strinse i denti e storse il naso quando la ragazza appoggiò la stoffa sulla ferita.

"Dannati siano gli dèi! Riesci a essere più delicata?"

"Potrei, ma quale sarebbe il divertimento?" Eirian si ritrovò a sorridere.

Il pirata sobbalzò e la fulminò con lo sguardo, ma non mi allontanò.

La principessa pulì la ferita con cura, ma i suoi occhi non riuscivano a smettere di vagare per il suo petto scolpito, lungo il quale si estendevano piccole cicatrici. Ma la sua schiena era ciò che più la scosse. Una serie di tagli paralleli si estendeva lungo le sue scapole, come lapidi sul terreno brullo e spoglio di un cimitero.

Allungò la mano per toccarne una -un taglio per ogni vita presa senza motivo, un taglio per ogni anima che consegna a Ade- ma Bastian le afferrò il polso e strinse così forte da farle male.

Erano così vicini che Eirian riusciva a sentire il suo respiro sul collo e il calore che emanava la sua pelle nuda riscaldarla.

"Non farlo" sussurrò, qualcosa nella sua voce si ruppe.

"Perché li hai fatti?"

Eirian sapeva cosa significavano ma non cosa l'avesse spinto a deturpare il suo corpo per commemorare un tale evento. C'era qualcosa in tutta quella storia che non tornava e più veniva tenuta lontano dalla verità, più il cervello della Cacciatrice la spingeva a fare domande e indagare.

"E' una lunga storia"

"Abbiamo tempo."

"Non abbastanza per convincermi a raccontartelo."

C'era qualcosa di sbagliato nei suoi occhi, troppo scuri per essere umani, ma troppo espressivi per non esserlo. Eirian l'aveva visto altre volte trasformarsi in una macchina di morte -un mietitore pronto a collezionare anime- e aveva sempre quello sguardo cupo e penetrante.

Dopo quella sera non parlarono più delle cicatrici e nemmeno si incontrarono al di fuori della sua cabina per poter scambiare un saluto. Non lo vide a cena per giorni e solo di rado usciva dalla sua stanza per andare a prendere aria sul ponte.

La notte -imparò con amarezza- era infinitamente più triste e sconsolata quando sapeva che nessuno sarebbe uscito dalle ombre per farla sentire meglio, quando nessuno avrebbe colmato la solitudine che soffocava la sua anima.

Eirian appoggiò il diario in cui aveva iniziato a scrivere negli ultimi giorni e prese una serie di coltelli da lancio dal cassetto. Era stanca di stare seduta in cabina, e Bastian non aveva voglia di allenarle quel giorno.

Sbucò sul ponte e il sole la colpì dritta negli occhi, costringendola a procedere alla cieca finché non si abituai alla luce.

Rhys, Shiba e Aislyn erano seduti vicino alla grisella dell'albero maestro ed erano immersi in una profonda discussione. Non li disturbò, non volendo farsi spiegare tutto dall'inizio.

In silenzio, iniziò a tirare contro uno degli alberi. Rischiò di colpire uno dei marinai che distrattamente era entrato nel suo campo di tiro.

"Scusa!" gridò quando lui le mostrò il dito medio. I ragazzi si accorsero della sua presenza e Ace si alzò e andò verso di lei.

"Vuoi venire con noi? Shiba ci sta spiegando uno dei suoi detti"

Eirian la seguì e si sedette a fianco a Rhys. Il ragazzo le sorrise e indicò i coltelli che teneva in mano. "Vanno meglio adesso che sono puliti?"

"Sì, sono molto più bilanciati e tagliano con più facilità."

Rhys sembrò compiaciuto dal suo lavoro ma se stava per rispondere non lo fece, interrotto dal vocione calmo e baritonale di Shiba.

"Nel mio villaggio si dice che ognuno di noi ha tre facce. Una viene mostrata al mondo, una agli amici e la famiglia, e l'ultima è il tuo vero io. Quella parte non la mostri a nessuno."

"Io sono sempre me stessa." ribatté Aislyn stizzita dalle insinuazioni dell'amico.

"Non è vero." Rhys le lanciò un'occhiata bieca. "Ma secondo voi Lacroix cambia quando è da solo?"

Strinse le mani a pugno e abbassò lo sguardo, improvvisamente in imbarazzo. Eirian sapeva com'era Bastian quando la notte si incontravano sul ponte, ognuno perso nei propri pensieri. Spesso nessuno dei due osava parlare, ma la compagnia reciproca nel buio era sufficiente per non farla sprofondare in un oceano di negatività e tristezza. E anche Aislyn cambiava quando era sola con lui -addolciva il tono e faceva calare la maschera di gioia che portava tutti i giorni.

Eirian l'aveva sentita affrontare il pirata senza paura delle conseguenze ma ridursi a una bambina intimorita al solo pensiero di tornare a casa o incontrare Dominique.

"Aislyn?" Rhys si girò verso di lei e le fece gli occhi dolci. "Ti prego, dicci qualcosa."

"Scordatelo, o Lacroix caverà un occhio a me e uno a te."

Rhys non ribatté, nonostante moriva dalla voglia di tempestare la ragazza di domande. Quest'ultima si voltò verso di lei con uno sguardo criptico e schioccò la lingua.

"Tu che ne pensi, Eirian?"

"Io? Io non so nulla di Lacroix."

Eirian desiderava chiamarlo per nome, così come faceva quando erano soli e voleva stuzzicarlo o addomesticarlo come un cane. Aveva notato il modo in cui la vena sul suo collo pulsava con più veemenza quando lo chiamava Bastian, e aveva iniziato a sfruttarlo a suo vantaggio.

"Lasciate perdere. Non mi interessa sapere niente di più di quello che già so, ovvero che non sarei qui se non fosse per lui. Sarà un gran bastardo ma gli devo la vita."

"Cosa intendi dire?"

Qualche marinaio corse verso il lato destro della nave e iniziò a gridare ordini al resto della ciurma. Ace li seguì con lo sguardo e si accigliò leggermente.

"Quando sono dovuto scappare dalle Isole mi sono imbarcato in una nave mercantile"

"In modo abusivo" aggiunse Aislyn gli occhi puntati contro l'orizzonte infinito, come se percepisse la terra senza nemmeno vederla.

"Sì, in modo abusivo. Quando sono stato scoperto l'equipaggio voleva torturarmi e buttarmi in mare, ma il capitano aveva un'idea migliore, usarmi finché non fossi morto di fatica. La Zephyr doveva portare dei coloranti fino a Nobriunia ma incappammo in una tempesta dopo poco più di due settimane. Quella notte persero parte delle scorte e dell'equipaggio, così fui costretto a lavorare il doppio finché non ci avventurammo nella valle dei giganti di ghiaccio"

Eirian aveva sentito parlare della valle. Si trattava di una distesa d'acqua interminabile, dove solo il ghiaccio separava il cielo dall'oceano. Sua madre le raccontò del luogo in cui la terra ricoperta di neve appariva all'orizzonte, e come delle mani fatte di ghiaccio uscissero dalle onde come se volessero afferrare le navi straniere e affondarle. Eirian aveva visto dei dipinti dei confini delle terre di ghiaccio, e tutti facevano vedere le barriere che proteggevano la nazione. Arrivando dalle Isole c'era la valle dei giganti, dove arti e teste facevano passare i vascelli tra una serie di denti affilati fatti di stalattiti, o colonne levigate simili a dita. La maestosità di quel paesaggio le aveva sempre messo una certa inquietudine addosso. La forza della natura era lì incommensurabile, di una potenza distruttiva ma creatrice di costruzioni sublimi. Da un lato amava guardare quei quadri, sentendosi fortunata per poter vedere tutta quella bellezza, ma dall'altro diventava cosciente della sua debolezza e fragilità, consapevole dei suoi limiti e della sua umanità.

"Quando venimmo attaccati da una nave pirata, l'equipaggio era troppo stanco e affamato per poterlo contrastare. Provai a nascondermi nella stiva ma venni catturato e portato sul ponte. Lì Bastian ci fece inginocchiare e sgozzò per primo il capitano, poi il resto della ciurma. Il loro sangue inzuppò il ponte e le loro grida fecero staccare il ghiaccio dalle montagne di ghiaccio. Arrivato mi squadrò girandosi la spada tra le mani e mi chiese chi fossi e perché avessi delle catene ai piedi"

"E alla fine Bastian ti ha chiesto cosa sapessi fare e tu hai fatto esplodere la nave." Aislyn sospirò con un sorriso nostalgico sul volto. "Qui siamo tutti stati salvati da Bastian in un modo o nell'altro. Oh, per gli dèi! Che succede?" Ace scattò in piedi e corse verso il lato della nave dove parte della ciurma si era raccolta.

Eirian si sporse dalla balaustra e rimase a bocca aperta quando vide un branco di delfini nuotare a fianco allo scafo. Correvano sfiorando la superficie con la pinna, qualche volta emettevano dei fischi simili a delle risatine. L'oceano si era riempito di schiuma e in lontananza si vedevano altri branchi nuotare verso la Cerberus.

Eirian si voltò in estasi verso Aislyn. "Possiamo toccarli?"

Non aveva mai visto dei delfini, se non in qualche libro con illustrazioni o nei dipinti che c'erano a Palazzo, ma poter osservare la loro pelle scura venire inondata d'oro dal sole e scintillare come se fosse ricoperta di diamanti era un'esperienza mozzafiato.

"Se ti sporgi e cadi in acqua affogherai" le rispose dispiaciuta. "Però gioisci, nella mia cultura i delfini sono considerati un simbolo di buona fortuna."

"Perché?"

"Be', nei tempi antichi, dopo aver trascorso mesi in mare, i marinai vedevano i delfini nuotare accanto alla nave e capivano che la terra era vicina. Da allora sono visti come simbolo di protezione e buon auspicio."

"Quanto vicina?" un brivido d'impazienza la percorse.

Eirian non vedeva l'ora di poter acquistare delle frecce e tornare a tirare con l'arco. La mancanza di quella semplice azione nella sua quotidianità la stava uccidendo e lentamente portando alla pazzia. Non aveva modo di liberarsi la mente se non lanciando coltelli, ma avere qualcosa di così affilato in mano non la faceva sentire sicura. Le tornò in mente la ferita sulla spalla di Bastian, il modo in cui aveva sperato che il coltello gli si conficcasse nel cuore

No, non voleva fargli del male. La rabbia era per suo padre, la sua sete di sangue sarebbe stata placata con la morte del re e solo allora sarebbe stata libera.

"Una settimana o poco più" Aislyn guardò il cielo e annusò l'aria. "Sì, proprio così. Riesci a sentire il profumo dei pascoli?"

Eirian tentò di fiutare terra, ma tutto ciò che percepì fu salsedine e puzza di alghe andate a male. "No, ma prima o poi imparerò." mentì.

La Cacciatrice sapeva tracciare, ma il mare non era il suo habitat, non gli apparteneva e lui non apparteneva a lei.

"Forza" Aislyn batté le mani in modo autoritario e i marinai si misero sull'attenti. "Tornate al lavoro."

Si voltò e le sussurrò all'orecchio, "Incredibile! È come se non avessero mai visto dei delfini in vita loro. Siamo dei pirati, per gli dèi!"

Shiba e Rhys le abbandonarono per andare ad aiutare Rahul con i cannoni. Eirian e Aislyn rimasero sul ponte per godersi gli ultimi raggi caldi. La ragazza continuò a guardare verso l'orizzonte per degli interminabili minuti prima di proferire parola. Sembrava quasi una dea con i capelli folti e ricci mossi dallo zefiro primaverile, gli occhi scuri come la terra che riflettevano le onde.

"Posso chiederti cosa ne hai fatto del perdono che ti ha dato Dominique?"

Quando Aislyn lasciava la stanza, ogni mattina, Eirian frugava nei suoi cassetti, ma non era mai riuscita a trovare quella piccola pergamena.

"Niente, l'ho conservata."

"Perché? Pensavo non volessi tornare a Fedros."

"Non lo so, Erie" Aislyn sospirò e appoggiò una mano sull'elsa della spada. Lo faceva spesso quando era nervosa o aveva bisogno di riflettere. "Fedros è casa mia, ma Lacroix è la mia famiglia e gli sono debitrice."

"Cosa può aver mai fatto per meritarsi la tua lealtà?"

Era un concetto nuovo per lei, la lealtà. Le era stato insegnato di non fidarsi di nessuno, perché tutti avrebbero provato a usarla per il suo rango, per il potere che aveva. Non concepiva come facesse Aislyn a rinunciare alla sua casa per Bastian.

"Dopo la morte di mia madre" Ace prese un bel respiro e anche se incerta continuò a parlare. "mio padre mi ha venduta in un bordello per ricavare dell'oro e supportare i miei fratelli. Lacroix mi ha tirato fuori da lì, mi ha resa forte e mi ha liberata dalle catene che la mia stessa famiglia mi aveva messo. Lacroix è come un fratello per me, e lo aiuterò finché anche lui non troverà pace."

"Pace" schioccò la lingua. Quella parola aveva un gusto amaro sulla sua lingua. "Esiste davvero una cosa del genere?"

"Non lo so, ma se esiste ho intenzione di trovarla. Me lo merito, e anche lui."

Eirian avrebbe tanto voluto pensarla come lei, ma non poteva. Aveva visto distruzione, aveva sofferto, era morta dentro. Non esisteva qualcosa come la pace, ma il vuoto era altrettanto allettante -la sicurezza che niente poteva più ferirti, raggiungerti, darti fastidio.

"E tu perché sei scappata?" proseguì con occhi lucidi.

"Edmund, mio padre, voleva vendermi al principe di Apristan in sposa. Sono l'unica erede al trono Lancaster e il re voleva vendermi come se fossi un pezzo di terra." Eirian si lasciò scappare una risata amara.

Il re l'aveva cresciuta per essere una sovrana e da un giorno all'altro aveva deciso che non sarebbe mai stata abbastanza, che non era in grado di guidare il regno senza un uomo.

Eirian avrebbe preferito morire piuttosto che lasciare che ciò accadesse.

"Probabilmente non avrei superato il primo anno di matrimonio. A corte girava voce che il principe fosse un sadico assetato di potere. Sono scappata perché ero certa che mi avrebbe ucciso e preso la mia corona. Non potevo permetterlo."

"Perché non sei rimasta? Avresti potuto lottare e forse-"

"No, Ace, non c'è nessun forse. Non ero forte per impedire a mio padre di torturare mia madre davanti ai miei occhi, non sarei stata forte abbastanza per impedirgli di farmi sposare un pazzo. Giuro che tornerò a casa prima o poi, giuro che darò fuoco al suo regno e costruirò il mio dalle ceneri, ma non è ancora arrivato quel giorno."

Aislyn allungò una mano e prese la sua. Eirian resistette all'impulso di ritirarsi a quel contatto e la violenza con cui desiderava un suo abbraccio le tolse il respiro.

"Puoi contare sul mio aiuto. Sempre." Aislyn le strizzò leggermente la mano e sorrise.

"Non capisco perché sei sempre così gentile"

"La gentilezza non ha un prezzo e fa bene a tutti"

"Ad alcuni più di altri."

Eirian lanciò uno sguardo vago verso la porta della stiva e ancora una volta si trovò a sperare che Bastian facesse la sua apparizione.

"Lacroix? Sì, lui più di altri. Gli voglio bene ma certe volte è proprio irritante."

"Voi due avete mai-" la principessa parlò prima che il suo cervello potesse collegarsi con la bocca e impedirle di parlare.

Aislyn strabuzzò gli occhi. "Oh, no! Per gli dèi, che immagine disgustosa. Se fosse una donna sarebbe anche stato il mio tipo ma dato che non è questa l'evenienza..."

Eirian si sentì lievemente rassicurata dalla sua risposta. Odiava il modo in cui quel dannato pirata la faceva sentire, ma allo stesso tempo ne voleva di più. Non aveva mai provato nulla di simile.

Qualche ora dopo, quando il sole scomparve all'orizzonte e la luna fece capolino in cielo, Rhys corse sul ponte con due sacchi di biscotti al burro in mano.

"Digger e Lynnford hanno indetto una partita per decidere a chi andranno gli ultimi biscotti! Aislyn dobbiamo vincere assolutamente perché non ho intenzione di morire di fame. Muoviti e vieni a giocare con me e Shiba prima che ci faccia perdere."

Aislyn sorrise e fece un fischio per attirare l'attenzione di Rahul. "Occupati tu della rotta." gli ordinò con voce severa, poi prese la mano della principessa e la trascinò sottocoperta.

La sala era stata arredata per l'occasione. I tavoli erano stati uniti e due panche erano state spostate per lasciare spazio ai giocatori, la superficie del tavolo era ricoperta di mazzi di carte, fish e rum. I pirati si erano riuniti intorno alle due squadre in gioco. Da una parte c'erano Digger -un uomo di quarant'anni, denti neri e bucati dal fumo, una grossa pancia da birra e una testa pelata e oleosa- e Lynnford -un ragazzo smilzo dal sorriso storto, gli occhi vispi e diabolici- mentre dall'altra sedevano Shiba e Rhys. Pyotr, il quartiermastro, fu scelto come giudice della partita. Tutti sapevano quanto gli piacesse centellinare le scorte e per la sua nota imparzialità divenne la scelta ovvia per quel ruolo. Pyotr non aveva niente di speciale in lui, era come qualunque nobriunian -capelli biondi, tendenti al platino e occhi dello stesso colore dei ghiacciai da cui la sua terra prendeva il nome.

Eirian prese posto affianco ad Aislyn, mentre un altro membro della ciurma si sedette con Lynn e Digger.

La partita procedette lentamente per qualche mano. Digger continuava a pescare carte inutilmente e ogni volta le chance di vittoria della sua squadra diminuivano, al contrario Shiba aveva quasi finito le carte e ad Aislyn ne rimanevano poche. Rhys era forse il meno esperto dei tre ma con i consigli di Ace riusciva a destreggiarsi discretamente nel gioco.

Eirian era così concentrata sulla partita che quasi non prese parte ai discorsi del resto della ciurma, i quali avevano finito quasi due bottiglie di rum. La ragazza si voltò verso Rahul, la cui espressione seria era svanita rimpiazzata da un debole sorriso assonnato dato dall'eccessivo uso di alcol.

"Nel mio paese, oggi si accendono fuochi rituali nel deserto. Più il fuoco rimaneva acceso, più sarebbe stato fertile il raccolto dell'anno a venire. I nostri Gran Sacerdoti avrebbero celebrato i loro riti a mezzanotte per festeggiare il ritorno della dea Natura e il suo legame con la nuova stagione."

Gli altri marinai non sembravano particolarmente interessati, ma lo ascoltavano ubriachi e silenziosi, soffocando ogni tanto delle risate.

"La nuova stagione?" domandò la principessa quasi in un sussurro.

A bordo della Cerberus era facile perdere il conto dei giorni. ma come poteva essersi dimenticata di una cosa così importante.

"Sì! Domani è l'equinozio di primavera." Rahul alzò il bicchiere per un brindisi e sussurrò qualcosa nella sua lingua madre.

Qualunque parvenza di colore svanì dal suo volto. Eirian si alzò, i movimenti robotici, la mente spenta. Uscì dalla stiva per prendere un po' d'aria e cercare di riprendersi da quella notizia.

Nel giro di poche ore avrebbe compiuto diciotto anni e se ne era totalmente scordata

Si appoggiò alla balaustra, sentendosi svenire, e osservò l'infinita distesa d'acqua. Chiuse gli occhi, sentendosi soffocare da tutta quell'immensità, e cercò di non pensare alla sensazione di pesantezza che le comprimeva lo sterno e schiacciava il cuore.

Respira. Calmati.

Alzò lo sguardo verso il cielo e ammirò le stelle, piccoli puntini bianchi e luminosi che illuminano la notte. Si concentrò sulla luna e sui crateri che ne coloravano la superficie. E, per un istante, le sembrò di poterne sentire la luce, distesa come un velo sul suo corpo, sulla pelle e sul viso. Tutto il suo essere la chiamava con un canto dolce e ipnotizzante. Era ammaliata dalla sua figura come non mai. Ma c'era qualcosa di strano in lei e una sensazione mai provata prima le sbocciò in fondo al petto.

Eirian si concesse un ultimo, lungo respiro prima di smettere di tremare e costringere il suo corpo a essere più forte della paura.

Questo sarebbe dovuto essere il giorno in cui avrebbe fatto la sua comparsa in società, essere vista come Eirian Esmeray Lancaster, principessa di Vera Askos, Sua Altezza erede del continente occidentale, figlia della luna, e non come una stupida ragazzina. In questo giorno, se fosse stata a Palazzo, sarebbe sgattaiolata nella stanza di Margaret e insieme avrebbero espresso un desiderio. Era finalmente diciottenne e sua madre non sarebbe stata come lei a festeggiare.

Margaret le aveva insegnato che a mezzanotte del giorno del suo compleanno doveva esprimere un desiderio. Ma quest'anno non c'era nulla che Eirian volesse con tutto il cuore.

Vendetta, disse una voce nella sua testa.

Ma non era la verità. Eirian aveva vissuto a Palazzo per tutta la vita, convinta di non essere abbastanza, di non essere degna di ciò che aveva, di essersi -in qualche modo- meritata tutte quelle sofferenze. E forse parte di lei voleva vendetta ma c'era un'altra parte, quella predominante, che non sopportava l'idea di essere consumata dal rancore.

La principessa osservò le stelle come se custodissero tutte le risposte. Ma cosa si fa quando nemmeno gli astri possono guidarci? Eirian era sempre stata sola e nessuna stella e nessun dio avevano mai vegliato su di lei. Persino a Palazzo le serve parlavano male di lei quando credevano fosse addormentata. Eirian rimaneva immobile nel suo lettino ad ascoltare i loro sussurri e i loro bisbigli movimentare la notte.

"Guardatela" diceva una, la voce carica di pietà. "Così simile a sua madre. Credete farà la sua stessa fine?"

L'altra schioccava la lingua con disappunto e rispondeva, "No, no. È come il padre. Hanno entrambi lo stesso sguardo diabolico."

Al tempo, Eirian era solo una bambina, ma quel commento le rimase in testa per mesi, forse anni. Da quel giorno iniziò a passare ore davanti allo specchio, provando varie espressioni, cambiando modo di sorridere o di guardare la gente. Cercò in tutti i modi di migliorare ma niente sembrava abbastanza.

Solo una persona non aveva mai cercato di cambiarla, Wayle. Era solo un ragazzino di diciotto anni quando il re lo assunse per insegnarle ad andare a cavallo. All'inizio, Eirian odiava dover passare tempo con quello stalliere. Odiava i suoi capelli rossi, i suoi occhi azzurri, il modo in cui le sorrideva o rivolgeva una parola gentile, e odiava ancora di più il modo in cui le sue lusinghe la facevano sentire. All'inizio, la principessa credette Wayle fosse come tutti gli altri, un opportunista in cerca di un favore dal re. Ma Wayle era diverso, lui era gentile per davvero.

Quando Eirian si affezionò a lui, era troppo tardi. Il re non apprezzava le attenzioni che il ragazzo le rivolgeva e un giorno, quando la ragazza giunse nelle stalle per la sua lezione, Wayle era sparito e al suo posto c'era il signor Nicholson.

Ma se a Palazzo Eirian era considerata un fallimento, sulla Cerberus non era così. In mezzo alla ciurma era solo un altro marinaio, un altro essere umano con un passato turbolento. Chiunque sul veliero stava scappando da qualcosa -famiglia, passato, ricordi, vergogna, dolore. Non doveva competere con il ricordo di suo fratello, il figlio perfetto che Edmund aveva amato con tutto il cuore.

Eirian si domandò cosa fosse successo se Greysen fosse vissuto: l'avrebbe forse amata come Aislyn amava Bastian? O l'avrebbe trattata come Edmund aveva fatto? Quelle domande non avrebbero mai avuto una risposta, Eirian lo sapeva, eppure non poteva scacciarle dalla sua mente.

"Greysen" Eirian si rivolse direttamente a lui nella vana speranza che la sua voce potesse raggiungerlo. "Mi odi perché sono ancora qui? Mi ameresti se fossi ancora vivo?"

Il cielo fu scosso da un fremito e per dei brevi istanti si illuminò. La luce iniziò a lampeggiare, alternando lunghi periodi di buio con brevi ma intensi periodi di luce. Il silenzio della notte venne interrotto all'improvviso da un boato, un rombo basso come un ringhio. La nave sembrò entrare in sintonia con quel suono, e quando prese a vibrare, Eirian cadde.

Il resto della ciurma si fiondò all'esterno gridando per la sorpresa e la paura. Bastian corse verso di lei e la tenne stretta a sé per impedire che tornasse distesa in terra.

La luce si fece sempre più intensa, così come il rumore, e presto dovettero tutti distogliere lo sguardo. Fu come guardare dritto al sole di mezzogiorno finché la luce azzurra nell'orizzonte si fece sempre più flebile e quando il suo diafano chiarore scomparve, un ragazzo era atterrato sul ponte.

"Salve a tutti! Mi chiamo Isidore, figlio di Ermes, e sono qui per recapitare un regalo alla festeggiata. Tanti auguri, principessa!"

Il giovane portava un'armatura argentea che sembrava brillare di luce propria, soprattutto la testa di gallo che gli era stata incisa sul petto. Si tolse un arco e una faretra dalla spalla e gliele porse. Allibita, Eirian si sforzò di prendere il dono, ma i suoi arti non sembravano rispondere ai comandi.

"Da parte di chi è?" Eirian abbassò lo sguardo sull'arco argentato, sul cui dorso era stata incisa la luna nelle sue tre fasi - luna crescente, luna piena, luna calante. Era di una bellezza mozzafiato, come se fosse stato forgiato direttamente sull'Olimpo e anche se non l'aveva in mano, la Cacciatrice poteva percepirne il potere.

"Oh, per tutti gli dèi dell'Olimpo! Sono stato inviato da tuo fratello,Greysen."

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