L E A H

Per abitodipiume

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Cosa si cela dietro la vita ordinaria di una scrittrice in erba? Leah Patterson è una ventenne un po' fuori... Més

"La meccanica del cuore"
Prologo - Via dal cuore
1. Come un kiwi
2. Momenti difficili
3. Primo esercizio: approccio
4. Affronto
5. Appuntamento importante - I Parte
5. Quel fumettista bugiardo - II Parte
6. Una nuova "coinquilina"
7. Tsundere
8. Stracciatella
9. Quel messaggio non risposto...
10. Hellen
11. L'orso Cian
12. Piccoli passi
13. Nuvole in cielo
14. Non è una roccia
15. Rispetto
16. Sweety tsundere - I Parte
16. Tsunderella - II Parte
17. Diario di un fumettista strampalato
18. La parte nascosta - I Parte
18. La parte nascosta - II Parte
19. Un abbraccio spiazzante
20. Il cavaliere imbalsamato
21. Quelle mani calde e quel suo profumo travolgente - I Parte
21. Love - II Parte
22. Come un capitolo immaginario
23. Kappa
24. Dissapori
25. La bambina ferita
26. A pranzo con Neil
27. Barriere - I Parte
27. Una nuova Rachel - II Parte
28. Pranzo in famiglia
29. Quel senso di fallimento - I Parte
29. Un fazzoletto di seta - II Parte
30. Un ritorno inaspettato
31. La Kristin del passato
32. Prima di dirsi addio
33. Nella tana del lupo - I Parte
33. Nella tana del lupo - II Parte
34. Il terzo incomodo - I Parte
34. A un passo dal lasciarsi andare - II Parte
35. L'universo dentro di lei...
36. In quella piccola bolla - I Parte
36. La luna riflessa nel lago - II Parte
37. Le mille sfumature di "Rosa"
38. I fiori della discordia
39. In cerca di spiegazioni - I Parte
39. In cerca di spiegazioni - II Parte
40. "Il bello addormentato... e non nel bosco"
41. La martora e la farfalla - I Parte
41. Quelle cose che non so di te - II Parte
43. Il piumone della perdizione
44. Un rivale temibile
Avviso
45. In rotta di collisione - I Parte
45. In rotta di collisione - II Parte
46. "Dove sei, tsunderella?" - I Parte
46. "Questa mia strana malattia" - II Parte
47. Gesti e parole d'amore
48. Quello che non si può riscrivere
49. Insopportabilmente Leah
50. Come una libellula
51. Un bacio sotto la neve
52. Vite parallele
53. "Se per te è importante..."
54. "Portami al mare"
55. Come due sconosciute
56. Destinazione: Cardiff - I Parte
56. Scintille - II Parte
57. Prima del grande giorno...
58. Il ballo di Cenerentola
59. Un ritratto per la "strega cattiva"
60. Cambiare
61. Arrivederci, Hellen e Cian
Epilogo - Un'estate insieme
Piccole considerazioni e Ringraziamenti

42. La stagione dei temporali

188 19 58
Per abitodipiume

«Ho delle novità da raccontarti» annuncio alla mia psicologa ancor prima di sedermi di fronte alla sua scrivania.

«Cioè? Cos'è successo in questi sette giorni?»

«I miei genitori si sono momentaneamente separati.»

L'espressione scioccata di Margareth non ha bisogno di parole, neanche lei si aspettava una notizia del genere. Del resto è dura da digerire, soprattutto perché questa separazione è arrivata come un fulmine a ciel sereno.

«Oh, e come ti senti?»

«Benino, sto iniziando ad abituarmi alla situazione attuale, ma non ti nascondo che una parte di me vorrebbe che tornasse tutto come prima» le confesso, ricavando dalla mia psicologa uno sguardo apprensivo. «Vorrei poter fare qualcosa, ma mi sento incapace di dare un aiuto ai miei genitori. Ecco, io... non so come comportarmi con loro.»

«Perché ti senti in dovere di doverli aiutare?»

«È come se mi sentissi in colpa» provo a spiegarle.

«In colpa per cosa?» Mi osserva con attenzione e allora sposto lo sguardo sul suo computer in parte, sul monitor nero.

«Hanno discusso a causa mia e non riesco a smettere di pensare che se non ci fosse stato questo maledettissimo litigio loro starebbero ancora insieme.»

Margareth sospira, dal suono del suo respiro capisco che non è concorde con le mie parole.

«Secondo te, cosa ha scatenato questa improvvisa bufera?»

«Sembrerebbe l'arrivo di un mazzo di fiori, anche se non ne sono certa. Mio padre si è infuriato per qualcosa che ha fatto mia madre, ha ammesso di essere stanco di doverla proteggere da quelli che lui ha definito sotterfugi.»

«Sarà stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso» commenta Margareth ancora visibilmente stupita.

Un tuono squarcia la quiete della stanza, fuori sta piovendo forte, la pioggia si sta trasformando velocemente in grandine. Fa quasi paura. Vedo lo sguardo della mia psicologa spostarsi verso la finestra, rapita anche lei dal temporale. È iniziata la stagione dei temporali, penso dentro di me.

«Temo sia andata così, il problema è che nessuno dei due ha intenzione di parlarne. So che c'entro qualcosa e che al momento della discussione era presente sulla penisola della cucina un mazzo di fiori misterioso, non destinato a mia madre» le spiego dettagliatamente quello che so.

«Può essere che fossero destinati a te?» ipotizza, voltandosi.

La sua teoria mi fa riflettere, non avevo pensato a questa ipotesi.

«Può essere, ma c'è qualcosa che non mi torna, chi avrebbe spedito dei fiori a casa dei miei genitori?»

«Forse sarà stato un ammiratore segreto o un tuo lettore» replica Margareth.

«Non lo so, mi sembra strano e i lettori non dovrebbero conoscere il mio vecchio indirizzo.»

«Però potrebbero averti vista entrare in quella casa. Sappiamo che tua madre non approva la tua scelta di essere una scrittrice e vedere quei fiori probabilmente avrà acceso in lei una reazione forte.»

Le congetture di Margareth non mi convincono appieno, però ne parlerò con i miei genitori e cercherò di capire se è vero che mia madre ha sfogato le proprie frustrazioni su quei poveri fiori.

«Potrei chiedere a mio padre, anche se secondo lui deve essere mia madre a parlarne, lei però continua a volermi nascondere la verità per paura di recarmi una sofferenza.»

«È questo ciò che pensi? Ti sta proteggendo?» Annuisco senza parlare, mentre gli occhi di Margareth si trasformano in due fessure, sta riflettendo. «In quali occasioni tua madre si mostra protettiva nei tuoi riguardi?»

Ci penso su: «Quando si tratta di compiere scelte che possono influenzare il mio futuro, e si mostra protettiva quando ritiene qualcuno o qualcosa pericoloso per me, come ad esempio mia zia...»

«Tua zia!» esclama, interrompendo il mio discorso. «Se fosse stata lei a inviarti quei fiori?» fa un'altra supposizione.

«No, non credo, sono anni che è scomparsa dalle nostre vite.»

Scaccio via quest'idea assurda, non voglio nemmeno considerarla, rischierei di illudermi inutilmente.

«E allora non resta che dare tempo a tua madre per sentirsi pronta a parlarne con te.»

«Dubito che si deciderà a farlo» commento nervosa.

«Non puoi sapere come reagirà in futuro. Tua madre è una persona che tende ad avere il controllo della situazione, ora non ce l'ha e questa cosa la rende ancora più chiusa e diffidente.»

«In realtà mi ha chiesto lei di aiutarla, ma se non parla come faccio?»

«Capisco le tue ragioni, ma non si aprirà con te se si sentirà sotto pressione o impaurita.»

«Quindi mi stai suggerendo di lasciarle tempo?» domando perplessa.

«Sì, sarà lei a venirtene a parlare, se vorrà.»

Non lo so, non so se sia il caso di aspettare che sia mia madre a fare un passo verso di me. La conosco bene e so che finché si sentirà in diritto di proteggermi, non mi racconterà nulla di nulla.

«Cosa posso fare allora? Aspettare e nient'altro?»

«Puoi aiutarla, dimostrandole che sei una donna adulta ormai, che sei cresciuta, che può fidarsi di te. Che sei pronta ad affrontare qualsiasi problema si presenterà in famiglia.»

Lo sono davvero pronta?

«Dovrei supportarla e mettere da parte i miei risentimenti...» mormoro.

«No, non devi fingere e nascondere le tue emozioni negative, ma puoi aiutarla senza dover pretendere da lei spiegazione. Se si sentirà obbligata, si chiuderà a riccio e non te ne parlerà.»

«Come fai a esserne certa?»

«Perché tu sei fatta così, non ti piace quando qualcuno ti mette con le spalle al muro, ti senti minacciata ed è per tua madre la stessa cosa.»

«Va bene, hai ragione, devo lasciarle del tempo e nel frattempo proverò a darle il mio sostegno, anche se al dire il vero mi riesce più facile stare dalla parte di mio padre» confesso dispiaciuta.

«In questo caso è normale stare dalla parte di chi ti dà più fiducia, però devi comprendere che anche tua madre sta soffrendo e se la lasci sola non è detto che reagisca, potrebbe al contrario deprimersi.»

A pensarci è quello che sta accadendo, almeno così mi è parso le ultime volte che l'ho vista, era a terra, non sembrava nemmeno lei.

«Potrebbe cadere in depressione?» domando preoccupata.

«Sì, separarsi dal proprio coniuge, anche se momentaneamente, è una sofferenza, un fallimento e una grossa fonte di stress. Stai accanto a entrambi se puoi» mi avverte con premura. «Ma prenditi cura anche di te stessa, cerca di circondarti di persone positive, perché troppa negatività può far male, Leah.»

«Lo so e sono stata fortunata su questo punto» accenno con un sorriso flebile. Margareth sembra aver compreso.

«Ti riferisci a Percy e Kristin?»

«Sì» le confermo.

«È incredibile come sia cambiato il tuo rapporto con Percy in questi mesi, all'inizio lo detestavi quasi e ora lo vedi come un punto di riferimento, al pari di Kristin.»

Insomma non è paragonabile il rapporto che ho con Percy con quello che ho con Kristin, però sicuramente il ragazzo ha saputo farsi spazio nella mia vita con astuzia.

«A proposito, mi sono stati entrambi accanto in questi giorni, specialmente il fumettista. Siamo andati anche a fare una specie di gita sabato scorso, a Glendalough, ed è stato bello. Non solo per il luogo che abbiamo visitato, ma anche per quello che ci siamo raccontati a vicenda. Sapevo di potermi aprire a lui senza timore e l'ho fatto.»

La mia psicologa mi lancia uno sguardo compiaciuto, come se fosse orgogliosa dei miei ultimi progressi.

«È stato difficile aprirti a lui?»

«Un po', ma ora che non devo più nascondergli le mie paure è semplice confidarsi, perché so che mi comprende. Certo abbiamo ancora opinioni diverse su molte cose, però per adesso mi fa stare bene ed è questo ciò che conta, no?» domando titubante.

«Assolutamente sì, in questo momento hai bisogno di stare con chi sa prendersi cura di te e s'impegna a farti stare serena.»

Le sorrido imbarazzata, mentre torturo con le dita il ciondolo del mio bracciale, ci sarebbe ancora qualcosa di cui vorrei parlarle, ma non so esattamente come iniziare il discorso.

«Ehm, è successa anche un'altra cosa la settimana scorsa» mormoro timidamente.

«Ovvero?» mi spinge a continuare con espressione curiosa.

«Ho dormito a casa di Percy e il mattino seguente gli ho stampato un bacio. Lui però non lo sa» mi affretto ad aggiungere. «Stava dormendo e non credo se ne sia reso conto, ho fatto piano per... per non svegliarlo» farfuglio.

Margareth sgrana gli occhi e lascia cadere a terra la penna che reggeva tra le dita.

«Come mai questo bacio nascosto?»

Sapevo che la mia psicologa avrebbe indagato, ma forse è ciò che voglio, sfogarmi ed essere ascoltata da qualcuno che non rivelerà il mio piccolo segreto.

«Volevo darglielo da dopo la serata del concerto, quando lui l'ha rubato a me, ma sai benissimo che sono una fifona in queste cose, però in quell'istante, mentre dormiva, non sono riuscita a resistere...»

Margareth trattiene a stento una mezza risata, non è carino in effetti ridere dei propri pazienti, ma è umana anche lei.

«E cosa hai sentito quando l'hai baciato?»

«Ero turbata e felice allo stesso tempo, io ne sono innamorata ormai» sussurro lievemente per paura di farmi udire.

«Leah, sbaglio o vorresti far evolvere il vostro rapporto?»

Non lo so, non ci ho mai pensato, non concretamente almeno.

«Vorrei, sì, forse vorrei essere... essere...» Quanto è difficile pronunciare queste tre paroline? Margareth attende pazientemente, sa che devo essere io a dirle e non lei. «Vorrei essere... la sua ragazza» le rivelo infine.

«Forse dovresti farglielo capire, allora.»

«E come? Ho il timore di compiere passi falsi.»

«Potresti dargli un altro bacio, mentre lui è sveglio magari» lo dice come se fosse la cosa più semplice di questo mondo.

«Chi io? Non credo di esserne capace» obietto.

«Uhm, l'hai già fatto, perché non una seconda volta?»

Come perché? Si è forse dimenticata che sono Leah Patterson?

«Non lo so, potrei riprovarci» le dico per farla felice, ma so già che non sarà un gesto che compirò nell'immediato...

Nel pomeriggio, decisa a seguire il consiglio di Margareth, decido di andare a trovare mia madre e vedere come sta, se ha provato perlomeno a riprendersi dal suo stato apatico. Busso più volte alla porta, ma purtroppo nessuno risponde, così, preoccupata, decido di usare le mie vecchie chiavi di casa.

Apro lentamente e noto subito che la casa è ritornata ordinata e impeccabile come sempre, nell'aria c'è perfino un buon odore di muschio bianco, una delle essenze preferite di mia madre. Chiudo la porta alle mie spalle e provo a vedere se per caso si trova nella sua stanza, a sorpresa però non incontro mia madre, ma bensì mio padre.

Sul letto matrimoniale giace una valigia grande mezza piena, sta riponendo all'interno i suoi vestiti. È talmente preso dai pensieri che nemmeno mi nota. Mi schiarisco la voce per attirare la sua attenzione e lo vedo fremere e voltarsi dalla mia parte.

«Leah, che ci fai qui? Mi hai fatto prendere uno spavento» dice con il fiato corto, posando una mano sul petto.

«Sono venuta a trovare la mamma, ho anche bussato, non hai sentito il campanello?»

Mio padre espira e torna a dedicarsi a ciò che stava facendo.

«Sì, l'ho sentito, ma pensavo fosse Liv.»

«Stai portando via i tuoi vestiti?»

Si blocca per un attimo, facendo ricadere sul letto un maglione.

«Solo quelli invernali, per ora» specifica frastornato.

«Vuoi una mano a sistemarli in valigia?» mi offro volontaria, si vede che per lui non è un'operazione facile portare via da questa casa una parte di sé.

«Va bene» mormora con sguardo rassegnato.

Mi avvicino all'armadio e prelevo alcune sue giacche di lana. Le adagio sulle coperte e inizio poco dopo a piegarle con cura.

«A terra c'è un'altra valigia, puoi mettere lì le giacche» me la indica, mentre afferra la boccetta di un profumo, quello che gli ha regalato la mamma lo scorso Natale. Lo guarda con aria nostalgica e gli occhi lucidi.

«Stai bene?» domando dispiaciuta. Si asciuga prontamente una lacrime; da che ne ho ricordo, non l'ho mai visto piangere. «Ehi, papà...» Lascio perdere quello che sto facendo e lo raggiungo per dargli conforto.

Dovrei essere io ad abbracciarlo, ma è lui a farlo, a crollare sulle mie braccia incerte. Così vicino riesco a sentire l'odore del suo dopobarba, mi è sempre piaciuto molto, fin da bambina.

«Mi manca» mi rivela tra una lacrima e l'altra.

Sospiro e gli accarezzo la schiena, non sono ancora tanto brava nel dimostrare il mio affetto, ma con mio padre perlomeno non devo sforzarmi.

«Lo so» dico, provando a mettermi nei suoi panni. Mia madre è stata la donna più importante della sua vita e, aldilà di come andranno le cose in futuro, lo resterà per sempre.

«Non ha voluto nemmeno vedermi oggi, è andata via prima che arrivassi.»

«Forse l'ha fatto per non recarti un disagio» cerco di giustificarla, non so neanch'io perché lo stia facendo.

«No, ho ascoltato bene la sua voce al telefono, l'ha fatto per non mostrarsi debole ai miei occhi, per non far trapelare la sua sofferenza» mi spiega con certezza. «Prima di sposarci le ho fatto una promessa, le ho detto che non l'avrei ferita mai. Le ho promesso che mi sarei preso cura di lei e delle cicatrici che aveva sul suo cuore. Non ho mantenuto questa promessa, ora lei non si fiderà più di me, Leah. Non mostrerà più a me la vera Liv, non lo farà più...»

«Non dire così, tu resti l'uomo che si è occupato di lei, di questa famiglia per tutti questi anni e che l'ha amata incondizionatamente.»

Mio padre si stacca da me, scuotendo la testa: «Non è vero, non sono stato abbastanza presente come avrei dovuto e questi sono i risultati.»

«Eri impegnato con il tuo lavoro, eri impegnato a non farci mancare nulla» gli ricordo per l'ennesima volta.

Negli ultimi mesi non fa altro che darsi colpe, come se la nostra felicità dipendesse unicamente da lui. Perché insiste? Perché non accetta che il passato non può essere cambiato?

«Ti sbagli, il lavoro è sempre stato solo una scusa.»

«Che intedi?» domando confusa.

«Tornavo a casa tardi quando eri piccola non perché fossi impegnato in ufficio, ma perché scappavo da tua madre. Stare con lei non è mai stato facile» mi rivela senza guardarmi. «Meno la vedevo, più sarebbe stato facile convivere con una donna che amava ancora un altro.»

Le sue parole mi lasciano pietrificata, ma vogliosa di sapere.

«Mamma amava un altro?» chiedo sconcertata.

Mio padre si siede sul letto, ha bisogno di un sostegno e ne avrei bisogno anch'io.

«Ti ricordi quando ti ho parlato della donna che mi aveva fatto perdere la testa? Quella dal carattere complesso e che era innamorata di un altro?» Annuisco senza parlare. «Era tua madre. È inutile continuare a nasconderti la verità, è giusto che tu sappia, perché prima o poi tutto verrà fuori... la verità vien sempre fuori...» mormora, prendendosi una pausa.

«Non sempre, purtroppo, ma continua» lo supplico.

«Tua madre da giovane era innamorata di un ragazzo, un certo Austin. Un ragazzo di bell'aspetto, carismatico, era un poeta» dice con tono sprezzante. «Tua madre e Austin frequentavano la stessa università, entrambi amavano la letteratura e amavano scrivere.»

«Come scusa?» lo blocco scioccata, sapevo che mia madre fosse laureata in Lettere e Filosofia, ma mai avrei pensato che da giovane scrivesse.

«Hai sentito bene, tua madre scriveva, scriveva storie d'amore e amava tantissimo Austin, il poeta romantico. Erano la coppia perfetta, no?» mi chiede, ma in realtà non si aspetta risposte. «Lui però l'ha tradita a un passo dal matrimonio, l'ha tradita forse nel peggiore dei modi in cui un uomo potrebbe tradire una donna. Le ha spezzato il cuore a tal punto che tua madre della parola amore non ne ha mai voluto più sapere. Inoltre, non è stato l'unico a ferirla in quel periodo...»

Aspetto con impazienza un'altra rivelazione, ma non arriva.

«Chi è la seconda persona che l'ha tradita?»

«Nessuno, non mi ha tradita nessuno.» Mia madre irrompe in camera da letto, si mette in mezzo tra me e mio padre, mentre fuori un fulmine illumina il cielo, ha ripreso a piovere. Mia madre ha lo sguardo glaciale e allo stesso tempo infuocato.

«Liv, non volevo, ma era necessario...» sussurra l'uomo dietro di lei.

«Non dire più niente, hai già parlato troppo» lo zittisce, come spesso ha fatto in passato, ma con più cattiveria.

Vedo mio padre abbassare la testa, si è già pentito di aver detto ciò che ha detto, ciò che mi farà vedere mia madre d'ora in poi con occhi differenti.

«È per questo che odii la scrittura?» le domando incauta.

«La scrittura? Era solo un passatempo, nient'altro» mente, la sua bocca mente...

La scrittura per lei era tutto, così come lo è per me, altrimenti non la detesterebbe. L'odio e l'amore sono pur sempre due facce della stessa medaglia.

«Se era solo un passatempo, non mi avresti impedito in passato di scrivere.»

«Leah, calmati.» Mio padre si avvicina a me e mi mette una mano sulla schiena, mi discosto da lui e continuo a guardare mia madre infervorita.

«Calmarsi di cosa? Sei stato tu ad aprire un discorso ormai sepolto, cosa ti aspettavi da tua figlia? Che ignorasse le tue parole? È normale che ora voglia sapere, più che comprensibile» lo rimprovera mia madre.

«Va bene, ti chiedo scusa, Liv. Sai benissimo però che nostra figlia ti vuole bene e cerca soltanto di aiutarci.»

«Ma se non fa altro che mettermi alla prova?»

«Ho tutto il diritto di conoscere la verità» dico a denti stretti.

«No, il mio passato non ti riguarda» replica, mettendosi sulla difensiva. «Non hai nessun diritto sul mio passato» scandisce bene le parole.

«Basta così!» tuona mio padre nel tentativo di buttare acqua sul fuoco. «Devo andare ora, tornerò domani a riempire l'altra valigia, vuoi venire con me, Leah?» aggiunge con tono più calmo.

«Non serve che torni, te la preparo io la valigia e te la faccio recapitare tramite tua figlia» lo ammonisce di nuovo mia madre.

«D'accordo, accetto volentieri il passaggio.» Ignoro l'ultima affermazione di mia madre, sta provocando entrambi e non voglio restare in questa casa un minuto in più.

«Bene, andiamo» risponde mio padre.

«No, la riporto io a casa» si oppone mia madre.

Cos'è, ha paura che mio padre possa raccontarmi altro? Assurdo...

«Leah vuole venire con me» le fa notare, provando a battersi.

«Non fa niente, torno a casa a piedi» sentenzio, mettendo fine a questa breve diatriba su chi deve o non deve riaccompagnarmi.

«Non dire sciochezze, piove a dirotto, ti prenderei un malanno» grida la donna a un passo da me. Non sopporto più i suoi ordini, i suoi lamenti, il suo essere vittima e manipolatrice allo stesso tempo.

«Non m'importa di ammalarmi, desidero soltanto andarmene e non verrò con te» contrabatto con un filo di voce.

Sono davvero rammaricata e questa volta con entrambi. Credevo che affrontassero la questione con più maturità e invece giocano a farsi male con le parole, a lanciarsi frecciatine a discapito del loro rapporto o di quel che di buono restava del loro matrimonio.

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