Un pezzo di noi

By euphoriaaaa0901

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Cosa succede quando un'anima forte e determinata ne incontra un'altra dura e avvolta dal dolore? Cosa succed... More

🦋
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
🌻
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
⚡️
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
🌊
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
🐙
Capitolo 40
🍁
Capitolo 41
🎡
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Epilogo
Seconda parte
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Capitolo 75
Capitolo 76
Capitolo 77
Capitolo 78
Capitolo 79
Capitolo 80
☀️
Capitolo 81
Capitolo 82
🖇
Capitolo 83
Capitolo 84
Capitolo 85
Capitolo 86
Capitolo 87
Capitolo 88
Capitolo 89
Capitolo 90
Capitolo 92
Capitolo 93
Capitolo 94
Capitolo 95
Capitolo 96
Epilogo

Capitolo 91

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By euphoriaaaa0901

Connor
Arrivo in ospedale con Bettany che mi ha ripetuto per tutto il breve viaggio in macchina che avrei dovuto stare tranquillo, che non avrei dovuto preoccuparmi, che tutto sarebbe andato per il meglio e che Emma si sarebbe svegliata e mi avrebbe sorriso.
Non so perché la camminata lungo il corridoio che mi porta alla sua stanza mi sembra quasi più lungo del solito; è come in uno di quegli incubi dove cerchi di camminare ma non arrivi mai alla fine della strada perché essa si allunga ancora di più.
Ed è così che mi sento: lungo un corridoio che spero finisca presto se mi dovesse portare a buone notizie, e che non finisca mai se mi dovesse annunciare cattive notizie.

Vedo la porta socchiusa e sento voci sconosciute al suo interno, oltre a quella di Constance.
Mia madre e mio padre sono fuori nel corridoio e ci guardano come se le notizie brutte fossero appena iniziate, come se la tempesta stesse per arrivare senza essere stata preannunciata.
<Che succede?>, domando con l'affanno per la corsa non avendo scelto di prendere l'ascensore ma di aver preferito le scale pensando che avrei fatto prima.
<Si è svegliata>, risponde mia madre alzandosi dalla sedia posta al muro con in grembo la borsa che stringe tra le mani.
<Connor...>, sussurra mio padre come per avvertirmi di qualcosa ma non bado molto alle sue parole.

Poso la mano sulla maniglia e non c'è bisogno di spingerla per entrare, mi basta solo fare un passo avanti e voltare lo sguardo verso sinistra per vedere gli occhi che aspettavo da una settimana puntarsi nei miei. Mi basta poco per tornare a stare bene, mi basta vederla seduta con le spalle posate alla testiera del letto per capire quanto mi sia mancata vederla cosciente, quanto mi sia mancata anche solo vederla sbattere le ciglia lunghe, e gli occhi...

Mi guarda un po' stranita, mi guarda e poi passa lo sguardo sul padre che le stringe una mano mentre un dottore scrive qualcosa su una cartellina prima di toglierle lo sfigmomanometro dal braccio.
Mi avvicino al suo letto con alle spalle Bettany che però si ferma poco prima, forse per lasciarle il suo spazio e non sbarrarle la via del respiro.
<Ciao>, mormoro con la voglia di abbracciarla e di piangere per tutta la felicità e la serenità che mi pervade.
Socchiude le labbra, abbassa gli occhi per qualche secondo e poi li rialza nei miei; corrugo le sopracciglia e poi guardo Costance mentre mi tiro un po' indietro.
<Ciao>.
La voce della ragazza bassa e fievole mi dà speranza anche se non so perché la situazione è così strana adesso, non so perché mi sento fuori luogo davanti a lei.
<Ci conosciamo?>, mi domanda.
Sbarro gli occhi e la guardo mentre faccio un passo indietro e mi accorgo che i suoi sguardi di prima non erano del tutto senza senso.
Questo è il senso.
<È uno scherzo?>, mormoro guardando il dottore che dice qualcosa alla sua collega appena entrata prima di rivolgermi uno sguardo quasi deluso.
<La signorina soffre di una leggere amnesia dovuta allo sforzo e alla gravità delle ferite avute>, mi spiega mentre i miei occhi non si staccano dal viso di Emma che guarda verso il basso come se questa fosse una sua colpa.
<Ha dimenticato tutto quello che le causava o procurava un danno, tutto quello che la faceva male o che nel momento del fatto aveva semplicemente nei pensieri>, continua ed io non credo alle mie orecchie.
Ho aspettato così tanto questo momento, ho aspettato così tanto poterle parlare, raccontare gli ultimi giorni, raccontarle le mie decisioni...e adesso mi sembra solo un incubo, e adesso mi sembra di non essere mai esistito nella sua mente, nella sua vita. Uno sconosciuto, ecco cosa sono adesso...ecco a cosa la sua mente mi ha ridotto.
<Cosa...eh...cosa ricordi?>, tento di chiederle passandomi una mano sui capelli per la frustrazione.
Mi guarda passandosi una mano sulla fronte e pare che abbia gli occhi lucidi, pare che non trovi le parole oppure sta cercando solo di sforzarsi nel ricordarsi di una persona che al momento si sente morire dentro.
<Ero...ero...era tipo in una base militare, ero con una ragazza, Marine...>, mormora quasi sorpresa dalle cose che riesce a ricordare.
Stringo tra le mani il lenzuolo ai piedi del letto e spero davvero che nella sua mente ci sia spazio per me.
<E ho sentito un rumore...tipo un tintinnio, no, no...era un conto alla rovescia...>, si corregge parlando mentre Bettany si avvicina a me e si aggrappa al mio braccio.
<Poi ho spinto Marine...è crollato tutto...e...poi non ricordo più nulla...solo delle urla>, conclude unendo le mani in una cosa sola ed io chiudo gli occhi abbassando il capo sperando che qualcuno mi dica che è tutto uno scherzo.
<Fate entrare le persone che sono qui fuori>, afferma il dottore alla sua collega.
I miei genitori si fermano alle mie spalle il tanto che basta per essere notati dalla ragazza che li guarda con curiosità e che si ferma sulla figura di mia madre e le sorride.
<Ciao Maggy>, le dice chiamandola persino per nome.
Lei si avvicina sorpresa che si ricordi di lei, le afferra la mano e mia madre quasi scoppia in lacrime.
<Come stai tesoro?>, le chiede con la voce rotta ma penso che sia più per la gioia.
<Mi sento un po' ammaccata>, dice facendola sorridere.
<Papà...puoi dirmi chi sono le altre persone?>.
Sentirle dire queste parole, sentire la sua voce e sapere di essere uno sconosciuto, sapere che forse non si ricorderà mai di me o che forse quello che stavamo cercando di costruire prima fosse solo un sogno nel quale io rimarrò sempre incastrato.
<Certo...eh...lui è Thomas ed è il marito di Maggy>, inizia Costance indicando mio padre che alza la mano in segno di saluto.
<Lei è Bettany e lui è Connor, entrambi figli loro>, continua e la ragazza ferma i suoi occhi diversi nei miei.
Non riesco nemmeno a sorriderle, non riesco nemmeno a reggere questa situazione, non riesco nemmeno a capire il perché adesso i miei piedi si muovano lontano da quella maledetta stanza; non so nemmeno perché adesso che è arrivato il momento di mostrare quanto io ci tenga a lei, me ne stia andando non so ancora dove. Semplicemente lontano da lei.

<Connor>, sento qualcuno chiamarmi alle spalle mentre raggiungo il parcheggio e mi affretto a salire in macchina.
Passo una mano sugli occhi lucidi.
<Connor, aspetta>, mi richiama la voce femminile di mia sorella.
<Dove vai?>, mi chiede quando apro la portiera e aspetto fermo con un piede dentro.
<Non lo so ancora>, mormoro guardando davanti a me evitando i suoi occhi.
<Vedrai che si riprenderà presto e si...>, cerca di dire.
<E cosa? Si ricorderà di me?>, domando con voce sprezzante.
Non contro di lei, ma contro tutto questo.
<Non decide lei se ricordare o meno, non decido io, e quante possibilità ci sono che recuperi la memoria in tempo?>, continuo chiudendo lo sportello e poggiandomi contro di esso.
<Tempo per cosa?>, mi domanda perplessa e posando una mano sulla mia felpa. Sul petto.
<Prima che si accorga di quello che provo per lei o prima che sia lei ad allontanarmi>, rispondo sincero guardando il terreno.
<Ha chiesto di te prima che venissi qui>, mi svela.
Alzo il viso verso di lei ed annuisce con un piccolo sorriso.
<Ha chiesto perché te ne fossi andato in quel modo>, continua ed io resto immobile ad ascoltarla.
<Nessuno le ha spiegato che tra voi...il dottore dice che sarebbe uno shock adesso>, conclude stringendo il tessuto della mia felpa con forza.
<Non posso dirle niente...cosa mi resta, Bet?>, mormoro scuotendo il capo e posandolo sulla sua spalla che mi sorregge.
<Magari parlarle un po' ti farà bene e inconsapevolmente farà bene anche a lei>, mugugna stringendomi tra le sue braccia.
<Magari mi farà più male>, ribatto sollevando il viso e cercando di darmi un contegno.
<Smettila, Connor...vi amate>, afferma dandomi un buffetto sulla guancia.
<Noi...noi non...tu dici?>, chiedo non essendo sicuro di quello che provo in questo momento e di quello effettivamente per lei.
Annuisce sorridendomi.
<Sai, ci sono cose che niente può distruggere ed una di queste è due persone che si amano. Si ritrovano sempre>, mormora lasciandomi una bacio leggero sulla guancia prima di fare un passo indietro e di lasciarmi andare via.

Poso il viso sulle mani che si tengono forti al volante e scoppio in un pianto liberatorio, un pianto che sa si tristezza, di rimorsi ed anche un po' di colpa.
Sa di tutto quello che al momento non posso fare e di quello che non ho fatto per proteggerla.
Sa solo di lei.
Le lacrime scendono copiose lungo il viso, sono amare, salate.
<Cazzo...cazzo...>, singhiozzo.

Emma
Continuo a fissare il vuoto senza un motivo specifico.
Mi sento frastornata, mi sento a metà tra quello che sono e quello che ero prima di questo risveglio. Mi sento come se mi fosse stato portato via qualcosa, ma ancora non so cosa. Il mal di testa mi tormenta e secondo il dottore è più che normale dopo aver dormito per tante ore e il fatto che mi sforzi di ricordare persone che ai miei occhi sono perfetti sconosciuti non fa altro che far aumentare le pulsazioni.

Guardo l'orologio appeso al muro e alzo gli occhi al cielo sbuffando quando leggo che sono ancora le undici ed io ho anche già cenato da un pezzo sentendo il mio stomaco brontolare un po'.
Ho detto a mio padre che si sarebbe potuto andare a riposare adesso che la situazione è migliorata, ho cercato di mandare a casa anche Maggy, suo marito e la figlia sperando di potermi ricordare di loro un giorno, o magari li conoscerò di nuovo.
E poi c'è quel strano ragazzo, quello che mi guardava come se si aspettava qualcosa da me, come se avessi dovuto dirgli qualcosa che sarebbe dovuta essere scontata. Ho i suoi occhi un po' rossi stampati in mente, ho in mente anche il tono della sua voce e mi è venuto un groppo alla gola quando l'ho visto andarsene senza dire nulla capendo che la causa del suo comportamento sono io.

Afferro il telefono sul comodino e mi accorgo di vari messaggi arrivati nelle ultime ore: Marine, Blue, Carl. Rispondo a tutti, e non faccio fatica a ricordarmi di loro o di conversazioni avute.
Scorro la rubrica cercando di capire a che punto è la mia amnesia, se ho dimenticato altro e non solo le tre persone che erano qui oggi.

Connor.

Leggo il nome del ragazzo terzo in rubrica, schiaccio sul suo nome e piego la testa di lato e corruccio il naso trovando anche un solo momento che potrei aver condiviso con lui.
Premo sul tasto rotondo del mio iPhone e apro Whatsapp.
Cerco il suo nome e vedo che la sua chat è vuota: forse non abbiamo molta confidenza o forse l'ho cancellata precedentemente.

<È online>, sussurro sentendo le mani iniziare a sudare e sentendo anche l'ansia crescere inaspettatamente.
Continuo a fissare la chat vuota, clicco sulla sua immagine profilo e mi ritrovo a sorridere.
Raffigura il ragazzo insieme a sua sorella: lei gli cinge la vita e lui ha il viso quasi scocciato dalla posa, ma sono sicura che sia ironico.
Ritorno in chat e mi decido a scrivergli un messaggio.

"Ciao, ho trovato il tuo numero in rubrica. Ti disturbo?"

Invio e come una ragazzina di quindici anni, blocco il telefono e lo poso sulle gambe coprendomi gli occhi con le mani come se lui potesse vedermi.
Lo sento vibrare poco dopo e scopro un occhio giusto per dare un'occhiata e per cercare di leggere la notifica.

"Ciao, non disturbi. Come stai?"

Apro la chat e decido di rimanere all'interno di essa, magari parlare con qualcuno mi farà venire sonno o magari mi aiuterà a ricordare cose che al momento sanno solo di niente.

"Un po' stanca. Tu? Non volevo che te ne andassi in quel modo prima"

Visualizza subito, il blu delle spunte mi fa salire ancora di più l'ansia. Sarà che ho paura di dire qualcosa di sbagliato, di fare una gaffe.

"Sto bene, non era per te"

Certo che era per me.
È perché non mi ricordo di lui.
Perché non so chi sia.
Perché la sua voce non mi dice nulla.
I suoi occhi non mi dicono nulla.
La sua figura, semplicemente non me la ricordo.

"Non c'è bisogno di mentire, sono abbastanza sveglia da capire...anche dopo il letargo"

Cerco di smorzare la conversazione e spero che non mi prenda per una stupida.

"Non riesci a dormire?"

Sta cambiando discorso.
Non lo biasimo.

"Ho dormito parecchio, tu?"

Chiedo cercando di non far morire la conversazione.
Perché non riesco a ricordare?
L'ho dimenticato forse perché mi ha fatto del male, forse perché non è quel tipo di persona che bisogna portarsi nella vita. E suo padre? E la sorella? Cosa c'entrano loro? Tutte domande a cui non riesco a trovare risposta.

"Dormirò tra poco"

Socchiudo le labbra e forse vuole che non gli scriva più, forse sta cercando di mettere fine a questa conversazione. Non capisco se sta cercando di mandarmi via o semplicemente ha risposto alla domanda.

"Ti lascio allora, buonanotte"

Visualizza e vedo il suo -sta scrivendo- svariate volte apparire e poi sparire.
Si pente varie volte di quello che scrive.

"Notte, pulcino".

Pulcino?
Sorrido e chiudo la chat senza rispondere più.

<Pulcino>, sussurro stendendomi cercando di non aggrovigliarmi ai fili ancora attaccati.
<Non suona male>.

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