INASPETTATO

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Amber posò la guancia sulle dita intrecciate e si abbandonò pigramente sulla bozza di testo che stava correggendo. Fuori dalla finestra il primo pomeriggio d’autunno intrecciava i suoi raggi dorati all’oro e al rosso bruno degli alberi. I vetri socchiusi lasciavano entrare brezza fredda e rinfrescante all’interno del suo studio.

Era più di un mese che lavorava presso la scuderia, aveva intrecciato rapporti con i suoi colleghi con cui andava d’accordo ed inaspettatamente andava d’accordo anche con Pierre. Il che, rendeva il tutto più difficile. Inaspettato, almeno per lei era ciò che aveva provato quella mattina avvicinandosi a lui. Si era sentita letteralmente infiammare le guance, nell’aspirare il suo profumo. Le si era annodato lo stomaco, aveva sentito le ginocchia pericolosamente vicine a cedere.
In definitiva, pensava, tutto ciò che lo riguardava era inaspettato. Il velo di tristezza che lei aveva notato nei suoi occhi mentre fissava il vuoto, il modo che aveva di tenersi a distanza da lei, discreto ma risoluto, la sua voce, i suoi silenzi. Quel pomeriggio, mentre si allontanavano dall’ufficio di Frost, Gasly era stranamente taciturno. Amber aveva provato ad intavolare una conversazione, ma lui aveva risposto a monosillabi e lei aveva desistito.
Amber chiuse il quaderno, incapace di concentrarsi nella scrittura. Pensava ad un paio di occhi blu.

***
Nella stanza accanto all’ufficio di Amber, Pierre non se la passava meglio.
Lui ed Amber avevano trovato un modo per riuscire ad interagire al meglio con la stampa. Era negato, non riusciva a parlare in pubblico eppure Amber era fiduciosa. Aveva detto che piano piano ci sarebbe riuscito e gli aveva sorriso. Per un attimo si era sentito ottimista anche lui, vedendo quel sorriso che le illuminava gli occhi nocciola. Aveva desiderato essere lui la causa di quel sorriso, vederlo ogni giorno. Farla ridere, magari. Guardarla dormire.
Era stato allora che aveva capito di essere nei guai.

Pierre Gasly, non era l’inguaribile, impenitente donnaiolo che la gente immaginava, ma aveva avuto una discreta dose di esperienze. Gli piacevano le belle donne e non ne faceva mistero. Con alcune aveva avuto relazioni di qualche settimana, con altre di una notte soltanto. Dopo poco gli venivano a noia, perché erano attratte più dalla sua fama di bello e dannato che dalla sua persona. Lui non si sentiva di biasimarle troppo. Gli andava bene così. Mai nella sua vita aveva desiderato da una donna qualcosa che andasse oltre l’appagamento reciproco dei sensi.

Eppure, guardando la ragazza sorridere, quel pensiero gli era venuto totalmente spontaneo. Avrebbe dato qualsiasi cosa per trovarla al suo fianco, pensò, spegnendo il simulatore. Si sarebbe accontentato di scorgere il suo profilo illuminato dalla luce delle stelle che filtrava dalla finestra. Di sentirla respirare. La desiderava, dovette ammettere con sè stesso. Voleva divorare quelle labbra, accarezzare quella pelle così attraente e morbida ai suoi occhi, scoprire il corpo perennemente castigato dall’abbigliamento da severa professionista, esplorarlo, farlo suo. Moriva dalla voglia di sapere che sapore avesse, come suonasse la sua voce nel momento del piacere, che sensazione avrebbe provato a sentirla aggrappata a sé, nuda, finalmente libera da ogni costrizione. Si chiedeva come sarebbe stato sprofondare in lei e possederla, sentendola gemere di piacere, sentendola invocare il suo nome senza sosta.
Soprattutto, Pierre si chiedeva come sarebbe stato amarla.

Maledetta... Amber.

***
- Amber? - chiamò Pierre, bussando alla porta della ragazza.
- Avanti - disse la voce di lei, attutita dalla porta di legno
- Pierre! entra – lo invitò.
- cosa ci fai di venerdì pomeriggio in ufficio? –
- lavoro, qualcosa che dovresti fare anche tu ogni tanto -.
- lavoro il week end – disse facendole l’occhiolino. – ti va di fare una passeggiata? Voglio mostrarti una cosa – riprese poi.
- si, certo. Tanto per oggi non riesco a concludere niente – acconsentì lei, sistemando la cartellina con i documenti al lato sinistro della scrivania.

***
- Quando hai capito che volevi fare il pilota di Formula Uno? – Domandò Amber. Stavano passeggiando per il giardino all’interno della scuderia da quasi un’ora, chiacchierando di tutto. Le aveva detto che questo giardino era per lui magico. Era il suo posto preferito che usava per riflettere.
- Da sempre credo – rispose lui, mentre le camminava di fianco infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni – Amo la velocità e non ho mai fatto altro nella vita, mi ricordo quando ho iniziato, gareggiavo con un piccolo go-kart di seconda mano acquistato con una buona parte dei risparmi della mia famiglia. Adoro i miei genitori, mi sono sempre stati accanto e mi hanno sempre sostenuto sia quando andava bene, sia quando andava male, soprattutto quando andava male – mormorò meditabondo – Mia madre mi ha sempre sostenuto in tutto, è stata la prima a credere nel mio talento e quando se ne è andata… non lo so, è come se avessi perso il senso delle corse –
Amber arrestò il passo – Mi dispiace Pierre – disse guardandolo – È per questo che vuoi lasciare la Formula Uno? –
-Non solo, è un periodo in cui non va nulla. Le ultime gare sono state un disastro. Non riesco più a qualificarmi come vorrei, come dovrei – enfatizzò guardandola negli occhi – forse dovrei andarmene, non fanno più per me -.
- Non dire così! – Amber poggiò una mano sulla sua guancia, carezzandogli lo zigomo con il pollice – non dire così – riprese con voce più bassa – Tu sei Pierre Gasly, sei uno dei venti migliori piloti del mondo, se sei in formula uno da tanti anni è perché te lo meriti Pierre, hai lavorato tutta una vita per arrivare qui, non puoi buttare tutto all’aria per un momento di sconforto. Può capitare a chiunque un momento negativo nella propria vita ma questo non vuol dire che bisogna mollare! – lo guardò, riprendendo fiato per la troppa foga con cui aveva parlato – il dolore fa male, Dio se male, perdere qualcuno che amiamo è doloroso ma noi dobbiamo andare avanti, non possiamo lasciare che questo dolore ci condizioni. Pierre, pensa a tua madre, pensa a tutti i sacrifici che ha fatto per darti l’opportunità di essere qui, oggi, non sono sicura che vorrebbe che mollassi tutto proprio ora. Lei vorrebbe che continuassi. Se non vuoi farlo per te stesso farlo almeno per lei. Ti prego Pierre – concluse con la voce rotta per il groppo che le si era formato in gola – Fallo per lei, fallo per me – deglutì, con gli occhi lucidi. Una lacrima le scese dagli occhi nocciola.
-Come fai? – sussurrò meditabondo, scostandole dietro l’orecchio un ciuffo ribelle che era sfuggito dalla coda stretta che aveva fatto ai capelli.
-A fare cosa? – sussurrava anche lei. Seguendo con gli occhi le sue dita. Incantata dal suo gesto.
-Ad essere così pura, così vera. Io non so cosa dire, come ringraziarti. Sei una ragazza speciale e mai mi ero sentito così capito come in questo momento, qui con te. sei così trasparente, vera che io… -
-No, non è vero. Non sono così perfetta come credi tu – disse lei, con il nodo in gola per il senso di colpa che provava in quel momento. Ora, con la mano di Pierre sulla sua guancia arrossata per il gelo di novembre, Amber si accorse di essersi irrimediabilmente innamorata di lui. Non era nei suoi piani. Come avrebbe potuto adesso, dopo aver saputo il motivo del suo abbandono dalle corse - che le sarebbe costato la prima pagina e un avanzamento di carriera nel lavoro che aveva sempre sognato - tradire la sua fiducia?
Lo guardò, ed ebbe la consapevolezza chiara come quella di dover morire di amarlo più di qualsiasi cosa avesse mai visto o potuto immaginare. Alzò lo sguardo verso di lui, incontrando il suo che si stava abbassando verso di lei. Erano vicini. Sempre più vicini. Amber chiuse gli occhi, socchiudendo le labbra in attesa.
Pierre aveva quasi poggiato le sue labbra su quella della ragazza quando il telefono di lei, squillò.
-Scusa, devo rispondere – si giustificò, abbassando lo sguardo e prendendo il cellulare dalla tasca del cappotto che aveva indosso.
-Certo, fa pure – rispose lui, ritirando la mano dalla guancia, facendola cadere mollemente al lato del suo fianco. La magia si era interrotta.
Amber si allontanò, rispondendo alla chiamata.
“Pronto?”
“Amber sono Ross, hai novità?” 
“Ci sto lavorando” rispose lei cercando di perdere tempo. Non avrebbe mai confessato al suo capo il segreto di Pierre. Ora più che mai.
“Ti do una settimana”. Riattaccò.
Amber guardò il suo cellulare con occhi vitrei, per poi riporlo nella tasca. Fissò il vuoto cercando di riprendere lucidità.
-Tutto bene? – disse la voce di Pierre alle sue spalle.
Pierre…
-Si - disse Amber sorridendo – Andiamo, torniamo dentro - .

La gente nemmeno se lo immagina quante volte una persona può morire dentro mostrando il suo più bel sorriso.

OVERDRIVE || Pierre Gasly Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora