Ricordi.

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Apro gli occhi, e mi ritrovo circondata dal buio, colui che mi ha fatto compagnia da due mesi ad adesso. La stanza in cui mi trovo adesso è completamente diversa da quella che ricordavo; è grande, abbastanza da ospitare tre letti matrimoniali, più il mio; alla mia sinistra, una scrivania con accanto, alla sua destra, uno specchio. Verso sinistra, invece, una porta, che suppongo porti al bagno. Alla mia destra, un armadio, grande almeno il triplo di quello che avevo prima, in legno. Una libreria alla sua destra, dove sono posizionati tutti i miei libri. Davanti a me, la porta, all'infuori di essa, il nulla.

Sono in una stanza a me sconosciuta, immersa nel buio, mentre mio padre dorme al piano inferiore, e mia madre prepara la colazione, visto l'orario. Tra circa un'ora dovrò andare a scuola, pronta per abbracciare Rosie, la mia migliore amica. Il suo volto, pallido, con un sorriso smagliante; i suoi capelli, neri come la pece, a circondarle il piccolo viso.

Mi manca, ma sto andando da lei.

Senza rendermene conto, mi ritrovo nel corridoio, anch'esso diverso. Una scala di legno bianco, sostituito da un colore più scuro, lucido. Scuoto la testa, scendendo le scale. Attraverso il corridoio, lentamente, e foto di persone a me sconosciute sono appese per le pareti.

È tutto così strano, ma cosa può importarmene? Sto andando tra le braccia di mamma, devo solo fare un altro passo.

Ho freddo. Indosso un pantalone, abbastanza corto, che lascia scoperte le mie cosce e le gambe, rivestite da pelle candida, bianca, che profuma di vaniglia. Una canotta bianca, quasi trasparente, che copre il mio petto, definito dai ragazzini della mia scuola "piatto come una tavola". Ma cosa può importarmene? Darò un bacio sulla guancia di mio padre tra meno di due minuti, per svegliarlo dal suo sonno pesante.

Una luce colpisce il mio volto ed io strabuzzo gli occhi, inorridita. Davanti a me, non il solito divano vecchio, marrone, ma un tavolo, con attorno un ragazzo ed una ragazza, biondi. Non li conosco, ma continuano a fissarmi, come se fossi un alieno. Eppure non lo sono.

Mi guardo in giro, ignorando i due. Li supero, sfiorando di poco la sedia dov'è seduta la biondina, per poi entrare in cucina. Piccola, elettrodomestici nuovi, belli. Tanti elettrodomestici, invece del solito forno, con sopra il piano cottura.

Un ragazzo, capelli castano scuro, occhi neri che mi scrutano, davanti ai fornelli, con una bottiglia d'acqua fra le mani.

Lo riconosco, so chi è. E le barriere che mi ero creata, quelle piene di menefreghismo e coraggio, vengono distrutte dal suo sguardo pieno di ribrezzo e pregiudizi.

Nessuna mamma o papà per te, April.

Mi sta giudicando. Sta giudicando me, ragazzina pazza che crede ancora che i suoi genitori siano vivi, ma la realtà mi colpisce in pieno viso.

Non ci sono, non sono qui. Sono andati via, ti hanno lasciata sola. Tu sei sola.

"Che diavolo stai facendo?" urla, prendendo il mio braccio. "Vai in camera tua e vestiti!"

Ha le guance rosse, forse imbarazzato da questa situazione, anche se non so il perché, molto evidenti per la sua carnagione chiara, proprio come la mia. Proprio come quella di Jenna e mio padre.

Il paparino l'ha lasciata sola.

"Lasciami!" urlo a mia volta, spingendolo verso il lavabo. "Non toccarmi mai più, ti è chiaro il concetto?" sibilo.

Una risata di scherno arriva dalle mie spalle, seguito da un battito di mani. Il ragazzo, quello seduto davanti alla tavola in soggiorno, ghigna al mio sguardo provocatorio.

The Fallen Heart.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora