Parte 1/3

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Data: 4120 d.s., settima deca[1]

Luogo: stazione spaziale Keskel-4

L'uomo sollevò per la cinquantesima volta la coppia di tubi metallici con le quattro mani e poi allentò la presa sulle impugnature. Subito il peso degli oggetti si ridusse, a quel punto ebbe modo di mettersi agevolmente a sedere e rimise al loro posto i due attrezzi. Essendo un insettoide, non aveva il problema di impregnarsi di sudore mentre faceva attività fisica, di contro però gli unici modi che aveva per rinfrescarsi erano farsi aria o bagnare il suo esoscheletro.

Erano ormai alcune deche che si allenava quotidianamente in palestra, e i suoi sforzi stavano pian piano dando i loro frutti: entrambe le coppie di arti superiori erano tornate toniche e scattanti, le spalle e i pettorali avevano riacquisito vigore, e anche gli addominali stavano lentamente tornando alla forma passata sotto le placche chitinose. Dopo quasi quattro anni di inattività, il suo corpo si era infiacchito parecchio, però era sicuro che per quel giorno sarebbe riuscito a tornare in forma.

Lanciò uno sguardo all'orologio. Era un po' presto, ma almeno così avrebbe potuto farsi la doccia senza fretta.

Sentire l'acqua che svicolava sul suo corpo era sempre piacevole. Lavava via la fatica, rinvigorendo i muscoli e rilassando la mente. Era proprio quello che ci voleva.

Purtroppo quella sera la portata principale erano i crobboli, verdura che lui aveva sempre odiato, così dovette accontentarsi di spiluccare tutto il cibo restante dal suo vassoio.

Finito di mangiare, consegnò tutto quanto all'apposito bancone e poi andò a sdraiarsi sulla sua branda. Meno di cinque minuti dopo, le luci si spensero e la barriera energetica che chiudeva la sua cella si attivò in contemporanea a tutte le altre.

Incrociò le dita delle braccia dominanti dietro la testa e quelle braccia secondarie sulla pancia, contemplando il soffitto. Erano quasi quattro anni che tutte le sere lo osservava, in realtà senza un motivo particolare, e ormai ne conosceva tutti i dettagli: il leggero graffietto nella parte a destra, il punto annerito poco distante, una cicca lanciata probabilmente da uno dei suoi predecessori, una zona che era stata riverniciata...

Si voltò di lato. Doveva smetterla di osservare quello stupidissimo soffitto!

Abbassò le palpebre sugli occhi composti, ma il sonno non arrivò. Non se ne stupì: ci metteva sempre una vita ad addormentarsi, e come di consueto la sua mente cominciò a vagare. Almeno lei era ancora libera. Ma del resto era colpa sua se era finito dietro le sbarre. Aveva fatto degli errori, e per questo doveva pagare.

Ricordava ancora piuttosto bene il suo primo furto...

Seduto sulla panchina del giardinetto, il giovane insettoide continuava ad osservare quella borsa appesa a meno di quattro metri da lui. La sua proprietaria stava parlando con un'amica e di certo non si sarebbe accorta di lui, se avesse agito con discrezione.

Un brontolio gli giunse dallo stomaco. Era dal giorno prima che non mangiava, e il suo corpo stava protestando.

Si sforzò di guardare altrove. Non voleva finire nei guai.

Però lui era veloce, se anche si fossero accorti di lui, sarebbe riuscito a fuggire...

Di nuovo i suoi occhi si posarono sulla borsa.

D'un tratto il figlio della proprietaria si mise a piangere. Era inciampato su una radice ed era caduto, così subito la madre e la sua amica corsero da lui. Era la sua occasione.

No! Non doveva!

Ma aveva fame!

Ora o mai più!

Si alzò e con passo deciso raggiunse la borsa, con noncuranza la prese e poi si allontanò. Avrebbe voluto correre, ma così lo avrebbero scoperto subito.

Camminare, camminare, camminare...

Girò dietro una siepe e finalmente si mise a correre, più veloce che poteva. Si sentiva elettrizzato, tutti i suoi muscoli tremavano per l'eccitazione e le sue dita sembravano diventate di pietra intorno alla tracolla della borsa. L'aveva rubata. L'aveva rubata...

Si guardò intorno per accertarsi che nessuno lo stesse seguendo, quindi la aprì e subito prese il portafoglio. Non c'erano molti soldi, però se faceva attenzione sarebbe riuscito a tirare avanti per qualche giorno. Se li mise in tasca e rovistò ancora, ma non c'era nient'altro di utile. Gettò la borsa ai piedi della siepe e si allontanò, il capo chino e le mani in tasca.

Ora il suo unico pensiero era di trovare in fretta un fast-food per riempirsi lo stomaco...

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[1] La sigla d.s. indica la datazione spaziale (detta anche datazione standard). L'anno spaziale ha una durata di circa 1,12 anni terrestri e si divide in 10 mesi chiamati "deche".
Le età vengono comunque indicate secondo la durata dell'anno terrestre.


Peccato e Redenzione [da revisionare]Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz