Separazione

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Il tramonto si stava avvicinando e i ragazzi avevano lasciato le amazzoni quella mattina stessa. Nel cielo Giove si stagliava lucente come un meteorite che stava per precipitare sul pianeta, mentre Amaltea somigliava a un sassolino rosso scagliato nel cielo da un potente dio. Passò poco tempo prima che si accampassero in un spiazzo, a lato del sentiero. I soldati accesero il fuoco per tenere lontani gli animali e dopo aver mangiato si rifugiarono a dormire l'uno vicino all'altro formando una grande massa di corpi. La notte stava trascorrendo tranquilla quando ad un tratto Giove e Amaltea vennero nascosti da una grossa nuvola.

Gli uomini del dio Diocle scelsero proprio quel momento per attaccare, la loro missione era impedire a Deimos di impossessarsi dei terrestri. Scoccarono una freccia che fendendo l'aria, si conficcò sulla schiena del soldato di guardia. Poi ne partì una seconda e un'altro guerriero si accasciò a terra. Gli uccelli notturni tacquero, mentre il sibilo delle frecce continuava e uno dopo l'altro gli uomini di Goda vennero uccisi.

Jo e Alan erano rannicchiati l'uno vicino all'altra dentro al carro-prigione. Il giovane non dormiva ancora e percepí immediatamente che qualcosa di inaspettato stava accadendo.Svegliò Jo pian piano e si mise a sedere osservando le misteriose ombre che si aggiravano per l'accampamento. Ad un tratto una testa sbucò dal bordo del carro. La ragazza che proprio in quel momento stava aprendo gli occhi, trasalì per la sorpresa. Non ebbero nemmeno il tempo di inquadrare la situazione che si ritrovarono liberi.

Nel frattempo Goda dormiva al riparo nel proprio carro: una spia di Diocle si era infiltrata tra i suoi uomini e aveva provveduto a drogarlo con una potente pozione. Il dio sarebbe stato abbandonato a se stesso, stavano portando via anche i cavalli.

Da tempo ormai la città di Diocle e quella di Deimos erano entrate in aperta rivalità per il controllo del pianeta. A chi facesse maggior piacere la sfida con gli Dèi Superiori era difficile dirlo. Da tempo ormai i due erano in attesa che la sottile miccia che li divideva prendesse fuoco e la competizione per divenire il Messia rappresentava un'occasione perfetta per mettere in chiaro chi fosse il più forte.

I due ragazzi, una volta liberi, si ritrovarono sotto la minaccia di altre spade. Ubbidendo ai nuovi carcerieri, si affrettarono a seguirli nell'intrico della foresta.

Ma proprio quando gli uomini pensavano di aver concluso con successo la missione, Jo venne assalita alle spalle. La ragazza cadde a terra trascinata dal peso dell'unica guardia superstite di Goda, un semidio. Quando si voltò a guardarlo notò la freccia che lo trafiggeva all'altezza del petto. Agendo di istinto, gli sferrò un calcio alla ferita. L'uomo guaì attirando l'attenzione degli uomini più avanti. Jo tentò di ripetere l'azione ma l'uomo la immobilizzò con il peso del proprio corpo. Quando fu sopra di lei, la colpì sulla testa con la grossa mano chiusa a pugno, tramortendola.

Nel frattempo gli uomini di Diocle si erano avvicinati ma non osavano correre il rischio di ferire la ragazza, avevano ricevuto ordini molto chiari a riguardo. All'improvviso il bestione si rialzò e se la issò in spalla usandola come scudo umano. Gli uomini si ritrovarono impossibilitati ad agire e rimasero impotenti ad osservare il semidio allontanarsi. Alan mosse un passo per inseguirlo ma un uomo si parò davanti a lui bloccando la strada. Provò a superarlo ma altri lo aiutarono a immobilizzarlo. Mentre si dibatteva e chiamava Jo, il soldato di Goda scomparve tra la boscaglia.

La mattina dopo il semidio cominciò a prendere in considerazione con orrore la possibilità di star morendo. Con sempre meno forze, trascinando faticosamente dietro di sé una terrorizzata Jo, tornò all'accampamento per vedere cosa ne fosse stato di Goda e degli altri suoi compagni: non ce n'era uno che si fosse salvato e anche se qualcuno era riuscito a rimanere in vita, ci avevano pensato gli animali della giungla a dargli il colpo di grazia. Ma Goda era ancora vivo e il semidio non se n'era reso conto: quando lo vide inerte nel suo carro pensò che fosse morto avvelenato proprio come stava accadendo a lui. Il grosso guerriero nonostante l'incredibile forza, sapeva di non essere affatto autosufficiente dato che fin da piccolo era sempre vissuto in città e non si era mai ritrovato nella situazione di dover sopravvivere solo nella giungla. Dovette quindi constatare con crescente disperazione che non era in grado di sanare le proprie ferite, né di giungere fino in città da solo dato che ci sarebbero voluti ancora parecchi giorni di viaggio. Certo restava l'opzione di tornare al villaggio delle amazzoni ma sospettava a ragione che quelle donne avrebbero colto l'occasione per velocizzare la sua dipartita.

Athanatos, padroni del destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora