I 14 giorni di Irene

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La notte tra il 7 e l'8 marzo una fuga di notizia anticipa che Parma, insieme ad altre città italiane, sarebbe diventata zona rossa. Nessuno entra, nessuno esce. Sono i giorni in cui l'incubo pandemia da COVID-19 inizia a farsi concreto, incerto e pauroso. Irene deve tornare a casa, il suo aereo sarebbe partito il giorno dopo da Bologna. La valigia è ancora da chiudere ma non c'è tempo: se vuole rientrare in Sicilia, l'unico modo è scappare in fretta. Una volta a casa, la Regione ha già preso precauzioni: chi torna deve autodenunciarsi e trascorrere 14 giorni in isolamento obbligatorio. Ha inizio la sua quarantena tra pensieri, silenzi e angosce. Irene trova sollievo nella scrittura e ne nasce un diario.

 Irene trova sollievo nella scrittura e ne nasce un diario

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Finale, 9 marzo 2020

Alla mia comunità

Amici,
sono giorni fuori da ogni comprensione. L'ultimo baluardo del nostro equilibrio mentale - lo leggo - è situato nei continui richiami alla responsabilità e al senso civico. Uno degli aspetti più strani da decifrare per me sono le tempistiche: il mio richiamo alla responsabilità sui social era arrivato già mercoledì scorso, nelle vostre condivisioni invece, nelle ultime 48 ore.
Perché? C'è una percezione ritardata del fenomeno fra nord e sud. Quando il 24 febbraio è arrivata comunicazione della chiusura dell'Università, è crollato l'intero assetto della mia semplice vita a Parma: niente lezioni, niente colleghi, niente caffè, niente biblioteca o palestra. La paura mi ha fatto aggiungere all'elenco pub e uscite con amici.
Ho scelto in autonomia di limitare la mia vita sociale, ho dato fondo alla dispensa, ho smesso di prendere i bus. Le mie coinquiline hanno subito lasciato il nostro appartamento per tornare a casa e così sono presto rimasta da sola.
Nelle due settimane successive sono stata due volte al parco sotto casa quando c'era il sole e una volta al supermercato quando avevo finito il tonno e le verdure.
Ho resistito abbastanza facilmente fino pochi giorni fa, quando la prospettiva del ritorno alla normalità è svanita.
Avevo programmato tempo addietro il mio rientro in Sicilia per il 15 marzo e quello a Parma il lunedì successivo,23 di marzo. La compagnia aerea ha cancellato quest'ultimo volo. Qualcosa ha iniziato a scuotermi, non mi sentivo più padrona di niente e la tensione si ripercuoteva tutta sulla schiena. Dolori, torcicollo, mal di testa. Sono entrata in un loop di ansia e paura, mi aggrappavo solo alla consapevolezza che sarei stata presto con la mia famiglia; almeno, potevo litigare con qualcuno.
Così ho deciso di anticipare il mio volo a domenica 8 marzo. Ho chiesto a mia madre di lasciare un bagno solo per me e una stanza. Avremmo circoscritto la mia presenza in casa. E avrei osservato un altro periodo di auto isolamento per scongiurare il contagio. Bene. "Almeno ci sarò per la laurea di Anna. Almeno, poi andrò sulla statale 113 fino al mare. Almeno...": questo era il tenore dei miei pensieri.
Sabato 7 marzo intorno alle 21 il castello di carta che avevo messo in piedi per resistere a questo subdolo male, è andato in frantumi.
Il telefono scoppiava di notifiche e a mala pena sono riuscita a capire che entro poche ore sarei rimasta in trappola. Parma zona rossa.
Nessuno entra, nessuno esce.

Ho sentito le mura della casa stringersi attorno a me, gli odori farsi nauseanti, la banalità dei piccoli gesti impossibile.
Ma c'era ancora un modo: scappare.
Sbagliato. Scorretto.

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⏰ Last updated: Aug 06, 2020 ⏰

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