Adrien

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Uscito dalla finestra della mia stanza, avevo fatto il giro della casa, ed ero rientrato dalla finestra del corridoio, proprio di fronte alla mia stanza.
Lì, mi ero fermato, strisciando con la schiena contro il muro, fino a sedermi per terra.
Ero... completamente sconvolto!
Io... l'avevo baciata!
Dio solo sapeva perché, ma... l'avevo baciata!
Era stato più forte di me.
Nella mia testa, guardando quel faccino da bambolina, così terribilmente adorabile, mi era passato per testa, solo per un secondo, il pensiero di darle un bacio.
E il mio corpo, non so perché, l'aveva preso per un "via libera".
Ed era successo.
Ma ciò che più di tutto mi lasciava sgomento, era che lei...
Mi passai un dito sulle labbra, sentendo un calore improvviso in tutta la faccia.
... lei mi aveva baciato a sua volta.
Perché? Perché lo aveva fatto?
Ipocrita, da parte mia, voler cercare di capirlo. Non sapevo neanche perché l'avevo fatto io. Figurarsi, se potevo arrivare a capire perché lo aveva fatto lei!
Non capivo me stesso, e pretendevo di capire gli altri?
Mi morsi un labbro. C'era ancora quel sapore di fragola o lampone, nella mia bocca.
Mi picchiai la fronte con un pugno.
Quelle fragole e quei lamponi non sono roba tua, mi dissi.
Il tuo cuore, appartiene a un altro tipo di frutto.
Già, un dolce frutto rosso a puntini neri...
Scossi la testa, come un mulo che cercava di allontanare le mosche. Ricomponiti, mi dissi.
Non era da me, fare il doppio gioco, neanche per scherzo.
Avevo da sempre una politica ferrea, sull'argomento "amore".
A me, quei furbetti che facevano le api operaie di fiore in fiore, davano il voltastomaco.
Usare i sentimenti delle persone per divertimento, era una cosa spregevole.
Se si amava davvero qualcuno, non poteva esistere nessun altro.
E io amavo ladybug, per me era l'unica donna al mondo.
Avevo abbassato la guardia, mosso dal senso di colpa, ecco tutto.
Partivo subito a sterminio, se qualcuno faceva star male Marinette, e l'idea di essere io stesso, a ferirla, mi aveva sopraffatto.
Con quel gesto, desideravo solo darle sollievo, dimostrarle il profondo e sconfinato affetto che provavo per lei.
E lei, d'altro canto, come sopra.
Lei amava Adrien Agreste, non chatnoir.
Lei non sapeva... che quello che stava baciando, in realtà ero io.
E poi, se anche l'avesse saputo, Marinette aveva detto che mi voleva dimenticare, visto considerato che amavo un'altra e non lei.
Il suo soggetto era sbagliato, ma il concetto, ahimé, era esatto...
Niente, conclusi, tutto andava dimenticato, come mai successo.
Per il bene di Marinette, più che altro. Neanche il mio alter-ego felino poteva ricambiare i suoi sentimenti e, dio mi era testimone, non avrei mai più dato motivo a quella ragazza, di soffrire ancora.
Sarei stato, per sempre, l'amico più leale che aveva, il suo angelo custode. Punto.
Entrai nella stanza, cercando di sembrare più naturale possibile.
Per la cronaca, in fondo, ero stato portato via da villa de tulips senza preavviso, e non avevo avuto il tempo di cercarla.
Galeotto, poi, fu il gatto che me l'aveva riportata a casa.
Andai da lei, e l'abbracciai.
Mai più, ripetei a me stesso mentalmente, ti verrà fatto alcun male, lo giuro.
Mai più, permetterò che tu soffra di nuovo.
Lei mi abbraccio, esitante.
Quante volte l'avevo tenuta, così, tra le mie braccia.
L'avevo salvata più volte di chiunque altro, probabilmente.
Prima da evillustrator, poi gelatone, sua nonna, suo nonno e suo padre akumizzati.
Caspita... attirava i guai come una calamita, quella ragazza!
E quella sera, non faceva eccezione. La sua serata era stata rovinata dall'ennesimo tiro bieco del solito ignoto.
Maledetto papillon, prima o poi pagherai tutto con gli interessi, te lo garantisco...
Lasciai andare Marinette, e la guardai. Dio, quand'era carina...
No! dovevo controllarmi!
"La tua stanza è qui, accanto alla mia. Ha il bagno provato. Lì troverai tutto l'occorrente per rinfrescarti, un paio di pantofole e un pigiama dentro l'armadio... " le dissi, distogliendo lo sguardo. Le feci strada, e l'accompagnai in camera sua.
Erano successe troppe cose strane, per una sola serata. Avevo decisamente bisogno di rinfrescarmi le idee.
Mi occorreva una buona dose di sonno...
Non appena la vidi entrare nella sua stanza, però, in me scattò qualcosa di inatteso.
"Marinette... " dissi, senza riuscire a impedirmelo. "Se non hai ancora sonno... ti va di venire di là? Possiamo guardare un film, o fare due chiacchiere... "
Sbagliatissimo!
Restare solo con lei, era l'ultima cosa da fare, col caos che avevo in testa, ne ero cosciente!
Perché... perché le avevo chiesto di tornare di là?
"Ok... " rispose lei sorridendo, un po' rossa in viso. "Mi cambio e... ti raggiungo. "
Chiuse la porta, lasciandomi lì, ad insultarmi mentalmente.
Plagg, ovviamente, non tardò a dire la sua.
"E bravo, il mio ragazzo! Finalmente, fai le cose come vanno fatte!"
"Parla piano, è nella stanza accanto, potrebbe sentirti... " sibilai.
Aprii lo stipetto accanto alla mia scrivania, e presi una confezione di biscotti.
Ne lanciai uno nella bocca di plagg. "Non metterti in testa strane idee. Voglio guardare un film con una mia amica, tutto qua. Poco fa... è stato uno sbaglio."
Lo dissi più a me stesso, che a lui.
Plagg sospirò, esasperato.
"Ma perché ti complichi sempre la vita? Non hai commesso alcun crimine, dove sta, lo sbaglio? Lei non ha un ragazzo, tu non hai una ragazza. Niente vi impedisce di stare insieme, dal mio punto di vista, se vi piacete!"
Lo guardai, un angolo della bocca alzato, a mo' di smorfia.
"Lei ha baciato chat noir, non me... " gli feci notare. "Forse gli piace più lui di me, a conti fatti, chissà... "
"Sei tu chat noir, babbeo! " replicò Plagg, e mi lanciò in testa il biscotto che stava mangiando.
Stavo per acchiapparlo per poi strapazzarlo un po', ma Marinette bussò alla porta in quel preciso istante, e dovetti desistere. Andai ad aprire.
Poteva, mi chiesi mentre la guardavo, una ragazza in pigiama essere più adorabile?
Distolsi di nuovo lo sguardo, con la scusa di accendere il televisore.
Ci mettemmo sul divano, e avviai il film.
"Che film hai scelto?" Chiese, prendendo uno dei biscotti che avevo tirato fuori per zittire plagg.
"Ah, è... un thriller."
Lei si irrigidì tutta.
"Ma no, perché un thriller? È uguale a un film horror, un thriller!"
"No, macché, è un poliziesco, non fanno mica paura, i polizieschi."
"Sì, se ci sono gli assassini! Mi mettono l'ansia, e finisce che me li sogno... "
Mi venne da ridere. Che adorabile fifona...
"Gli assassini fanno sempre una brutta fine, no? Se te li sognerai, più tardi, ricordatelo, così hai meno paura."
"Se me li sognerò, verrò in camera tua e ti tirerò i piedi, come fanno i fantasmi! "
"Va bene, se stanotte avrai paura, puoi venire a dormire con me. Vedrai che qui non verrà nessun assassino, garantito."
Sentendo le mie stesse parole, per poco non ingoiai intero il biscotto che stavo mangiando.
No... non l'avevo detto davvero, vero?
Guardai Marinette. Era color ravanello.
Oh Gesù!
"No, io... intendevo dormire qui, in camera mia, non... non con me letteralmente... "
Un ictus, non c'era altra spiegazione. Una paresi celebrale, o un aneurisma.
Avevo subito dei danni al cervello, sicuramente, per farmi uscire una frase tanto idiota ed equivoca!
"Ma... ma sì, certo, era chiarissimo!" Mi disse lei.
Si, come no. Ed era arrostita per il caldo, suppongo...
Feci partire il maledetto film, per mettere fine a quel momento assurdo.
Ma non lo guardai affatto. Non riuscivo a concentrarmi, i pensieri mi assillavano.
Sorvolando sugli improbabili danni cerebrali, un motivo per il mio scompenso emotivo doveva esistere!
Ma qual'era?
Nel frattempo, pensavo a ciò che il mio piccolo kwami pestifero mi aveva appena detto.
E se plagg avesse avuto ragione?
Il dolore dei continui rifiuti di ladybug scottava sulla pelle come un'ustione, ogni volta più dolorosa.
Ero stufo di soffrire, di vedere il mio amore gettato alle ortiche.
Sarebbe stato tutto molto più semplice, se mi fossi innamorato di Marinette.
Ma sfortunatamente, non ero il tipo di persona che poteva usarne un'altra per curare le proprie ferite.
Marinette provava dei sentimenti per me. E a me rendeva felice saperlo. Finiva lì.
Il mio cuore, le mie ustioni... le avrei curate da solo, insieme al mio cuore.
Marinette, per me, era solo una cara amica.
Una scena, forse un po' troppo cruenta, spaventò a morte Marinette, che con mia sorpresa, mi volò in braccio.
Non era un film horror, sapevo che li odiava. Era un vecchio thriller, l'avevo pure già visto. Glie lo avevo anche detto, non faceva paura.
Eppure eccola lì, il naso schiacciato contro il mio sterno, terrorizzata a morte. Come le altre volte in cui aveva avuto bisogno di me, bisogno che la proteggessi.
La mia piccola, dolce, Marinette...
Rimase nascosta con viso premuto contro la mia spalla, in attesa che la scena che la impressionava finisse.
Ma nell'attesa di ciò, il sonno ebbe la meglio, e si addormentò. Me ne accorsi quasi subito... ma non mi mossi.
Attesi, invece, che il suo sonno fosse più profondo, in modo tale che, se anche l'avessi spostata, non si sarebbe svegliata.
Accarezzandole piano le spalle e la schiena, ascoltai il suo respiro farsi sempre più lento e rilassato.
Finito il film, non l'avrebbe svegliata neanche un terremoto.
Prendendola piano in braccio, ebbi un flashback della gita a Londra. E mi venne da ridere.
Hai preso il vizio di dormire su di me, eh, signorina?
Lei appoggiò la testa al mio petto, e mise una mano sul mio cuore, mugugnando, un mezzo sorrisetto sulle labbra. Sembrava un gattino.
Era... l'immagine più carina del mondo!
La posai sul mio letto, e mi girai per aprire la porta della mia stanza. Ma quando mi voltai per riprenderla, e la guardai dormire beatamente sul mio cuscino, non ebbi il coraggio di spostarla.
Mi sedetti invece sul bordo del letto accanto a lei, le rimboccati le coperte e la osservai dormire.
E mentre la guardavo respirare profondamente, lasciai la mia mente vagare per un attimo.
Accarezzando il viso di Marinette, guardandola dormire, capii che sì, Plagg aveva fondamentalmente ragione.
Marinette sarebbe stata la mia felicità, la mia gioia di vivere. Mi avrebbe amato con tutto il suo cuore, colmando la mia vita, e privandomi di ogni desiderio.
Avere lei, per me, sarebbe stato come avere tutto.
Ma il sapore amaro della realtà, coprì in fretta quello dolce del sogno.
Una realtà in cui sapevo, purtroppo, di non essere in grado di rendere felice come meritava quella dolce ragazza addormentata nel mio letto.
Una realtà in cui, anche se mi dispiaceva da morire, non potevo amarla come lei amava me.
Vorrei, pensai, sdraiandomi su un fianco accanto a lei, un nodo atroce in gola.
Avrei tanto voluto... riuscire ad innamorarmi di lei. Ma non potevo farlo.
Non riuscivo ad amare nessuno... che non fosse ladybug.
Mi alzai, quasi con rabbia, dal mio letto, e andai a sdraiarmi sul divano.
Marinette, pensai fissando la luna nascosta tra le nuvole fuori dalla finestra. Se potrai, un giorno, spero che mi perdonerai.
E spero... che tu riesca a dimenticarmi.
Mi girai su un fianco, e più triste che mai, scivolai in un sonno tormentato.
Ma poco dopo, qualcosa mi svegliò di colpo.
Un suono leggero, ma percepibile.
Mi tirai su, e guardai la mia stanza da dietro lo schienale del divano.
Quello che vidi, mi sconvolse.
Vicino alla porta della mia stanza, proprio davanti al buco della serratura, fiocamente illuminato dal chiaro di luna che entrava dalla finestra... c'era un kwami.
Non era il mio, plagg... ma lo conoscevo lo stesso altrettanto bene.
Era rosso, con delle macchie nere, e rispondeva al nome di... tikki.
Era il kwami... di ladybug!
Praticamente al rallentatore, mi alzai dal divano.
Tikki rimase ancora un paio di secondi sulla porta. Poi, improvvisamente la attraversò, e uscì nel corridoio. Silenzioso ma svelto, andai alla porta, e la aprii piano.
Tikki era ferma, nel mezzo del corridoio, e osservava ben nascosta qualcosa.
Mi avvicinai lentamente, praticamente senza respirare, per paura di essere sentito.
Missione compiuta. Arrivai quasi a toccarla, senza che tikki si accorgesse di me.
Ma un attimo prima che la prendessi, si infilò nel muro, e mi sfuggì.
Imprecai mentalmente, e voltai svelto l'angolo, per vedere dove si era infilata.
Per poco non mi prese un colpo.
Non vidi tikki, ma qualcun'altro sì.
Vidi Marinette.
Era accucciato dietro un vaso, davanti alle scale.
E lei, che diavolo ci faceva, lì?
Non mi ero accorto che non fosse più nel mio letto, quando ero uscito...
Tikki, pensai attraversato da un brivido. Non la vedevo, in giro.
Marinette... l'aveva vista?
Mi avvicinai piano, e la chiamai.
"Marinette."
Lei sussultò.
"Adrien! Cosa fai in piedi?"
Da che pulpito, pensai.
"Mi sono svegliato per andare in bagno, e ho visto che non c'eri più." improvvisai. "Sono uscito per vedere se eri tornata in camera tua, ma non c'eri, così sono venuto a cercarti, e ti ho trovato qui."
Le porsi una mano, per aiutarla ad alzarsi. Lei sorrise, e presa la mia mano, e si tirò in piedi.
"Stavo tornando in camera mia... ma ho finito col perdermi!" Rise piano, imbarazzata.
"Tranquilla, ti vi accompagno io. Ci sono stanze, in questa casa, in cui non è il caso di entrare. Stanze private...di mio
padre."
Lei annuì, e si lasciò accompagnare in camera sua.
Le diedi la buonanotte, e chiusi la porta.
Un secondo dopo, ero in piena caccia.
Se tikki era lì, milady non poteva essere lontana.
Se lo era, il suo kwami, che sapeva perfettamente chi ero, era di certo venuto a casa mia per dirmi qualcosa.
O per cercare aiuto.
Iniziai a diventare nervoso.
Ladybug era in pericolo? Tikki era venuta a chiamarmi per avvertirmi?
Girai casa mia in lungo e in largo, quella notte.
Ma tikki non c'era più.
Tornai in camera mia, nervoso e sconcertato.
Perché tikki era venuta a casa mia, per poi svanire nel nulla?
E perché si nascondeva? E da chi?
Perché non era entrata dalla finestra della mia stanza, se cercava me?
Marinette.
Il suo nome mi affiorò in mente dal nulla.
Che tikki... si nascondesse da lei?
L'aveva forse incrociata per sbaglio in corridoio, mentre cercava di raggiungermi?
No, improbabile, per non dire impossibile.
Se anche fosse successo, una volta riportata Marinette in camera sua, tikki sarebbe sbucata fuori.
E invece, pareva proprio essersene andata.
Mi infilai nel mio letto, dubbioso. Avvertì il profumo di gelsomino di Marinette sul mio cuscino, un piacevole cambiamento dal solito ammorbante fetore di formaggio.
Inalando a grandi boccate quel dolce profumo, sentii i nervi distendersi.
Non aveva senso, preoccuparsi più di tanto, pensai.
Tikki, in fondo, se ne era andata senza farsi troppi problemi, e non è anche prima di farlo avesse provato a contattarmi con chissà quanta insistenza.
Ergo, il motivo per cui era lì, non doveva essere particolarmente importante, altrimenti avrebbe sicuramente insistito.
Se milady aveva bisogno di me, tikki sarebbe rimasta per dirmelo, poco ma sicuro.
Sbadigliai vistosamente.
No, non avevo di certo motivo di impensierirmi.
Tranne, forse, per una cosa: Marinette.
Dovevo, in qualche modo scoprire se aveva visto tikki oppure no, e dovevo farlo senza destare in lei alcun sospetto.
Se non l'aveva vista, nessun problema. Se invece l'aveva vista, certamente ladybug doveva essere messa al corrente.
Ma ero quasi certo che Marinette non avrsse visto nulla. Me lo avrebbe veramente detto altrimenti.
Sì, ero abbastanza tranquillo che il mio unico dubbio, si sarebbe certamente rivelato un fuoco di paglia.
Un attimo prima di addormentarmi, mi feci un ultima domanda, ma il sonno ebbe la meglio, e rimase insoluta.
Perché, mi ero chiesto, Marinette, che si era solo persa in corridoio cercando la porta della sua stanza... era nascosta dietro quel vaso?













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