Capitolo 3

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Passai due giorni a casa perché mi ero ammalata.

Avevo preso un colpo di freddo, e di conseguenza la febbre e un fastidioso raffreddore. Nessuno ovviamente mi aveva cercato, nessuno aveva chiesto mie notizie.

Ero perfettamente consapevole di non avere amici, e non che la cosa mi faceva piacere, ma andavo avanti per la mia vita lo stesso.
Chi ha bisogno di amici quando esistono i libri? Chi ha bisogno di una romantica storia d'amore quando puoi averne una non solo romantica, ma anche frenetica, misteriosa ed eccitante su delle pagine bianche dipinte d'inchiostro?

Il mio amore per la letteratura non si poteva esprimere a semplici parole, con qualche frasetta messa lì a caso. No, non poteva essere descritto in modo così sciatto.

Passavo le ore nel mio letto a leggere.
Ogni tanto qualcuno bussava alla mia porta e spesso era mia madre, che mi chiedeva se andasse tutto bene, o mio fratello, che veniva solo a farmi le sue solite domande sulla vita. E io non gli rispondevo neanche.

Ormai tutto era così grigio, uguale.
Era sera tardi, non avevo nemmeno cenato, ma non era cosa strana per me.
Mia madre era venuta in camera mia con un vassoio, sul quale erano appoggiati una tazza di tè comprata in America e un piattino con dei biscottini alla mandorla. Non li presi nemmeno in considerazione.

Stavo quasi per addormentarmi, quando un rumore irruppe nel silenzio.
Proveniva dalla finestra.

Tirai su la tapparella cercando di fare piano per non fare rumore e mi sforzai di vedere al di fuori ma era troppo buio. Aprii la finestra ed uscii fuori sul terrazzo. Mi affacciai e due occhi azzurri ghiaccio erano lì a guardarmi. Lo riconobbi subito.

Sussurrando gli chiesi - Che ci fai qui? -

La mia voce era roca e spezzata, ma mai come la sua.

- Ho bisogno di parlarti -

Il suo tono mi fece venire i brividi. Gli dissi che non era possibile, era tardi e soprattutto non c'era niente di cui parlare. Ma lui insisteva.

- Non me ne andrò finché non scendi e parliamo - disse in tono così deciso che sapevo l'avrebbe avuta vinta.

Decisi di dargli ascolto, stavamo facendo troppo casino e non volevo che i miei o mio fratello ci sentissero. Ero in pigiama, perciò ci misi qualche minuto a cambiarmi e a scendere. Non volevo presentarmi vestita in quel modo.

Lo trovai appoggiato con la schiena sulla corteccia di un grosso albero. La luce della Luna gli illuminava metà viso mentre l'altro restava in penombra.

In quel momento, sembrava una creatura della notte. Misterioso ed enigmatico, portava con sé solo guai. E questo io lo sapevo benissimo. Lui non era persona di cuore gentile, glielo si leggeva negli occhi, freddi come ghiaccio.

- Perché sei venuto qui? E soprattutto a quest'ora? - gli chiedi cercando di sembrare il più possibile disinteressata.

Mi avvolsi più stretta nel mio maglione. Faceva davvero freddo. Fece qualche passo verso di me, allungò una mano e mi sfiorò il viso.

Il suo tocco era così leggero, mi sentivo a casa. Dentro di me stavo morendo.

- Non potevo aspettare. Avevo bisogno di vederti -

A quelle parole il mio respiro si fece affannoso. Lui aveva bisogno di vedermi. E io avevo bisogno di lui.

Non importa quanto fosse sbagliato, non importava nemmeno che ci fossimo conosciuti quel giorno. A dirla tutta, mi sembrava di conoscerlo da tutta una vita.

Una mano mi accinse il fianco destro. I nostri bacini entrarono in contatto. Volevo scostarmi ma non riuscì nell'impresa, mi teneva stretta a lui.

La sua mano era ancora sul mio viso, si muoveva dall'alto verso il basso accarezzandomi la guancia.

- Vorrei poterti toccare più spesso, Sam -

Mi ripresi dal tocco magico.

- Come conosci il mio nome? - in quel momento ero spaventata e la mia voce tremò.

Non c'eravamo nemmeno presentati.

- Te l'ho detto, noi ci conosciamo già. Solo che tu non te lo ricordi -

Un lampo attraversò i suoi occhi e raggiunse la mia memoria. Come un filo che ci connetteva.

Forse era vero quello che diceva. Non ero più sicura di quello che credevo di sapere.

Non potevo fidarmi di lui, ma improvvisamente mi accorsi che avevo la strana sensazione di conoscerlo come fosse amico di vecchia data, o forse, semplicemente a volte capita che due anime siano fatte per stare insieme, per completarsi l'una con l'altra.

Ma no, quest'ultimo non era certo il nostro caso.

Eravamo lì, a guardarci negli occhi. Guardavo le sue iridi, così chiare e limpide che avresti potuto vedere il fondo, e lui guardava le mie, così scure che potevi perderciti dentro e non saperne più come uscire.

Eppure lui era il nero, come il male della notte, come l'incubo peggiore che ti porta via il sonno.

E io ero il bianco, pura e innocente.

- Credo che dovrei andare ora - disse all'improvviso in tono cupo.

Rimasi confusa. Il suo tocco era mandato dagli dèi, e io mi sentivo beata. Ne volevo ancora.

- O forse potresti salire su in camera mia? -

In quel momento non mi accorsi nemmeno di ciò che avevo appena detto. Ero come sotto l'effetto di droga, e lui era il migliore spacciatore che avessi mai conosciuto. Non riuscivo a pensare lucidamente.

Mi voltai, aprii la porta e la chiusi piano subito dopo di me.

Avevo portato il diavolo dentro le mie stesse mura.

- - - - -

Salve a tutti, e ancora buon anno.

Innanzitutto volevo ringraziarvi di cuore per aver letto, commentato e votato gli altri capitoli.

Tengo molto a questa storia, e sono felice che piaccia anche a voi.

Non so quando aggiornerò con il prossimo capitolo perché devo ancora finire i compiti e tra poco inizia la scuola. Quindi pregate per me e ci vediamo al prossimo capitolo.

Wonderwall || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora