Prologo

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«C'è stato un lungo processo, non del tutto compiuto, affinché la cifra della relazione genitori-figli fosse l'amore. È su questo che si basa, ad oggi, il diritto ad avere figli»

«Allora? Che ne pensi? Ti voglio sincero, anzi crudele» domandai curiosa, aspettando pazientemente un oggettivo resoconto dell'articolo.

«Cosa ne penso? Che la mia amica ha davvero talento», confessò il ragazzo al mio fianco, ancora con gli occhi incollati sul foglio, incurvando le labbra in un sorriso soddisfatto. «Avvincente, stimolante, incita al cambiamento e all'auto-riflessione. Questo è ciò che chiamo "sano giornalismo", Skylar. Brava»

«Grazie»
Ero sinceramente fiera del mio lavoro. Avevo trascorso gli ultimi due giorni ad osservare quell'articolo su cui avevo sputato sangue, sudore e fatica per circa un mese. Una pagina di verità partorita dopo un doloroso travaglio di dodici ore.

«Invierai questo alla redazione?»

«Non ne sono sicura»

«Oh, andiamo. Skylar!»

«Lo so, devo darmi una mossa», sospirai, gettandomi disperatamente sul materasso. Il soffitto sopra di me era candido, ma mi sarebbe piaciuto centomila volte vedere il cielo.

Harry si mise le mani tra i capelli ricci, come faceva ogni volta che qualcosa lo innervosiva. «Non è facile scegliere l'articolo giusto. Questo è il mio biglietto da visita, la mia unica occasione per farcela, Harry. Non si parla più del giornale della scuola. Qui entra in gioco la mia carriera, il mio desiderio di scrivere, di migliorare la società. Ho...bisogno di più tempo»

Harry rimase in silenzio per un po', prima di alzarsi dalla poltrona in cui sembrava esser affondato e di raggiungermi, lanciandosi sul letto, al mio fianco.

Rivolsi lo sguardo verso di lui. Incatenai i miei occhi ai suoi. Per un attimo, lo rividi ragazzo, con i brufoli che gli coprivano buona parte del volto ed i ricci che gli cascavano disordinatamente davanti alla fronte, incorniciando così un viso paffuto e bizzarro. Gli occhi, però, erano sempre gli stessi.

«Tu non hai bisogno di tempo, Skylar. Tu hai bisogno di qualcuno che ti dica che non è così difficile come sembra. Sono qui. Te lo sto dicendo io. Sono qui»

Sorrisi.

«Lo so che sei qui. Ti vedo»

Poi il silenzio. Io e lui in un buco di camera. Dalla finestra spalancata proveniva una folata di vento gelido e l'unico rumore che arrivava alle nostre orecchie era quello del traffico e dei nostri respiri simultanei.

Il silenzio vene interrotto dal suono improvviso del suo cellulare. Controvoglia, Harry si alzò di scattò, cominciando a lamentarsi dei dolori alla schiena come un ottantenne. Afferrò il cellulare e lesse il messaggio che gli era arrivato.

«Non posso crederci. Come faccio ad essere così coglione?»

«Me lo chiedo da una vita, ormai»

«Ho dimenticato il nostro mesiversario»

«Era Natalie?»

Annuì, infilandosi rapidamente il cellulare nella tasca posteriore dei jeans e pettinandosi nervosamente i capelli ricci con le dita tatuate. «È una settimana che non fa altro se non ricordarmi di questo giorno»

«Quanti mesi sono ormai?»

«Quarantanove»

Alzai la schiena, sedendomi composta ai bordi del letto. «Non sono predisposta a fare calcoli matematici, Harry», misi i piedi per terra e mi diressi verso di lui, porgendogli la giacca. Sapevo che era pronto ad andare. «Quattro anni?»

IN REVISIONE - Tutto per il mio migliore amico (Harry Styles)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora