Capitolo 3 parte 2

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Fabio, quel Fabio, quello che mi aveva fatto vivere momenti bellissimi, ma anche colui che li aveva spezzati ad uno ad uno come si fa con la carta straccia, come quando qualcosa non ti serve più e allora la getti via. Colui che mi aveva umiliata e ridicolizzata davanti a tutta Henderson è qui, a pochi passi da me. Non posso crederci che mi abbia trovato, nessuno sa dove sono, nemmeno Giulia o Alessia. Ma lui è bravo, è bravissimo in queste cose, sa hakerare qualsiasi dispositivo, e questo lo so bene, fin troppo, ed è per questo nell'ultimo periodo mando solamente lettere cartacee, non mi fido più della tecnologia, ho la costante paura che mi spii, che veda e senta tutto quello faccio e che dico, che si inserisca nelle mie conversazioni modificandone il contenuto come è già successo in passato; non sopporterei ancora quella sensazione, non potrei sopravvivere se risuccedesse tutto; quel ragazzo mi ha fatto vacillare in tutti i campi, ma soprattutto mi ha distrutto psicologicamente. Proprio lui si sta avvicinando al bancone e io sto tremando, troppi ricordi si stanno avvicinando con lui. Alcune lacrime mi scivolano sulle guance e giungono ad inumidirmi la bocca, secca, fredda; sono lacrime amare, non di tristezza, ma di rabbia, di paura e di angoscia. Si fa sempre più vicino, la tazzina mi scivola giù e si infrange sul pavimento rompendosi in mille pezzi, non ho più il controllo delle mie mani né di qualsiasi altra parte del corpo. Al che cammina più veloce e mi raggiunge. Ho gli occhi offuscati dalle lacrime, ma proprio quando è ad un passo da me la mia mano tremante si trasforma in pungo e senza nemmeno rendermene conto sento il ruvido di un accenno di barba sulle nocche. Non capisco più nulla, sono in mezzo ad un turbine di emozioni. È strano come tutto il lavoro che avevo fatto per riprendere il controllo di me stessa si è frantumato come la tazza del caffè non appena si è aperta quella maledetta porta. Allora arriva di corsa il barista che si interpone tra di noi per evitare che compia altre stupidaggini. Non so cosa mi sia preso; e mentre ripenso a quello che era appena successo il giovane ragazzo che prima mi aveva servito la colazione riesce a proteggermi dal pugno di rimando del ragazzo. Sono disperata, tutto il bar ci sta guardando e gli sguardi mi trapassano l'anima, non sono facce sconosciute, di semplici persone nel bar di un paese che non conosco, ma si stanno trasformando nei visi dei miei coetanei di Henderson, sguardi che conosco fin troppo bene, che avrei potuto riconoscere per le innumerevoli volte che mi erano stati rivolti. Non è il tipo di sguardo che tutti conoscono, è uno sguardo carico di odio, di disprezzo, di superiorità che poche persone, penso, sanno la sensazione che ti fanno provare.

Scoppio in un pianto isterico e disperato, vorrei tanto scappare, correre via e sperare che LUI non mi segua, ma le gambe non mi reggono, non ne ho più il controllo, non rispondono ai miei ordini. Forse è perché si rendono conto che scappare ormai non ha più senso, hanno capito che se LUI è riuscito a trovarmi nonostante i chilometri di distanza, è sicuro che possa ritrovarmi dato che ora siamo nella stessa città. O almeno così penso io. All'improvviso smetto di piangere, perché capisco non devo dimostrargli che LUI ha ancora tutto quel potere su di me, so che LUI vorrebbe che mi mostrassi debole solo per poi riprendermi con sé e farmi passare per la seconda volta l'inferno. Riesco quindi a calmarmi, e appena le ultime lacrime abbandonano i miei occhi e la vista diventa chiara e finalmente guardo negli occhi il giovane che si trova di fronte a me, con il ghiaccio sulla guancia dove poco prima lo avevo colpito le mie gambe tremano. Non ci posso credere, non è possibile. Gli occhi sono verdi, non nocciola come i SUOI, ma di un verde acceso, brillante. Allora cerco di guardarlo meglio, non è possibile che mi sia sbagliata di così tanto. I capelli hanno il taglio simile al SUO e anche la corporatura è la SUA, ma non è LUI, LUI è più basso, e molto più muscoloso del giovane vicino a me. In più effettivamente i capelli sono molto più chiari del nero pece che LO ha sempre caratterizzato. Questo vuol dire che lui non è Fabio, ma un tizio sconosciuto che ha la sola colpa di assomigliarGLI. Non so che cosa fare, che cosa dire, non so più nulla ormai. Quando il barista si accorge che non sto più piangendo, mette via la scopa e la paletta con la quale aveva raccolto i pezzi della mia tazzina e mi si avvicina. Con uno sguardo dolce e comprensivo mi domanda come sto. "Bella domanda", penso tra me e me, come sto? Sono distrutta dentro, ho il cuore in mille minuscoli pezzettini, l'anima che soffre come se fosse trapassata da aghi affilati, la testa che ripercorre ogni sensazione e ogni pensiero che LUI mi ha fatto provare, a tutto quello che mi ha fatto, distruggendomi così ogni volta di più. Rispondo che sto bene, e mi scuso con il giovane a cui avevo tirato un pugno. Dico che è stato tutto un malinteso, che pensavo fosse un'altra persona, pago la colazione e scappo via verso l'appartamento. Sono passati pochi giorni da quando sono arrivata, e ho già tirato un pugno ad un perfetto sconosciuto e pianto istericamente in un bar, attirando l'attenzione di tutti. Bel modo di iniziare questo nuovo anno.

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⏰ Last updated: Jul 06, 2020 ⏰

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L'anno che mi cambiò la vitaWhere stories live. Discover now