25. Non c'è due senza tre

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Cammino per pochi metri prima di rendermi conto che ad una delle numerose tombe davanti all'entrata, piegato in avanti propenso sulla pietra, vi è Allen. La mano sinistra non appoggiata alla tomba gli copre gli occhi, sembra stia piangendo.

Una morsa mi stringe il petto. Non pensavo avesse perso qualcuno, forse per questo sta male. Mi avvicino non potendo farne a meno, non dovrei invade questo momento, non vi appartengo.

Mi fermo a pochi metri di distanza lasciandolo da solo, vederlo in questo stato mi lascia una sensazione di inadeguatezza che raramente ho provato. Le lacrime rapprese di prima vengono lavate via da altre, devo trattenermi per non scoppiare. Sono una tale egoista da non essermi mai resa conto dei suoi pensieri, del suo dolore tanto simile al mio.

La sua vista mi fa male, in un modo totalmente diverso da quello della tomba di mia nonna. Le spalle ricurve, i capelli totalmente scompigliati e lo zaino abbandonato per terra, distante da lui. Il senso di inadeguatezza si fa sempre più forte, non dovrei esser qui, non avrei dovuto vederlo.

Doveva raccontarmi lui la verità, non merito di venirla a scoprire così. Sfrego con violenza il mio viso bagnato e correndo via prego che non mi abbia notato. La sfortuna si è forse alleata con la coincidenza? O è solo opera della prima?

Corro fuori dal cimitero, lasciandomi alle spalle il tanfo di morto e terreno fresco. Guardo con rammarico la sua moto e mi fermo sulla panchina davanti alla fermata dell'autobus. Non mi aspettavo di trovarlo qui ed evidentemente lui non era a conoscenza della mia presenza.

Chissà chi starà visitando. Forse un parente molto importante sembrava troppo disperato per non aver alcun legame speciale col defunto. Mi mordo l'interno guancia e stringo gli occhi in due fessure, non sono affari miei, allora perché non riesco a smettere di penarmi?

Vorrei tornare dalla nonna e chiederle consiglio, anche se lei non può rispondermi, solo sentire la sua presenza in qualche modo può aiutarmi.

Il mio spirito per qualche motivo è affine a quello di Cross, o almeno è quello che avrebbe detto lei. Io riesco solo ad inquadrare entrambi come due ragazzi colti impreparati dalla durezza della vita.

Forse quella sepolta era sua nonna, un amico di vecchia data, una fidanzata. La verità è che io di lui so poco e niente, ho scalfito solo la superficie di Allen Cross. Il mitico ragazzo della porta a canto, stereotipo americano. Per qualche motivo, nonostante l'evidente realtà che ci viene posta sotto il naso da lui stesso, penso che questo ragazzo non sia affatto così. La sua vera natura è nascosta e raramente viene rilasciata.

Il ragazzo che ha lasciato quella lattina, il ragazzo che ha visto in me qualcuno di simile a sé, è quello il vero Allen Cross; quello che è venuto in ospedale per me, quello che piange sulla tomba di un caro e quello che mi ha portato nel suo posto speciale.

Forse in fondo sto solo reclamando su di lui diritti che non ho, il momento a cui ho assistito poco fa non mi apparteneva. Egoisticamente nonostante ciò lo tengo stretto a me, come un ricordo significativo ed importante.

Quando l'autobus arriva, e diversi minuti dopo mi ritrovo di fronte alla scuola, mi sento molto più incasinata rispetto a sta mattina. Vedere la tomba di mia nonna, assistere a quella scena intima che apparteneva solo ad Allen, mi ha spinto se possibile ancora più vicino al fondo delle scale, alla caduta.

Vorrei solo tornare a casa presto e controllare mia madre, non c'è due senza tre e ho paura che oggi quel tre sarà lei. Purtroppo, contrariamente ai miei programmi, sono bloccata per metà pomeriggio al corso di biologia. Ho stretto un patto con il professor Been e per quanto mi scocci non posso perdere l'anno.

Ho provato ad ascoltare le lezioni ma come sempre riesco solo a perdermi fra i miei pensieri, tutt'altro che positivi nell'ultimo periodo. L'uragano in cui mi sento prigionieri si fa più consistente in questi momenti.

Come il cielo a mezzanotte حيث تعيش القصص. اكتشف الآن