Capitolo 10 - Sulla strada di casa

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La sua camera da letto gli assomiglia molto: elegante e virile, e con un tocco di sensualità che traspare dai dettagli. Le pareti sono scure, come le lenzuola del grande letto su cui sono inginocchiata. C’è una luce morbida, molto calda che credo provenga da piccole lampade incassate direttamente nella boiserie. La mia mente registra questi particolari in modo marginale: in realtà ogni mio senso è assorbito da lui, dalla sua bocca, ancora sapida di champagne, di nuovo sulla mia. E anche se non c’è più l’urgenza di prima, c’è voglia di incontrarci ancora, di assaporarci a fondo, di trovare conferma a quella meravigliosa armonia che abbiamo sperimentato prima di cena.
Stavolta è il mio turno di aiutarlo a spogliarsi dopo essermi liberata della sua camicia. Lo vedo deglutire a fatica e passarsi piano la lingua sulle labbra, quando i sui occhi si posano nuovamente sul mio seno nudo ma gli appoggio una mano aperta sul torace, per pregarlo di attendere e mi ascolta: mi sollevo sulle ginocchia e lo aiuto a sfilarsi la maglietta,  ritrovando con un brivido la sua pelle sotto ai palmi, tiepida e viva.
Il suo corpo parla di lui, dell'uomo forte e duttile che è: un corpo ancora tonico e muscoloso, a rivelare la cura per la propria persona, ma morbido dove l’età lascia più spesso il segno, specie nel corpo maschile, a parlarmi di un uomo che accetta gli anni che passano con la serenità di chi sa viversi appieno. Accarezzo lenta il torace, poi scendo piano fino all'allacciatura dei calzoni, che sciolgo e che lui sfila insieme ai boxer, con un movimento fluido delle belle gambe, dritte e robuste. Di nuovo, siamo nudi e vicinissimi. E di nuovo un richiamo ancestrale e potente ci spinge a toccarci, bisognosi di sentirci.
L'intimità pressoché totale che condivido con questo corpo che conosco appena, ma che mi pare di conoscere da sempre, è così facile e naturale da lasciarmi senza fiato: sembra quasi un ritrovarsi, il nostro, un ricomporsi della nostra pelle nel mescolarsi l’una all’altra, un'affinità rara e preziosa.
“Se credessi al karma” sussurro sulla sua bocca “direi che ci siamo già incontrati ed amati in un’altra vita”
Non gli è difficile seguire il filo dei miei pensieri, evidentemente questa nostra intesa a fior di pelle è qualcosa che percepisce anche lui “Non so nulla del karma,” mi risponde e le sue mani grandi e calde  tornano piano su di me “ma sono immensamente felice di averti incontrata ora, in questa vita…”
Ora tutto è lento, assaporato. Labbra e mani sulla pelle, senza fretta, e baci bagnati lunghi e morbidi, a conoscere ogni parte del corpo. Respirarsi addosso, per riconoscersi nell'odore dell'altro, e gustarsi, uno nella bocca dell'altra. Attenderlo, infuocata da tocchi sapienti e carezze lentissime, risentirlo dentro e ritrovare nel suo viso accostato al mio, e nella sua bocca lo stesso bisogno di osare, di sentire tutto: le sue spinte lente, e poi la sua bocca a sostituirle, e poi di nuovo la sua durezza calda. E la sua voce rauca e impudica all'orecchio, quasi una preghiera: “Lasciati andare, ti prego” Cerco il suo sguardo, un po’ nascosto dai capelli che gli spiovono sugli occhi, vicinissimo al mio: le sue pupille sono voragini scure di desiderio, illuminate da una minuscola fiamma di coscienza: è quella ad avergli suggerito  di domandare la mia resa. In qualche modo ha compreso che non gli ho  donato davvero tutto quando ci siamo amati prima. Che se il mio corpo lo aveva seguito nei meandri rosso fuoco del piacere, la mia anima era rimasta al riparo, non aveva accettato di scoprirsi, di regalargli quella fusione completa che invece il suo spirito reclama. Mi manca il fiato, ora e non solo per il suo incedere che si sta facendo sempre più incalzante. Non so se ci riesco Giuseppe… Dio solo sa quanto già ti ho concesso in più rispetto a ciò che mi ero imposta come limite … non sai quanto ti sto permettendo di entrarmi nel sangue, sotto la pelle…quanto sei vicino a scardinare le difese della mia anima…
Aumenta ancora il ritmo, e ogni suo gemito è il mio nome.
Lascio andare le braccia alte sopra la testa e abbandono il mio corpo al tuo. Accetto la tua voglia di me, lascio che mi porti a godere, mi lascio gridare e chiamarti. Non voglio altro che te, adesso, il mio e il tuo piacere, niente altro. Ma la mia anima, perdonami, ancora non sono pronta a donartela tutta…
Dopo restiamo allacciati a lungo, in attesa della quiete del respiro, che sopraggiunge insieme al languido abbandono della coscienza. Mi stringo a lui più che posso, percorsa da un alito di freddo e lui drappeggia su di noi le lenzuola scure. Poi cerca la mia fronte con le labbra e deposita il mento fra i miei capelli. “Voglio tutto di te, Anna…tutto” credo di sentirgli sospirare, ma non posso esserne certa, cullata come sono verso il sonno dal calore del suo corpo.

Mi sveglio all'improvviso, in una penombra che non riconosco. È il profumo di Giuseppe a riportarmi alla memoria il posto in cui sono e tutto ciò che in quell'appartamento si è consumato. Ci metto un istante ad orientarmi, poi ritrovo la posizione della finestra e mi sfugge un piccolo sospiro di sollievo: fuori è ancora buio, non ho trascorso tutta la notte fuori casa. I miei movimenti hanno svegliato anche lui, che a tentoni cerca la mia spalla e prova a riportarmi sul suo petto. “Qualcosa non va?” domanda dopo esserci riuscito, carezzandomi il braccio nudo. La sua voce ha un meraviglioso tono assonnato e soddisfatto e un po’ mi dispiace per ciò che sto per dirgli. “Va tutto bene ma vorrei sapere che ore sono…e vorrei tornare a casa”
Prende un respiro profondo, poi cerca di nuovo i miei capelli con le labbra. “Devi proprio? Speravo potessi rimanere qui, stanotte”. Sporge il braccio fino al comodino e accende una piccola abatjour poi si stiracchia voluttuoso “le due e trentacinque” sussurra con un sospiro “davvero un peccato che tu voglia già andar via”
Sospiro anche io, e bacio a mia volta il suo bicipite “Mi piacerebbe restare, ma Carlotta ha scuola domani e voglio esserci quando si sveglia. E poi non…” mi ingarbuglio, nel tentativo di confessare quanto sarebbe imbarazzante sostenere lo sguardo dei miei figli se mi scoprissero a rientrare a giorno fatto, e lo sento ridacchiare una risatina di gola, bassa quanto la sua voce. “Capisco… dammi il tempo di fare una doccia e ti riaccompagno.”   Mi stringe ancora stretta e aspira forte il profumo del mio collo, poi con una mossa fluida si mette seduto, i piedi giù dal letto “ Non è il caso che mi accompagni, è così tardi…” provo a dire alla sua schiena, mentre si alza “potremmo chiamare un taxi…”
Lo sento rispondere qualcosa ma il senso delle parole si perde nel rumore d'acqua della doccia: proverò a riproporgli la mia idea dopo, quando uscirà dal bagno. Mi avventuro in soggiorno per recuperare i miei vestiti, le scarpe e il fermaglio per i capelli e sto lottando con la lampo, contorcendomi per riuscire ad agganciarla, quando lo percepisco alle mie spalle. Sento le sue dita scacciare lievi le mie e portare facilmente a termine l’operazione, poi mi deposita un bacio leggero alla base del collo, procurandomi un piccolo brivido. “Prima non ho fatto in tempo a dirti quanto eri sofisticata ed elegante, vestita così… saresti stata perfetta anche per Chigi, credimi” Mi giro nel suo abbraccio e lo guardo: è drappeggiato in un accappatoio scuro e profuma di bagnoschiuma al sandalo, amaro e buonissimo. Gli accarezzo piano il viso, poi deposito un bacio lieve sulle sue labbra. “Sei un adulatore bugiardo,” gli sorrido “e in ogni caso sono felice che tu non mi abbia portato…là.” Sono sicura di arrossire mentre concludo “Non credo sarei riuscita a…a…” Lui ride, un'altra delle sue irresistibili risate “Chissà” mi sussurra “ magari invece la scrivania presidenziale avrebbe scatenato i tuoi istinti più nascosti!”
Rido anche io e gli allungo un buffetto sul braccio, prima di sciogliermi da suo abbraccio e finire di sistemarmi. Mentre termino di pettinarmi torno a ribadirgli l'idea di chiamare un taxi, ma lui la scaccia con un gesto della mano “Mi fa piacere accompagnarti…è un modo per restare ancora un po’ insieme."

Poco dopo siamo sulla sua auto, la stessa che ricordo di aver visto parcheggiata sotto casa mia, quando è venuto a cena da me. Mi piace questo suo rigore, questo suo non approfittare di ciò che è, quando non sta esercitando il suo ruolo istituzionale. “Sarei venuto anche a prenderti di persona” mi dice, appoggiando la mano sul mio ginocchio, stupendomi di nuovo, per quanto i nostri pensieri siano in sintonia “ma non ho proprio fatto in tempo, ho avuto una giornata infernale. È solo per questo motivo che ho delegato Giovanni che poi, in fondo, dopo tutti questi anni è quasi un amico” Sorride, e scala abile le marce, pigiando sull'acceleratore “Lo sono tutti in realtà, anche quelli che abbiamo dietro…” Quasi in risposta al suo accelerare ed al suo ammiccare nello specchietto, la macchina che ci segue lampeggia con i fari e ci lascia fuggire in avanti. “E non sono mai riuscito a seminarli” ride ancora, continuando ad accelerare “malgrado ci abbia provato molte volte!”
“Vuoi dire che…?” chiedo voltandomi verso di lui, un’espressione incredula sul viso “ È la mia scorta,” sospira platealmente lui “va ovunque vado io” Mi sfugge un piccolo singulto, a mezzo tra una risata e un singhiozzo: “Oddio! Mi odieranno… Li ho fatti uscire nel cuore della notte… “La sua mano lascia lo sterzo e ritorna, caldissima, sulla mia gamba, le dita che si muovono piano “Non ti odieranno affatto: sono abituati a cose ben peggiori! Non sai le volte che hanno dovuto seguirmi durante le mie uscite notturne in moto, spesso arrivando fino al litorale: è uno dei modi che preferisco per schiarirmi le idee e sciogliermi i nervi, quando sono sotto pressione”
C’è pochissimo traffico e possiamo permetterci di chiacchierare ancora, la radio in sordina e una Roma addormentata e bellissima, fuori dal finestrino. Mi racconta di quanto sia stato faticoso abituarsi a vivere sotto ai riflettori, continuamente valutato e soprattutto continuamente giudicato nell'accezione peggiore del termine, stravolgendo sempre ogni decisione, distorcendola in qualcosa di negativo, comunque sempre contrario al bene comune, anche quando i fatti, a posteriori,  avevano parlato chiaro. “Ma, si sa,” conclude con un sorriso mesto “le conclusioni non le considera mai nessuno. Si urla forte un sospetto ma si bisbiglia appena la verità. “
Torna ad impugnare saldo il volante, quasi a sottolineare il peso delle sue parole “Rifarei tutto quanto, comunque. Rifarei ogni scelta, riprenderei ogni decisione. Non ho mai fatto nulla che non sia stato attentamente ponderato. Non mi sono mai pentito di ciò che ho fatto per il mio Paese. Certo, alcune cose avrei voluto che il destino me le risparmiasse…ma non ho conflitti con la mia coscienza, la notte. Sono certo di aver fatto del mio meglio”
Gli sorrido, e spero che riesca a vederlo, perché un piccolo nodo in gola mi impedisce di parlare. So a cosa si riferisce quando parla di avvenimenti che non avrebbe voluto dover vivere, ne abbiamo parlato già una volta ed è un argomento che fa male ad entrambi. Forse per quello, perché per la grande sensibilità che lo anima, comprende il mio turbamento prova cambiare discorso, pur continuando a parlarmi di sé e del suo lavoro.
Mi racconta di una serie di incontri spinosi che lo attendono il giorno successivo, con i delegati rappresentanti di alcune aziende in difficoltà. Mi spiega come per affrontarli al meglio abbia fatto tardi, a studiare nel dettaglio ogni singolo fascicolo. E di come, malgrado le ore passate sui documenti, dovrà rivedere i suoi appunti, prima di incontrarli, quindi dovrà arrivare in ufficio davvero presto. D’improvviso ci rendiamo conto con una piccola risata che in realtà al nuovo giorno, e all'inizio della sua impegnativa giornata, mancano ormai solamente una manciata di ore. È il mio turno di serrare le dita alle sue, strette al pomolo del cambio.
“Mi dispiace” sussurro, e mi sporgo a depositargli un bacio sulla guancia “avevi bisogno di riposare, non di scarrozzarmi in giro. Ecco perché avrei preferito un taxi”
“No, tranquilla...come ti ho detto non sono nuovo a nottate in macchina, o in moto…mi piace guidare, mi rilassa” Raccoglie le mie dita e se le porta alle labbra.
“E credimi, il taxi sarebbe stato una pessima idea” sospira, mentre lascia andare le mie dita ed accosta: casa mia è dall'altro lato della strada.
“Davvero? “ domando sganciandomi la cintura. “E perché mai?” Lui sorride, rassegnato “Perché il mio indirizzo è di dominio pubblico. E una chiamata alle tre di mattina per prelevare una persona a casa mia avrebbe di sicuro allertato chi vive di scoop.” Riavvolge le mie dita fra le sue e stringe forte “Domattina i social e tutti i giornali sarebbero stati tappezzati con la tua fotografia… e non so se a te avrebbe fatto piacere..”

Il significato profondo delle sue ultime parole ci mette qualche istante a permearmi. Quando mi apre galantemente la portiera ancora non ne sono completamente consapevole, è semplicemente una sensazione sgradevole alla base della nuca, che il suo sorriso riesce quasi ad annullare. Sento il calore della sua mano sul fianco, quando insieme attraversiamo la strada e il sapore ormai conosciuto della sua bocca quando mi cattura le labbra per un bacio lungo e dolce, davanti al cancellino dell’ingresso. Ma sento anche il rimbombare delle sue parole di prima, che si fa strada nella mia testa e quasi ottenebra il calore della sua voce che mi chiede quando potremo rivederci, augurandosi che sia prestissimo, dipendesse da lui verrebbe a prendermi per un caffè tra due ore.
Riesco a sorridergli, a rispondere al suo bacio, a omaggiare le deliziose fossette comparse sulle sue guance con una carezza. “Ci sentiamo,” gli sussurro “chiamami tu”
Poi nuovamente la sua voce di prima, quella che si sovrappone alla dolcezza di quella di adesso, con la quale mi sta dicendo quanto sia stata meravigliosa la serata, ritorna con il suo spaventoso carico di verità e invade, come gelo liquido, ogni cellula della mia pelle. È così potente che temo quasi Giuseppe possa percepire il freddo che mi pervade quando si china per baciarmi un'ultima volta e lascia le mie dita. Perdere il conforto del loro calore lascia spazio in modo definitivo al gelo che mi ammutolisce: quando mi saluta con il più caldo tra i “Buonanotte” non so nemmeno rispondergli.

Paturnie in avvicinamento, temo…


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