«Capisco che sei piuttosto scossa, ma io e te dobbiamo imparare ad andare avanti. Se si rimane per troppo tempo ancorati al passato si rischia di perdere di vista il futuro...» Sospirai. «Se pensi troppo al nostro rapimento chiuderai la mente e non riuscirai neanche a pensare ad un solo modo per andarcene da qui. Bisogna essere forti mentalmente per sopravvivere in un posto come questo e sperare un giorno di andarsene...»

Mi rivolse uno sguardo malinconico. «È impossibile. Noi non riusciremo ad andarcene»

Rimanemmo in silenzio per un po' a contemplare il cielo nuvoloso e dei filetti di erba tagliati alla perfezione. Chiunque fosse il giardiniere, era un uomo che sapeva fare perfettamente il suo lavoro.

Eleonora si voltò a guardare il gruppo di ragazzi vestiti di nero e ruppe il silenzio. «Marisol ti ha spiegato chi sono?»

«Sì» risposi. «Per rendere l'idea ti dirò che sono un incrocio tra la versione economica degli shadowhunters e degli assassini che si sentono superiori a tutto e a tutti» spiegai utilizzando un po' di ironia per sdrammatizzare. «Detto seriamente: sono un gruppo di Elitari armati dal quale bisogna tenersi alla larga, soprattutto se si è appena arrivati. Qui vige la legge del più forte e i novellini appena arrivati saranno sicuramente soggetti a nonnismo, una sorta di bullismo da parte dei più grandi»

«E perché?»

«Perché qui è così, come anche il mondo. Più sei debole e più ti schiacciano, ecco perché non bisogna mai mostrarsi vulnerabili soprattutto in posti come questi...»

«Hai visto dei documentari sulla vita in prigione?»

«Sì, da cosa l'hai capito?»

Ridacchiammo andando verso il nostro gruppo che si era riunito vicino all'entrata.
Tutti erano attorno a Martin che stava facendo vedere il suo meraviglioso giglio blu.
Appena lo vidi ebbi una strana sensazione di deja vu, ma mi ripresi subito dopo sorridendo al mio nuovo compagno.

«Che bel fiore, per chi è?» chiesi.

Martin arrossì imbarazzato. «È per una ragazza del gruppo 1... Ci conosciamo ormai da nove mesi e mi piace davvero troppo»

Fu triste sapere che Martin, un ragazzo così dolce e innocente, era stato per più di nove mesi in quel posto orribile.
Ma la domanda principale era: come si poteva resistere così tanto in un posto del genere mangiando ogni giorno del cibo insapore e assistendo a delle lezioni noiose e complicate?

Isabelle gli scompigliò i capelli e lo abbracciò forte. «Sei dolcissimo! La fortunata che riceverà questo bellissimo fiore si sentirà incredibilmente onorata»

«Isabelle... Soffoco!» disse l'altro con voce strozzata.
Lo lasciò andare e insieme si sedettero per terra.

Martin mi porse un filo di metallo preso dalla rete di ferro in fondo. «Tienilo, facci ciò che vuoi. L'ho trovato per terra e mi sembrava figo, ma ho una dama a cui donare un fiore»

Lo presi in mano mostrandogli un sorriso forzato. «G-grazie»

Non avevo la minima idea di che farci.
Poi mi venne in mente un ricordo. Mia madre mi aveva insegnato poco tempo prima a modellare i fili di alluminio con le pinzette. Avevo fatto un fiorellino, la cosa più semplice.
Ma volevo mettermi alla prova quella volta. Niente pinze, solo la forza delle mie piccole dita e la mia immaginazione.

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