Prologo

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Il cielo sopra i templi neolitici di Ggantija appariva velato, quel giorno. Ed era strano, perché durante l'estate sull'isola di Gozo, come nel resto del piccolo arcipelago maltese, di rado si vedevano nuvole.

Allungai una mano verso quell'azzurro sfocato. Oltre le mie dita affusolate e pallide una sorta di tremula pellicola trasparente si tendeva, come una cupola d'acqua saponata, tra la terra e la volta celeste, offuscandola.

Chiamavamo quella bizzarria "Emisfero" proprio per via della sua forma, che ricordava una mezza sfera vuota. E quella che copriva tutta l'isola di Gozo, inclusa una parte di mare, sembrava particolarmente resistente.

Al suo interno la corrente elettrica andava e veniva, i cellulari non prendevano e le comunicazioni, eccetto quelle che avvenivano su determinate frequenze radio, erano interrotte.

Con la schiena premuta contro uno dei megaliti del tempio in cui mi ero nascosta, cercai di prendere fiato. Sporgendomi lentamente per guardare al di là dell'enorme blocco di pietra calcarea, scorsi la figura fumosa che avanzava lungo una delle passerelle riservate ai visitatori del sito archeologico. Distante da me almeno una ventina di metri, stava fiutando l'aria, alla chiara ricerca delle mie tracce.

Abbassai gli occhi sul palmo della mano destra, guardando il nastro tatuato che si avvolgeva a spirale in senso orario intorno a un punto centrale.

La ricetrasmittente ronzò all'improvviso e la voce del mio caposquadra mi fece sobbalzare: – Shanti? – mi chiamò. – Shanti, sei dentro?

 Guardai ancora una volta la cupola dell'Emisfero sopra di me. – Sono dentro – dissi, dopo aver schiacciato il tasto di trasmissione. Senza staccare gli occhi dalla creatura che continuava a ondeggiare nell'aria come vapore oscuro, mi assicurai la ricetrasmittente alla cintura, poi mi voltai verso la ragazza inginocchiata accanto a me.

– Clio? – la chiamai.

Lei alzò lo sguardo su di me. I suoi occhi avevano le stesse sfumature del cielo che ci sovrastava; il viso era candido, affilato, di una bellezza disarmante.

Quando si alzò in piedi, il corpo snello, fasciato da un'attillata tuta scura simile alla mia, si mosse con eleganza. Dopo aver camminato per una decina di metri, si fermò esattamente di fronte all'essere che appariva inconsistente come fumo. I lunghi capelli color porpora le ondeggiarono sulle tempie.

Io cominciai ad avanzare. Fissai quella nube che si gonfiava all'improvviso, spaccandosi al centro per rivelare una creatura di dimensioni spaventose, un corpo deforme dal volto bellissimo, identico a quello di Clio.

La differenza stava negli occhi, due orbite vuote e cieche, e nella bocca che, aprendosi in un diabolico sorriso, attraversava quel viso da un orecchio all'altro mostrando una duplice fila di denti aguzzi.

Malgrado l'essere si ergesse su di lei, Clio restava ferma, in attesa.

Ma non dovette aspettare per molto.

La creatura emise un urlo stridulo, poi scattò in avanti, spalancando le fauci. Era stata così precipitosa, e ingorda, da non accorgersi della mia presenza, ormai alle spalle della ragazza dai capelli color porpora.

Quando mi vide con la coda dell'occhio fu troppo tardi: aveva già richiuso la bocca intorno al corpo di Clio.

– Brava bambina – sorrisi, tendendo la mano destra nel vuoto. Il tatuaggio a forma di spirale parve acquistare peso tutto d'un tratto. Avvertii chiaramente nella carne l'avvitamento di quel sottile nastro dipinto sotto la pelle, e una lieve scia di sangue danzò ben presto nell'aria disegnando le trame di un raffinato pizzo scarlatto.

Golem's BreathHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin