Leroy Merlin

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Mi ritrovo a pensare a come ero con te, come mi comportavo. Cosa facevo con te, cosa facevo per te e cosa facevo per noi, un noi che non c'era, non è mai esistito. Non almeno come avrei voluto io. Chissà se mi rivorresti come amico nella tua vita. O almeno come conoscente, come qualcuno da poter salutare col sorriso e un cenno della testa quando lo vedi in giro per strada, in un negozio, o per i bar.

Quella volta a Leroy Merlin ci sono andato solo per vedere te.

Avevo un progetto: costruire un posacenere/cestino, come quelli che si trovano fuori dai bar o dai ristoranti, per la pizzeria dove lavoro. Avevo buttato giù un'idea, calcolato le misure. E mi ero anche impegnato.

In teoria l'idintenzione era di prendere delle assi di legno e avvitarle ad ogni angolo di una base quadrata, anch'essa di legno. Altre due assi, questa volta più piccole, da mettere incrociate come sostegno alla struttura e sopra metterci un classico vaso da fiori ma riempito di sabbia, in modo tale da poterci spegnere le cicche.

"Te lo costruisco io Sam", il mio capo. " Lo facciamo ecologico e che sia anche bello da vedere, anche l'occhio vuole la sua parte!"

"Va bene Stiwes" così mi chiama lui "domani ti vado a prendere il materiale. Cosa ti serve?"

"Ma va Samu, figurati! Faccio un salto io domani da Leroy Merlin così dò un occhiata ai prezzi e vedo se riesco a realizzare quello che ho in testa: qui dentro ormai è già montato e pronto da usare!" battendomi l'indice sulla tempia.

Sono sempre stato così: se mi faccio un'idea di come sarà qualcosa, qualsiasi cosa, voglio occuparmene io, senza influenze esterne. Il progetto è mio e il materiale lo vado a prendere io.

In quel periodo pensavo tanto a te. E trovarmi nel tuo luogo di lavoro "fa che lavori ancora lì" ho pensato, e incrociarti per caso mentre sbrigavo delle commissioni per poter scambiare due chiacchiere era una fantasia perfetta. Ne ero sicuro: tutto sarebbe andato nel migliore dei modi, come mi ero immaginato.

È andato tutto all'opposto.

Che sarebbe andata male l'avevo capito già da come mi faceva sentire andare verso il negozio, non stavo bene, ero scomodo, come se quello che stavo facendo fosse sbagliato. Mi ricordo che addirittura ho pensato che ti stessi facendo un agguato. Tu, cerbiatta indifesa in mezzo agli scaffali pieni di legno. Io, un predatore che si avvicina quatto quatto, ovattando il rumore dei miei passi per far sì che tu non mi sentissi e scappassi di nuovo via da me.

Dopo aver passato una decina di minuti buoni prima di decidermi a scendere dalla macchina, ho afferrato a due mani tutto il coraggio che avevo e mi sono deciso: entro. L'obbiettivo era semplice: dare un occhiata a quel che mi serviva e se fosse capitato di incrociarti, avrei dovuto salutarti cordialmente e vedere la tua reazione. Se non ti avessi vista amen. Avrebbe voluto dire che non avremmo dovuto incontrarci lì quel giorno.

Una volta dentro mi sono sentito assalito da un senso di spaesatezza come mai avevo provato prima, neanche quando sono andato all'estero da solo a 14 anni. Mi ricordo che alla mia sinistra si stendevano metri di scaffali alti fino al soffitto pieni di qualsiasi tipo di cose per il fai da te, da pezzi di legno a tagliaerba, da bulloni a seghe circolari. Mentre, sulla sinistra, c'era un reparto illuminato a giorno nel quale, da apposite strutture, pendevano lampadari di ogni forma e colore.

Senza capire verso dove muovermi chiesi subito ad un commesso "buongiorno, mi scusi: posaceneri da giardino, quelli a torretta da poter usare anche come cestino, ne avete?". Volevo già andarmene.

"Guardi, non credo di aver capito ma la sezione "Esterno e Giardinaggio" è laggiù in fondo" indicandomi la selva di scaffali alla mia sinistra. "Vada a fare un giro e se non trova quello che cerca può chiedere alla collega che si occupa del reparto". Mi sono sentito il cuore esplodere. Lei si occupava proprio di quel reparto.

Lo sapevo perché mio padre l'aveva riconosciuta qualche settimana prima, riferendomi che aveva visto la mia amica, "Ilaria mi sembra", a Leroy Merlin, e che sarei dovuto andare a farmi un giro perché è pieno di ragazze carine che ci lavorano. Grazie papà.

Percorrendo la strada più larga possibile e con le budella attorcigliate in mano mi sono diretto nella direzione indicata dal commesso. Cercando di darmi una calmata, davo un occhiata agli scaffali, ma non vedevo realmente cosa c'era sopra, stavo solo immaginando come sarebbe potuto andare il nostro incontro. Sarebbe stata felice di vedermi? Le sarei stato indifferente? Si sarebbe arrabbiata? Mi avrebbe abbracciato dicendomi quanto le fossi mancato? Tutte ipotesi plausibili, ma che comunque non sarei riuscito a gestire.

Mentre ero assorto nelle mie fantasie, alzo la testa e la vedo, in fondo ad un corridoio, appoggiata ad un helpdesk assorta nel suo lavoro. A sinistra scaffali, a destra scaffali, al fondo lei, con i capelli scompigliati, i suoi capelli ricci che mi facevano impazzire. Per un momento mi sono sentito Ulisse in vista delle colonne d'Ercole.

Ho girato subito a destra per nascondermi. "Codardo!". Che idea di merda ho avuto: appena l'ho vista mi sono emozionato come un bambino quando al luna park vede il chiosco dello zucchero filato. Il cuore mi è arrivato a pulsare nelle orecchie mentre le budella che avevo in mano fino a quel momento si erano ritrovate a pesare 2 quintali tutto di botto.

Da quel momento in poi non ho ben chiaro cosa sia successo: so che sono finito in un'area di negozio all'aperto, e una volta trovato il modo per rientrare mi sono accorto che sarei sbucato direttamente davanti alla postazione dove stava lavorando lei. E proprio in quell'istante mi sono stupito di me stesso. Senza neanche degnarla di uno sguardo, come se non esistesse, mi sono diretto verso l'uscita. Non mi sono guardato indietro, non un ripensamento. Niente. Sono scappato. Io che credevo di essere coraggioso, io che credevo di rivolere un qualsiasi tipo di contatto con lei anche a costo di mettermi in ridicolo. Io, che mi sono tramutato nella preda nel arco di 10 metri, nella preda di un amore mai realizzato e che sarà condannato a vivere come ricordo solo dentro di me.

Perché alla fine, quell'amore, l'ho provato solo io.

Leroy MerlinWhere stories live. Discover now