2 capitolo

53 3 0
                                    

"I miei genitori sono morti."
Era la terza volta che ripeteva quella frase, fissando le due persone affianco a lei.
Lei era viva mentre i suoi genitori, che non ricordava minimamente, erano morti.
Non è giusto. Perché?
Non rispose, nessuno lo fece. Solo un silenzio infinito. Era sola, come sempre.
"E adesso...."
Joseph si sforzó di sorridere: "Adesso, se vuoi, puoi venire a casa con noi. È molto grande e ci farebbe davvero piacere averti con noi."
Come se avessi scelta.
Per quel che ne sapeva non aveva altri parenti e, onestamente, non aveva voglia di conoscere nessuno. Voleva stare da sola, almeno cinque minuti.
"Sì, va bene."
Le sorrisero. Un sorriso sghembo e tirato  ma almeno ci provarono. E lei lo apprezzó.
Furono interrotti da un poco piacevole scricchiolio in fondo alla stanza. Un'altra infermiera si avvicinò alla coppia per informarli sulle condizioni della ragazza e sulla sua dimissione.
Tra una settimana avrebbe lasciato l'ospedale. Avrebbe pasciato quel letto scomodo e sarebbe uscita da quella stanza bianco ottico. Speró che fosse per sempre.

........................................................

"È davvero enorme."
Fu la prima frase che Alyssa pronunciò appena scese dalla berlina nera dei suoi parenti.
Davanti a lei, si ergeva una villa di due piani tinteggiata di beige spugnato. Ne percorse il perimetro con gli occhi: dalla terrazza coperta, occupante circa metà del secondo piano, al giardino inglese che abbracciava completamente l'edificio.
Un vero paradiso.

"Ti avevamo avvertita. Ora entra e fa come se fossi a casa tua."
In fondo lo era e lo sarebbe stata per i successivi due anni.

Alyssa percorse tutto il vialetto in ghiaia dell'ingresso e varcó il portone in ebano chiaro finemente intarsiato.
Si trovò in un grande salone ottagonale arredato con due enormi librerie scure ed un grande divano a penisola beige. Di fronte, il televisore a schermo piatto prendeva tutta la parete.

A destra del salone, la porta che dava sulla sala da pranzo con angolo cottura degno dei migliori chef stellati.
Sul fondo una scala a chiocciola portava ai piani superiori dove erano collocate le stanze pandronali.

Incapace di resistere alla curiositàn Alyssa salì le scale e si diresse alla fine del corridoio, dove si trovava la sua stanza.
Unica porta colorata dell'edificio, blu mezzanotte.
La ragazza la aprì, convinta di essere preparata a quello che avrebbe visto. Si sbagliava.

I suoi occhi, come dotati di vita propria, corsero sulle pareti champagne ed indugiarono sulla lucentezza del pavimento in marmo chiaro.
Colsero ogni più banale dettaglio, ogni sfumatura: addossato alla parete sul fondo, a sinistra della porta, era stato posizionato un grande letto rotondo con coperte e cuscini blu, mentre, sul lato opposto della stanza, una spaziosa scrivania incatrata in una libreria a muro laccata blu attendeva di essere utilizzata.
Affianco al letto, sulla stessa parete, era stata ricavata una porta che conduceva ad un piccolo bagno personale.
Nella parete invece corrispondente alla porta di ingresso, era stato sistemato un armadio blu quattro stagioni molto spazioso.

Infine, al centro della parete, esattamente davanti alla porta d'ingresso, a poca distanza da una cassettiera, c'era una grande portafinestra dante sulla terrazza perimetrale.
Una lacrima sfuggì al controllo della ragazza e le rigó una guancia, lasciando una scia salata ma infinitamente dolce.
Dalla porta della camera, intanto, gli zii osservavano la reazione della ragazza, sorridendo contenti.
Ma non era pronti a ciò che sarebbe successo.
In un secondo, Alyssa si girò, li raggiunse e li avvolse entrambi in un caloroso abbraccio, ripetendo più volte sottovoce la parola 'grazie', come il più importante dei segreti.

Una volta sciolto l'abbraccio, la lasciarono sola, con la sua unica valigia, nella sua nuova stanza.
Si buttò sul letto morbido e ripercorse gli avvenimenti di quella strana settimana: il risveglio, l'incontro con Sophie e Joseph, la notizia della morte dei suoi genitori, la riabilitazione e l'arrivo a casa.
Nella sua casa. Ancora non riusciva a crederci; nulla di quella vita le apparteneva, era tutto così distante.
Provò ad immaginare la sua vera casa, con i suoi genitori, con i suoi ricordi ma una profonda fitta alla tempia la fece desistere.
Ma che cosa...
Non riusci a completare il pensiero per via della porta che, aperta con forza, sbatté violentemente sulla parete.
Sulla soglia, un ragazzo in jeans strappati e senza maglietta la fissava con arroganza.
Fece per parlare ma non ne ebbe il tempo.

"E tu chi sei?"
Cominciamo bene.

RememberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora