Cap 6. Bella ciao!

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Bella ciao!

Si svegliò di soprassalto, scossa da un tremito. Spalancò gli occhi, aveva il respiro pesante, i battiti accelerati.
- Raquél, Raquél, tranquilla –
Il Professore al suo fianco la rassicurò, accarezzandole la testa. Non appena Lisbona realizzò cosa era accaduto, cercò il suo abbraccio ed appoggiò la testa sul suo petto, stringendolo con la poca forza che aveva recuperato in quel breve riposo.
- Puoi stare tranquilla ora, siamo al sicuro – disse lui scoccandole un bacio sulla fronte.
Erano sdraiati in un letto, la luce dell'alba filtrava da una piccola finestra rotonda. In lontananza, Lisbona poté scorgere l'orizzonte, che si stendeva su una vasta distesa di acqua. Mare. Erano in mare. Ce l'avevano fatta, dunque. Avevano raggiunto il punto di estrazione e si erano messi in salvo.
Per la prima volta, dopo giorni, sentì i muscoli del suo corpo rilassarsi davvero. Si puntellò goffamente su un gomito e scrutò il volto dell'uomo di cui era follemente innamorata. Lui ricambiò quello sguardo e si baciarono.
Fu uno dei baci più belli di tutta la sua vita.
Caldo, romantico.
Sicuro.
Vero.
Avevano vinto la guerra, dunque, e quel bacio sapeva di vittoria.
Si appoggiò di nuovo sul suo petto, spingendo la fronte nell'incavo del collo di lui e si godette quel momento indimenticabile, finché non cominciarono ad affiorare i dolori.
- Come sto? – gli chiese, senza cambiare posizione.
- Beh... - la sua voce era titubante – hai delle brutte ferite alla schiena, alle braccia e al petto... ti abbiamo ricucita, ma in qualche giorno dovresti stare bene –
Ci fu un momento di silenzio.
- E poi... -
Ma fu interrotto da qualcuno che fece rumorosamente irruzione in quella minuscola stanza.
- Ragazzi, la Professora è sveglia! – la voce di Tokyo risuonò fortissima nelle orecchie di Lisbona – Forza, venite!! –
Qualcuno si buttò sul letto, e poi qualcun altro e ancora e ancora mentre il Professore cercava di protestare dicendo cose come "piano, attenti" e Lisbona cercava di mettersi a sedere. Sérgio la aiutò infilandole un cuscino dietro la schiena, e finalmente li vide. C'erano tutti. Tokyo, Denver, Stoccolma, Rio, Helsinki, Marsiglia, Palermo, Bogotà... Rise insieme a loro, anche se la consapevolezza dell'assenza di Nairobi trafisse tutti nel momento in cui realizzarono che la guerra che avevano appena vinto aveva richiesto un prezzo enorme. Marsiglia, la persona più integra del gruppo, stappò una bottiglia di spumante, distribuì degli squallidi bicchieri di plastica mentre tutti se ne stavano in silenzio a contemplare quel cambio di atmosfera così fottutamente inevitabile. L'omone versò lo spumante, alzò il suo bicchiere e disse:
- Per Nairobi. –
Dopo un momento di silenzio, tutti lo imitarono.
- Per Nairobi – Helsinki fu il primo a ripeterlo, e tutti seguirono in coro.
- E per Mosca – aggiunse Denver.
- E per Oslo – disse Tokyo.
Dopo che tutti ebbero bevuto, il Professore spezzò quell'atmosfera insopportabile esordendo ironico:
- Marsiglia, ti rendi conto che mi stai facendo bere alle 6 del mattino!? – e così, tutti tornarono a ridere.
Anche Lisbona rise e si voltò per dare un bacio al Professore.
- Io, vorrei brindare anche a voi – disse – per avermi tirata fuori da quel sudicio buco dove sarei sicuramente morta... e soprattutto, per avermi tirato fuori dalla vita che stavo conducendo prima di unirmi a voi –
Tutti alzarono i bicchieri e le sorrisero, mentre il Professore le diede un altro bacio. Lo sguardo di Lisbona fu però catturato da un piccolo specchio appeso alla parete, di fianco alla finestra, proprio di fronte a lei. O meglio, fu catturato dal suo riflesso. Vide le cicatrici che Sierra le aveva lasciato in volto e si gelò. Con la mano libera si toccò in corrispondenza di ciò che vedeva riflesso nello specchio, come a controllare che non fosse la sua immaginazione. Ma no, quei tagli c'erano, poteva sentire i punti cuciti sotto i suoi polpastrelli.
Tutti, compreso il professore, osservarono la scena in silenzio, lo sguardo basso, lasciandole il tempo di elaborare quello che poteva a tutti gli effetti considerarsi un lutto. Ma dopo qualche secondo il Professore le prese il volto tra le mani, facendo attenzione a non farle male, e la costrinse a guardarlo negli occhi. Ma prima che potesse dirle qualcosa, Tokyo intervenne.
- Le cicatrici significano che hai sofferto, Lisbona. Ma significano anche che sei sopravvissuta –
Lisbona la guardò ed annuì. Sapeva che aveva ragione.
In quella stanza, ognuno di loro aveva pagato un prezzo imparagonabile per quella guerra, per quella resistenza. Tokyo portava sulle spalle il fardello della morte di Mosca.
Denver aveva perso suo padre.
Stoccolma aveva perso la sua vita precedente.
Rio aveva perso la sua famiglia.
Helsinki aveva perso Oslo.
Palermo aveva perso Berlino.
Il Professore aveva perso Berlino.
E tutti loro, avevano perso Nairobi.
Quelle cicatrici erano il suo prezzo.
Il prezzo di chi ha vissuto l'inferno ed ora è costretto a vivere una vita camminando con la morte a fianco.
E a doverselo ricordare ogni mattina.
A cosa era servita quella guerra? Forse nessuno avrebbe saputo dare una risposta in quel momento. Nessuno era più lo stesso dopo quell'impresa folle. Avevano vinto, perdendo molto.
Ma una cosa era certa. Avevano anche guadagnato qualcosa: una ragione per vivere.
Ed una famiglia.
E questa, è una cosa che non ha prezzo. 

THE END.

Music Credits:
- Through the valley, Shawn James
- Lost and damned, Kamelot
- Amnesiac, Kamelot
- This is war, Thirty seconds to Mars
- My life is going on, Cecilia Krull & Burak Yeter
- Bella Ciao!

My life is going onحيث تعيش القصص. اكتشف الآن