Hermione scattò dal suo sogno sedendosi al centro del letto. Si asciugò le lacrime dalle guance e richiamò la bacchetta alla sua mano per guardarsi intorno. Era ancora nella stanza di Malfoy, mentre lui era seduto alla scrivania e la guardava confuso.

«Qualche problema?» chiese e anche se la sua voce era leggermente diversa da quella del sogno perché era cresciuto, le vennero comunque i brividi. Non era un semplice incubo, era un ricordo chiaro che aveva cercato per anni di eliminare dalla sua mente. Il dubbio di essere sfruttata dalle persone al suo fianco era cristallino nella sua mente e questo la rendeva una stupida. «Granger?» chiese ancora, alzandosi dalla sedia per avvicinarsi al letto. Hermione scosse veloce il capo e si allontanò di poco da lui, involontariamente.

«Che ore sono? Perché sei già in piedi?» domandò lei, strofinandosi gli occhi per cancellare via i segni delle lacrime. Il ragazzo che le si presentava davanti era lo stesso del ricordo e non riusciva a capire come potesse essere cambiato tutto.

«Devo terminare il compito di pozioni, quello per lunedì.» rispose tranquillo, sedendosi sul bordo del letto accanto a lei. Anche se Hermione aveva spento la luce dalla sua bacchetta, riusciva ancora a intravedere dei segni sulle sue guance che aveva tentato di cancellare. «Mi dici che hai sognato?»

«Era un ricordo, niente di che. Torna pure a studiare, io ti aspetto.» disse stendendosi di nuovo, dandogli le spalle. Lo sentì sospirare e una mano raggiunse la sua spalla, poi le lasciò un bacio sulla guancia prima di alzarsi di nuovo e tornare alla scrivania.

«Anche io rivedo spesso la guerra, penso sia normale.» commentò riaccendendo la luce della sua scrivania, ritornando a scrivere nel completo silenzio. Hermione scosse la testa e guardò il muro difronte a lei, rivivendo più lucidamente quel ricordo. Ricordava bene tutte le volte che l'aveva chiamata con quel soprannome, l'aveva presa in giro, le boccette d'inchiostro versate sui compiti, le prese in giro per i suoi capelli, per qualsiasi cosa facesse. Ricordava quando, durante le ronde, lo incontrava mentre tornava da qualche sera trascorsa con altre ragazze nelle classi, dei commenti di come lei non avrebbe mai potuto provare quelle sensazioni perché nessuno avrebbe voluto toccarla. Ed invece era lì, nel suo letto.

«Non era la guerra.» ammise in un sussurro, stringendo il lenzuolo tra le mani. «Eri tu. Quando mi prendevi in giro.» disse a voce più alta per farsi sentire chiaramente.

«Tanto tempo fa.» specificò Draco, tranquillo.

«Eri comunque tu.» ribatté Hermione, voltandosi verso di lui. Si mise di nuovo seduta al centro del letto e tirò il lenzuolo tra le sue mani per coprirsi il petto ancora nudo. Draco si girò verso di lei e la guardò ancora confuso, poi si alzò di nuovo dalla sedia e si avvicinò al letto. «Ricordi quello che mi dicevi?»

«Mi pare che le cose siano cambiate, no?»

«Ti ho fatto una domanda.» lo riprese ancora. Draco sospirò di nuovo e prese posto sul letto per avvicinarsi a lei.

«Certo che me lo ricordo. Ti ho presa in giro per tanto tempo, per il sangue e perché mi dava estremamente fastidio il fatto che una persona che i miei genitori ritenevano inferiore, in realtà era meglio di me. Poi siamo cambiati, no?» chiese portando una mano sulla guancia di Hermione, trovandola ancora umida. «C'è voluta la guerra per aprirmi gli occhi sulla verità e ancora oggi vorrei tanto non aver visto nulla. Mentirei se ti dicessi il contrario. Lo ammetto: vorrei trascorrere il mio ultimo anno di scuola ancora a prenderti in giro, a pensare che denigrarti davanti a tutti è la cosa più importante e che solo quello può darmi soddisfazione.» spiegò ancora, portando Hermione a chiedere cosa intendesse. «Intendo che preferei avere come maggior problema doverti superare ad un test ma non è così, perché vivo il mio ultimo anno di scuola con l'ansia di dover controllare ogni giorno sulla gazzetta che nessun mangiamorte sia uscito da Azkaban, vivo con la consapevolezza che i miei genitori mi hanno usato come pedina di scambio, vivo con i ricordi opprimenti di ciò che hanno fatto su di me, delle morti che ho visto, del peso delle scelte che ho fatto. Vivo eppure non mi sento vivo, entro in una stanza e mi chiamano mostro e tu sei l'unica a non vederlo o sentirlo. Anzi, sembri l'unica a credere ancora che in me possa esserci qualche briciolo di bene ed anche se il mio carattere mi porta ad agire come un bambino, tu sembri fregartene. Sei così... pura per me che non me lo merito, ma so che ti voglio e quindi continuerò a ronzarti intorno-» il discorso di Draco fu interrotto dalle labbra di Hermione contro le sue. Quelle parole l'avevano colpita, cancellando completamente ciò che aveva appena sognato. Tra le mille parole che pensava di dirgli, non riuscì ad articolare una frase giusta, persa tra le sue labbra e le sue carezze non riusciva nemmeno a ragionare.

«Non sei un mostro, non lo dire più.» sussurrò tra i baci, tirandolo verso se. Draco sorrise contro le sue labbra, un sorriso malinconico mentre prendeva posto al suo fianco.

«Sei l'unica che non lo vede.. tutti mi guardano male quando entro in una stanza. Sono l'unico a fare la ronda da solo o con Blaise. Te ne sei accorta? In più, avrei avuto la stanza da solo anche se non avessi accettato di diventare caposcuola, perché tutti lamentavano di stare in camera con me. Tu non dovresti starmi accanto, Blaise e Daphne sono stati allontanati da tutti e finiresti per esserlo anche tu.» ammise poi sotto voce. Le coperte erano tirate sui loro corpi come protezione per il mondo esterno, un mondo che non capiva. «Non dovresti stare qui con me, è sbagliato.» disse poi, arreso.

«Sono stata ligia alle regole per anni, posso concedermi questo sbaglio.»

The truth about monsters; Dramione.Where stories live. Discover now