Hanno appena avuto una lunga discussione sul riso. Ridere è peccaminoso, diabolico e dannoso, sostiene Jorge; mentre Guglielmo ne sostiene l'utilità e l'innocenza. Siamo in un'abbazia. Un monastero benedettino fra i monti dell'Italia settentrionale. Fine novembre del 1327. Sta per arrivare da Avignone una delegazione della curia papale per un convegno sulla povertà: i prelati inviati da papa Giovanni XXII incontreranno rappresentanti dell'ordine francescano. Per primo è arrivato Guglielmo da Baskerville, insieme a un giovane monaco che gli è stato affidato come discepolo, Adso da Melk. Guglielmo è un francescano dotto, proveniente dall'Inghilterra; è stato inquisitore, attività che ha poi ripudiato, sino a rinunciare a svolgerla. Quando arriva all'abbazia, è stata appena scoperta la strana morte di un giovane monaco, Adelmo. L'Abate chiede a Guglielmo da Baskerville di aiutarlo a risolvere il caso, prima che giunga la delegazione papale. Per indagare Guglielmo ottiene di accedere a tutta l'abbazia e di potere interrogare chiunque. In questo modo, seguito ovunque dal discepolo Adso, arriva nello scriptorium, il luogo dove i monaci copiano e traducono i manoscritti.

Proprio nello scriptorium Guglielmo incontra anche Jorge da Burgos: cieco, Jorge arriva dal fondo, viene avanti a tentoni. Nella scena precedente, Guglielmo e Adso conoscono Severino, il farmacista: sta analizzando il corpo di un secondo monaco trovato morto, Venanzio. Ha la lingua nera. Guglielmo lo interroga e Severino gli svela che Adelmo, il primo monaco trovato morto, era molto amico di Berengario da Arundel, l'aiutante del bibliotecario, che è Malachia da Hildesheim. Che sono io. Guglielmo ordina ad Adso di seguirlo: andranno nella biblioteca. Escono, cambia la luce e la scena si trasforma: sulla scala, sui bordi della balconata, sulla falsa porta al centro, sulle pareti, su ogni parte della scenografia, contemporaneamente, vengono proiettate immagini diverse, tutte raffiguranti dorsi di libri, uno accanto all'altro. I tavoli dello scriptorium scorrono su binari nascosti nel pavimento ed entrano in scena grazie a un gioco di carrucole, contrappesi e cavi tirati a forza dai macchinisti, dietro le quinte. Monaci incappucciati portano sgabelli, li sistemano accanto ai tavoli e vi si siedono. Iniziano a scrivere. Adso anziano, in piedi sulla balconata centrale, di fronte alla porta finta, dà vita con le sue parole alle meraviglie dello scriptorium: racconta di se stesso da giovane che accompagna Guglielmo nella scoperta. Guglielmo e Adso giovane entrano e ammirano i monaci al lavoro e i volumi. Io sono pronto a entrare dalla porta a metà dello scalone destro, sono sull'ultimo gradino della scala esterna non visibile, che dà sulle quinte. Parte una musica che richiama memorie. Le ultime parole pronunciate da Adso anziano sono «fucina del sapere»: per me è il segnale d'entrata. Ora sono sul ballatoio a metà scalone destro, in scena. La musica va a scemare, cambia la luce. Mi presento, sono Malachia da Hildesheim, bibliotecario dell'abbazia. Reazione di Guglielmo e di Adso, che si voltano verso di me. Anche Berengario, il mio aiutante, si alza dal tavolo a destra, quasi in proscenio. Presento anche lui. Scendo dallo scalone e spiego a Guglielmo della nostra lotta contro la morte dei libri. I libri si deteriorano, per questo copiamo i vecchi manoscritti; le pagine per l'umidità si attaccano fra loro: i copisti sono costretti a bagnarsi con la lingua il pollice e l'indice, per staccarle. Sono al centro, accanto a lui. Guglielmo chiede di visitare la biblioteca, sta per salire sulla scala a destra: Berengario glielo impedisce. Ha ragione e spiego perché: la biblioteca contiene sia opere di altissima verità che di orrenda menzogna; non vogliamo che queste ultime siano divulgate. Poi l'arrivo di Jorge e la lunga discussione sul riso. Jorge esce in alto a destra sul ballatoio, verso la biblioteca. Guglielmo indaga ancora, chiede di vedere il manoscritto su cui stava lavorando Venanzio, il secondo monaco ucciso. Berengario con una scusa glielo impedisce.

La scena successiva avviene in proscenio, con il sipario chiuso. Più che un sipario è un muro, che cala verticalmente ogni tanto e copre la vista di tutta la scena.

Gli elementi che contribuiscono a far mutare la percezione della scena da parte del pubblico, quindi, sono, insieme alla recitazione: l'alzata e la calata del muro, la proiezione contemporanea di immagini diverse su parti della scenografia stessa, l'entrata di elementi scenici (tavoli, letti) dalle quinte o calati dall'alto (gabbie, orci); e le musiche e le luci. La morte di Venanzio, ad esempio è annunciata con il comparire dall'alto dell'enorme orcio entro cui è stato trovato immerso a testa in giù: ne sbucano solo le gambe. Moriranno altri monaci, inclusi Berengario, Severino e lo stesso Malachia, che sono io. Guglielmo scopre che il segreto delle morti è in un libro, di cui si vuole impedire la lettura: l'unica copia rimasta del secondo libro della Poetica, in cui Aristotele argomenta positivamente proprio sulla commedia e sul ridere. Di quel libro il vecchio Jorge, che considera diabolico il riso, ha avvelenato i bordi delle pagine: in questo modo, chiunque tenti di leggerlo e si bagni le dita sulla lingua per poterlo sfogliare, muore avvelenato. Guglielmo alla fine scova Jorge e il libro in una stanza segreta della biblioteca. Jorge tenta di avvelenare anche lui, ma invano: Guglielmo indossa un guanto, con cui riesce a sfogliarlo senza rischi. In preda all'ira, Jorge rovescia una lucerna e provoca l'incendio che distrugge l'intera biblioteca.

130 REPLICHE DE "IL NOME DELLA ROSA" | TEATRO DI RICICLO®Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora