10. " Di rosso e celeste neanche il diavolo si veste "

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Quando finalmente la mia fermata arriva, tiro un sincero sospiro di sollievo, scendo dal pullman e gonfio il petto d'aria pulita.

Lo sento sfrecciare via alzando di poco i miei capelli dietro la sua scia, dovrebbero ritirare la patente a quella donna. Sputo per terra e mi sgranchisco le ossa. Sempre delicata Kathryn... Emily mi picchierebbe ora.

Porto una mano sulla fronte, asciugando le piccole goccioline di sudore che la imperlano. Ormai è ottobre, ma qua fa sempre caldo a quanto pare. Stringo di poco le bretelle dello zaino e mi guardo attorno. Ho sceso milioni di volte a questa fermata ma è sempre uno spettacolo macabro.

I sempreverde sembrano nascondere occhi maligni fra le loro fronde, i canti degli uccellini non sono più liberi e gioiosi ma completamente spariti, non un suono vibra in questo ambiente.

Poso un piede sulla ghiaia che compone il vialetto e mi avvicino alla struttura, l'orfanotrofio, il Doons. Per colpa di Cross, sabato non posso prestar fede alla mia visita settimanale e, mi hanno spostato il turno al Garden di domenica. Avanzo lungo la ghiaia fino alla porta.

Da lontano l'intera struttura sembra inglobata da oscure tenebre, una di quelle vecchie strutture che si vedono il film e serie tv horror, in realtà da vicino si percepisce l'atmosfera gioiosa donata dai bambini, un po' smorzata dalla signora Taboltt, ma presente.

Forse i bambini sono le uniche anime candide a questo mondo, troppo piccoli per poter aprire gli occhi di fronte alla realtà, troppo puri per venirne attaccati.. questo almeno finché l'adolescenza non bussa alle porte.

Il periodo delle indecisioni, dei primi problemi degli sbalzi di umore, delle arrabbiature e dei casini. Un periodo fragile dettato da una quasi improvvisa luce accecante per alcuni, un graduale processo per gli altri. Nel bene o nel male tutti apriamo gli occhi durante l'adolescenza, chi in modo brusco, chi con delicatezza.

I ragazzi del Doons non sono tutti bambini, ma per me lo saranno sempre. Questo posto sarà per sempre il mio distacco dal mondo. Un universo parallelo con nuove regole, rimpianti e sorrisi.

Ad aprirmi è proprio Emily, parli del diavolo e spuntano le corna. La ragazzina ha fra le mani un termometro, ha il viso arrossato in alcuni punti, naso e fronte.

«Kath.. hai un pessimo tempismo», mormora con voce nasale.

«Cos'è successo Em? Stai male?», domando, sorpassando ed entrando nella struttura. Le poso una mano sulla fronte e una sulla guancia sinistra, scotta.

«No ma dai, ho solo trentotto di febbre», risponde sarcastica, osservando il termometro tra le sue pallide dita. Emily si ammala frequentemente, anche troppo, ormai è normale trovarla a girovagare solitaria fra i corridoi silenziosi quando il resto dei ragazzi è a scuola. «Stai marinando di nuovo?», chiede birichina. 

Ridacchio colpevole, alzando gli occhi al cielo e prendendola per mano incastrando il termometro tra le nostre dita. La trascino verso il salotto costringendola a sedersi insieme a me sul ormai rovinato sofà grigio.

Questa stanza nonostante gli anni rimane sempre immutata, come il corridoio. Sembrano estraniati dal passare del tempo, congelati nella loro immensa decadenza.

«Gli altri a che ora tornano da scuola?».

«I più piccoli alle dodici, Alex dovrebbe esser di ritorno».

Alex e Emily sono come pappa e ciccia, il loro rapporto per certi versi è simile al mio con Tommy. Sono un po' freddi l'uno con l'altro, soprattutto da parte di Alex da quando è cresciuto, nonostante ciò è evidente il bene che si vogliono a vicenda.

La ragazzina è solita fargli piccoli regali fashion, come lei li chiama. Lo prende per le morbide ciocche e gli fa' dei simpatici codini, Alex spesso protesta ma infondo si diverte anche lui.

Come il cielo a mezzanotte Where stories live. Discover now