Prima Parte

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La sua casa in collina si rivelò, come previsto, un buon posto dove stare. Aveva lo stretto necessario per sopravvivere a quella che diventò la peggiore epidemia che l'umanità potesse ricordare. Il virus mortale si diffuse rapidamente, come il panico tra le persone, creando il caos in tutto. Chiusero prima le scuole, poi gli esercizi pubblici, le fabbriche, gli ospedali collassarono come castelli di sabbia contro un'onda dell'oceano, ci furono razzie alimentari e nelle farmacie rubarono qualsiasi tipo di medicinale e disinfettante. Il numero dei morti continuava a salire e le persone si barricarono in casa. Chiusero i confini degli stati, militarizzando le città. A questo punto verrebbe da pensare che la situazione fosse apocalittica, ma peggiorò in pochi giorni, quando mancò la corrente elettrica. Tutto si fermò. Non venne prodotto più nulla sulla faccia della terra, con conseguenze devastanti. Anche il petrolio; le auto si fermarono per sempre, le pompe dei distributori non pescavano più dai serbatoi e spesso chi tentò di appropriarsi del carburante causò incendi o esplosioni. Il sistema finanziario crollò insieme al valore del denaro, mettendo alla pari un milionario a un senzatetto, con la differenza che il secondo sarebbe sopravvissuto più a lungo del primo in quello stato di crisi. I morti, ormai incalcolabili, venivano bruciati in fosse comuni come maiali con l'influenza suina. L'umanità fu quasi sterminata. Sébastien aveva perso tutto; sua moglie, le due figlie adolescenti, i genitori adottivi e gli amici, tutti uccisi dal virus. Lo chiamavano dev-9, un virus dall'infettività altissima trasmesso da animale a uomo e viceversa, o almeno era quello che dicevano le televisioni prima di smettere di programmare qualsiasi tipo di cosa. Solo un messaggio registrato in radio continuava a circolare tra i radioamatori con l'aiuto delle ormai esauste batterie, che diceva: "Siamo di fronte a una crisi sanitaria mondiale, tutte le persone contagiate devono rimanere nelle proprie abitazioni, non ci sono strutture in grado di accogliere i malati". Praticamente una condanna a morte. Le figlie morirono sotto i suoi occhi in casa, una dopo l'altra con atroci sofferenze, la moglie invece fu uccisa e derubata per la strada appena scoppiò il caos. Quella mattina di pieno inverno Sébastien aveva acceso un fuoco nel camino, bruciando gli ultimi pezzi delle massicce porte di casa, preparò un té con della neve sciolta e delle erbe aromatiche raccolte nei prati vicini, nel suo unico pentolino di metallo appoggiato sulle braci. Il freddo dell'inverno era pungente ed ormai la casa non aveva più infissi alle finestre, né mobili o sedie, tutto era stato bruciato per riscaldarsi. I morsi della fame si facevano sentire puntuali e spietati per tutta la durata della giornata, placati solo da miseri bocconi di cibo trovati qua e là, che data la provenienza spesso causavano dissenteria e mal di stomaco. Mancava tutto, ma lui aveva un asso nella manica; una gallina. In quella casa vivevano i suoi nonni, furono tra i primi a morire dopo il contagio, lasciando la casa incustodita e anche le loro galline. Ne avevano una decina che morirono una dopo l'altra, probabilmente contagiate anche loro, due però si salvarono, regalando di tanto in tanto un uovo, poi ne morí un'altra lasciando l'ultima da sola. Lui la chiamò Terminator, per la sua tenacia. Da giorni di uova non se ne vedeva neanche l'ombra, la povera gallina spellacchiata se ne stava in un angolo della casa, rannicchiata vicino al muro per non morire di freddo. Sébastien pensò che farla arrosto sarebbe stato molto appagante al momento, ma le sue uova lo avrebbero fatto sopravvivere per più giorni, anche se ormai non aveva molto senso vivere cosí. La guardò negli occhi, sognando un bel brodo caldo fatto con il pennuto e poi le disse: " Entro la fine della giornata devi fare un uovo, oppure ti mangio". Lei lo guardava muovendo a scatti la sua testolina e in quel momento si sentí uno stupido. Un crepitio di passi sulla neve catturò la sua attenzione, scattò in piedi e prese il lungo ferro usato per smuovere le braci del camino e uscì dalla porta, pronto a difendere le poche cose in suo possesso.
Quello che vide però, non fu uno dei tanti disperati in preda ai morsi della fame capace di uccidere per un pezzo di pane, ma una anziana signora avvolta in un cappotto pesante, che lentamente arrancava sulla neve. Sébastien appoggiò la sua arma sulla soglia di casa e si diresse verso di lei, facendo appena in tempo a sorreggerla prima che cadesse al suolo.
"Venga dentro signora, si aggrappi a me" disse lui.
"Ti ringrazio figliolo, per fortuna che c'è ancora qualcuno di buono in questo mondo" rispose l'anziana aggrappandosi.
I due entrarono in casa e l'anziana prese posto sul pavimento vicino al fuoco acceso nel camino, strofinandosi le mani per scaldarsi.
"Non ho un granché qui, ma posso darle del tè caldo" disse lui per essere ospitale.
"Andrà benissimo, grazie. Sei proprio un angelo" rispose con voce tremante, afferrando la tazza fumante.
"Vengo da un paio di paesi di distanza, non ho più niente da mangiare e cercavo aiuto" disse piangendo.
"L'ultima cosa che mi rimane è quella gallina spellacchiata che vede lì per terra, aspetto che faccia un uovo e se vuole possiamo condividerlo" disse indicandola.
"È molto gentile da parte tua ma non credo che riesca a fare delle uova" rispose l'anziana con un filo di tristezza.
"Lo so, é un pò patita ma é molto forte" rispose Sébastien.
"Non per quello figliolo, le uova non le può fare perché è un gallo!"
Rimase a fissare quello che scoprì essere un gallo, mentre lui lo fissava con la stessa espressione; la sua cresta era appena accennata per chissà quale ragione ed era facile confonderlo con una gallina.
Terminator aveva i minuti contati, non potendo fare uova la sua vita in quel periodo valeva poco, meglio su un piatto o nel cimitero dei polli, come diceva sempre suo nonno picchiettando la sua mano sulla pancia.
Sébastien si alzò, prese il lungo ferro e lo picchiò forte sulla testa del gallo che ciondolò da un lato, poi lo prese per il collo e lo sbatté forte a terra. Il gallo era pronto per essere spennato. L'anziana signora si offrì di compiere quell'operazione e decisero di farlo in brodo in un secchio trovato in casa.
Era delizioso, senza sale e con solo dei rametti di rosmarino gli sembrò di gustare il miglior pasto del mondo; se ci fosse stata una classifica mondiale del cibo in quel periodo, sicuramente quello sarebbe stato tra i primi dieci. I due mangiarono in silenzio, sorridendo di tanto in tanto per la soddisfazione, poi decisero di avanzare un pò di carne e brodo per il giorno dopo. Faceva molto freddo e ormai il fuoco si era spento del tutto, preannunciando una terribile nottata da affrontare; si addormentarono entrambi che era tardo pomeriggio, fino alle prime luci del mattino. Quando Sébastien aprí gli occhi, sentí freddo, quel freddo nelle ossa destinato a non andarsene mai; si alzò cercando di muovere le braccia per scaldarsi un pò, poi guardò la signora che giaceva sul pavimento priva di vita. Il freddo l'aveva uccisa. Rimase per qualche minuto a guardarla, chiedendosi se quella potesse essere la fine che avrebbe fatto anche lui. Fece rotolare il corpo fuori di casa fermandosi sul ciglio della strada diversi metri più in là; gli venne caldo e il fiato corto, per un pò rimase ad ascoltare il silenzio della neve che cadeva e dell'ambiente intorno. Cosa avrebbe fatto adesso? Sarebbe rimasto nella casa ad attendere una triste fine, oppure sarebbe andato per le strade rischiando di trovare la morte ancor più rapidamente? Non faceva alcuna differenza ormai per lui, sarebbe comunque morto presto. Si mise in cammino senza una vera e propria destinazione con in tasca la foto di sua moglie con le figlie e mezzo gallo cotto sotto il cappotto, incontrando solo desolazione, freddo e qualche cadavere coperto dalla nevicata della notte. Il suo sguardo fisso a terra mentre camminava lo portò al pensiero della sua famiglia scomparsa, poi all'improvviso una sagoma umana gli sbarrò la strada. Alzò la testa e vide un uomo magro e scarno con un cappellino di lana che gli puntò la canna di una pistola dritta in faccia. Fece fuoco, perforando la faccia di Sébastien, che cadde di schiena nella neve colorandola di rosso; il sangue caldo disegnava una nuvoletta di calore nell'aria gelida. Il suo assassino rovistò nelle sue tasche, gli tolse gli scarponi ben più imbottiti dei suoi e la carne cotta del gallo, poi si allontanò. Sébastien rimase lì per molto tempo, ricoprendosi di neve come un qualsiasi sconosciuto sul ciglio della strada. Un altro giorno stava volgendo al termine, come quel che rimaneva dell'umanità.

Sébastien - la fine di un uomoWhere stories live. Discover now