Capitolo 13: Mercoledì, 4 gennaio 2012

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"Eddai, mamma!"

"Perché per quelle te ne servirebbero almeno due pacchetti interi!"

"Smettila di ridere, che poi ti viene la tosse!".

Ma lei ride ancora e mi accarezza il viso. "Ma senti come sei liscio..., come quando eri bambino."

"Grazie tante, eh?!"

"Ma di che ti lamenti?! Chissà in quanti vorrebbero questa pelle qui!"

"E io invece vorrei la barba! O almeno qualche sembianza..."

"Arriverà! Guarda papà!" esclama lei dandomi un bacio. "Per ora sei ancora il mio bambino dal viso perfetto!"

"Ok ok..., niente rasoi per oggi! Però posso venire con te?"

"Solo se prometti che non rompi."

"Non rompo! Giuro!"

"E guarda che non ti lascio mica comprare quello che vuoi! Hai mangiato troppe schifezze ultimamente."

"Niente schifezze. Promesso! E spingo il carrello per tutto il tempo!"

"E va bene, permesso accordato!".

Ok, aveva ragione la mamma: dopo due corsie mi sono già rotto le palle di girare per il supermercato e di aspettare che lei scelga cosa mettere nel carrello; ovviamente però mi guardo bene dal lamentarmi e la seguo dappertutto.

Adesso siamo fermi da non so quanto davanti allo scaffale delle farine; ce ne sono di mille tipi e lei le sta confrontando tutte. Non ho ben capito cosa voglia combinare ma pare che abbia voglia di prepararci un pranzo speciale, anche se dubito che lei riuscirà a mangiarlo; dopo la chemio passa giorni in cui non le va di mangiare niente a parte le arance e il pane tostato col burro.

Io me ne sto appoggiato al carrello, messaggiando nel gruppo WhatsApp con Mattia e gli altri; stanno organizzando il pomeriggio al cinema e poi pizze da Riccardo. Sono un po' indeciso perché non ne ho tanta voglia e vorrei restare a casa con la mamma, però domani Vero e Michelle ripartono e mi dispiacerebbe non riuscire a salutarle. Soprattutto Vero, vorrei salutarla come si deve; è un po' stronza, ok, ma bacia veramente bene.

"Ok, ci sono. Però andiamo a vedere il film con Di Caprio".

Ho appena inviato questo messaggio, quando un rumore mi fa sobbalzare e mi fa sollevare la testa dal telefono. C'è un mucchio di gente che si affretta e impiego qualche secondo per capire che quel rumore era la mamma che è caduta per terra.

"Mamma!" chiamo istintivamente, mentre mi precipito da lei, facendomi spazio tra la folla che le si è già creata attorno. "Ehi mamma!".

Non risponde.

È svenuta.

Cazzo, è svenuta!

C'è troppo caldo in questo cazzo di posto, e lei è troppo debole! Avrà avuto un calo di pressione.

"E spostatevi!" urlo alle persone che se ne stanno tutte qua addossate; una donna le sta pure tenendo le gambe sollevate. "Se gli state tutti addosso non respira!".

Cazzo! E se non fosse un calo di pressione? Se fosse una crisi respiratoria come quella dell'altro giorno?!

"Chiamate un'ambulanza!" dico mentre sento il panico crescere sempre di più e stringermi il petto in una morsa.

Cazzo mamma, svegliati!

Svegliati, dai!

Svegliati!

Svegliati!

Un tizio chiama l'ambulanza, io riesco a restare abbastanza lucido per dirgli di farsi mandare anche l'auto medica, ma quelli dall'altra parte del telefono vogliono sapere perché.

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now