GIROTONDO PARTE I

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Essere scappato da mio padre quella notte
non mi aveva portato bene. Vi erano ancora
una miriade di sacche lasciate indietro dopo
l'avanzata del nostro esercito: sbandati, irriducibili,
semplicemente confusi e storditi.
E dentro una di queste vesciche ero finito, senza quasi
rendermene conto. Due parole però, innanzitutto,
su di me e mio padre. All'epoca avevo diciannove anni
e combattevo per il sedicesimo fronte, ottava armata,
quattordicesima divisione, quinta brigata, ottantasettesimo
reggimento, trentaduesimo battaglione, novantottesima
compagnia, centoventiduesimo plotone, con il grado
di sottotenente.
Mio padre era il generale di divisione Prospero Belli,
ed era installato con il suo comando tra Macherio
e Cesano Maderno, provvisto di ogni benefit e pratico 
comfort mentre io, con i miei uomini, diguazzavo
nel fango sino alle ginocchia, e cercavo di costituire
una linea di collegamento fra noi e l'undicesima
divisione attestata presso Mariano Comense. 

Erano arrivate le piogge di ottobre e i genieri gettavano
assi di legno sulle parti infette del terreno, per concedere
il transito dei mezzi leggeri e pesanti. Poi risaldavano
i parapetti, ponevano ponticelli attraverso i canali
e piazzavano la segnaletica approssimativa, onde
accelerare il transito belluino dei mezzi corazzati.
La sera in cui scappai attraverso le linee era miracolosamente
asciutta, e una luna sbadatamente gialla risplendeva sopra
il mio capo, mentre non riuscivo a prendere sonno e il mio
attendente russava tranquillo dietro il paravento approssimativo, 
che avevamo innalzato per custodire entrambi un po' di privacy.
Decisi di alzarmi alle due di notte e mi equipaggiai di tutto punto
per una passeggiata all'aria aperta sotto l'astro pieno, vittima
di pensieri contrastanti e strane fisime.
L'Offensiva era in pieno corso e v'era da essere ottimisti.
Perché, allora, quella strana paura mi catturava e mi stringeva forte
fra le sue dita adunche? Abituati a troppe sconfitte non riuscivamo,
forse, a capire che il vento era decisamente cambiato e la sorte
del Nemico probabilmente segnata? Personalmente avevo notato
anche durante l'anno precedente i troppi facili entusiasmi,
motivati dal Contrattacco Spielberg nella zona di Calusco d'Adda, 
per aggirare Monza. Entusiasmi che si erano spenti con l'esaurirsi
dell'iniziale spinta propulsiva, e susseguente naufragio sui contrafforti
del fiume. 

Ora tutta la resistenza delle truppe ghanesi e ivoriane che avevamo
di fronte era crollata in pochi giorni, e il corpo d'armata del generale
Duchamp aveva collassato completamente fra Calolziocorte
e Sesto San Giovanni, fornendo insperate direzioni
ai ficcanti e violentissimi raids delle prima divisione
corazzata del comandante Paoli.
Si poteva dire con certezza che la strada era aperta,
ma tutto ciò ben poco confortava l'indole malinconica
nella quale ero precipitato in quelle ore: la mia ragazza,
Francesca, era incinta al terzo mese, e morivo dalla voglia
di rivederla contro tutto e tutti. Avevo anche il desiderio
di tornare a casa, nel mio Trentino, lontano dalle miserie
e dalle angustie che avevo patito in quei due anni personali
di Guerra. Sognavo di rivedere mia madre, separata
dal generale Belli da sette anni, ma legatissima al mio cuore.
E i rarissimi permessi non confortavano il desiderio d'amore
che quelle due donne mi ispiravano. 

Così, camminando nella nebbia fitta del retroterra brianzolo,
iniziò a dettagliarsi nella mia testa il piano per disertare,
assumere un'identità borghese e incamminarmi sulla strada
del ritorno dove sarei stato sicuramente rifocillato e nascosto.
In tal modo seguì una fila di platani che ombreggiavano un canale,
appena visibile nella fitta oscurità, e mi incamminai senza decidere
a disfarmi della divisa e del revolver, che tenevo sempre con me
nella fondina. A quello avrei pensato in seguito, mentre ora tentavo
solo di trovare un percorso sicuro attraverso le nostre linee fino
a un rifugio provvisorio in mezzo a qualche residuo di villaggio
industriale ornato da corrosi e diroccati capannoni industriali,
dove avrei potuto riflettere meglio, in solitudine, sulla mia
precaria situazione di Assente Senza Permesso.
Non era quello che si suole definire tecnicamente una diserzione:
assomigliava più a un ritiro spirituale in vista del perfezionamento
della mia lista delle priorità. E come tale, come un pellegrino
munito solo di una S&W e di una bisaccia colma di buona volontà,
mi inoltrai seguendo la linea degli alberelli fino alle ciminiere
e alle fabbriche abbandonate che avevo nell'orizzonte. 

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⏰ Last updated: Mar 04, 2020 ⏰

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