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Christina

L'unica cosa che mi restava di mio padre era una Yamaha R125 del 2008. Una bellissima moto sportiva, 15 cavalli, nera lucida, con i cerchioni dorati. Dopo di me, e la mamma, lei era la cosa che mio padre amava di più al mondo.
Diceva che gli faceva ricordare i bei tempi, quando era giovane e spensierato. Ed in effetti da quando aveva scoperto questa sua passione era come se gli anni passassero, ma non per lui.
Diceva che sentire il vento in faccia e correre su due ruote lo faceva sentire invincibile, gli faceva salire quell'adrenalina come quando era ragazzo e si divertiva con gli amici.
Questa sua passione per le moto, nata più o meno l'anno in cui io venni al mondo, però, faceva stare sempre in pensiero mia madre. Lei reputava la "motocicletta" un mezzo pericoloso, e soprattutto giudicava papà come un irresponsabile per come la guidava. Era tanto in pena per lui quando usciva con la moto, lo chiamava sempre quando faceva ritardo di qualche minuto nel rientrare a casa dal lavoro. Eppure un giorno qualunque, in un orario in cui mia madre non era in ansia per lui, ricevemmo una chiamata che avremmo ricordato per tutta la vita.
Alla fine non fu la passione per le moto ad ucciderlo, al contrario di quello che aveva sempre temuto mia madre.
Mio padre morì il 12 Gennaio 2012, quando io avevo 22 anni. Morì per un overdose di cocaina. Un overdose dovuta ad un "sovradosaggio tagliato con altre sostanze stupefacenti". Almeno,  questo, è quello che ci disse il medico legale dopo l'autopsia. Il suo corpo fu trovato in fin di vita, dalla sua segretaria, nel suo studio, nel primo pomeriggio di una giornata qualunque.
Io, purtroppo, avevo sospettato che mio padre facesse uso di droga, già da qualche mese prima della sua morte. I primi campanelli d'allarme che mi fecero aprire gli occhi furono diversi tic nervosi: il primo fu il ripetitivo e fastidioso tirare su con il naso forzatamente. Era il tic che con il passare del tempo si faceva sentire sempre più accentuato. Per non parlare del toccarsi la parte laterale destra del naso con il dito indice della mano dello stesso lato. Probabilmente era la narice che chiudeva, sniffando con la sinistra.
La conferma, però, la ebbi un giorno del mese di dicembre, più o meno un mesetto prima del fatto, quando lo trovai steso a terra nel suo studio, nel bel mezzo di una crisi epilettica. Lì per lì l'unica cosa che mi venne in mente di fare, fu fargli la respirazione bocca a bocca, anche se forse non risolvetti proprio niente..
Lui appena si fu ripreso, mi tranquillizzò, senza però dirmi il motivo vero e proprio per cui lo avevo trovato in quello stato. Non fece altro che ingarbugliare quattro scuse buttate lì e mi fece giurare di non raccontarlo alla mamma perché si sarebbe preoccupata inutilmente. Io, ingenuamente, glielo giurai e mantenni la promessa. Forse se potessi tornare indietro infrangerei il mio giuramento.. Forse se ne avessi parlato con la mamma, si, ok, avrei tradito la fiducia di papà, ma probabilmente lui sarebbe ancora qui con noi.

Subito dopo la sua morte, per sentirlo più vicino, iniziai a guidare la sua moto.
In un paio di mesi ero riuscita a prendere la patente A, e da quel momento mi muovevo solo con l'R125. A volte, quando avevo dei problemi e non sapevo con chi parlarne, mi veniva da credere che lo spirito di papà fosse vivo tra gli ingranaggi della moto e che parlando con lei, fosse come se parlassi con papà..
Certo, la moto ovviamente non mi rispondeva, però facendo in questo modo lo sentivo più vicino a me, il che mi faceva sentire meglio. Le prime volte credevo di stare delirando, poi con il tempo ci feci l'abitudine e entrò a far parte della mia normalità. A volte, avevo sorpreso anche mia madre, in garage, a lucidare gli specchietti della moto, proprio come faceva papà, e a bisbigliarle qualcosa. Non ero affatto l'unica che aveva la sensazione che qualcosa di papà era rimasto in quella moto.

La mamma quando decisi di dedicarmi alla stessa passione di papà non oppose resistenza, anzi, per il mio 23esimo compleanno mi fece regalare da Emanuele, il mio fidanzato, lo stesso identico casco che aveva papà per andare in moto, soltanto rosa chiaro, con incise le mie iniziali sul lato destro, C.B. , Christina Biennari.
Quel casco divenne ben presto il mio portafortuna, usavo solo quello. Ci ero molto affezionata, sia per ciò che mi ricordava, sia per il valore affettivo nei confronti di Emanuele. Noi eravamo fidanzati da poco più di un anno. Lo conobbi subito dopo che papà morì. Ci incontrammo per caso una sera in un pub, mentre io ero con delle mie amiche a bere qualcosa per tirarmi un po' su il morale e lui era lì a fare una partita a biliardo con dei suoi amici. Lo notai subito, aveva un fisico da paura. Il classico fisico scolpito di chi passa più di un'ora al giorno in palestra tutti i giorni ad allenarsi. Era il più bello tra i suoi amici. Portava un paio di jeans skinny blu scuro, un maglioncino a collo alto con la zip della stessa tonalità dei pantaloni, ed un paio di sneakers ai piedi. Lo notai mentre stava imbucando la palla numero 8, ad un passo dalla vittoria. Io aprii la porta in quel momento, giusto in tempo per distrarlo dalla vincita della partita. Lui mi guardò per qualche secondo: aveva degli occhi celesti, quasi color ghiaccio, capelli brizzolati molto chiari, sul biondo cenere, ed un sorriso perfetto. Quando notai che anche lui mi stava fissando non riuscivo a crederci. Avemmo entrambi un colpo di fulmine quella sera. Ci vollero pochi mesi prima che ci innamorammo follemente l'uno dell'altra. Lui è stato davvero fondamentale per distrarmi ed aiutarmi ad andare avanti. Penso che senza di lui non so cosa avrei fatto. Mi reputo davvero molto fortunata ad aver trovato lui: uno dei pochi ragazzi della città con la testa sulle spalle e soprattutto senza vizi letali. Non avrei mai potuto sopportare che il mio fidanzato rischiasse la vita ogni giorno come aveva fatto mio padre, ne avevo già perso uno di uomo della mia vita, non avrei mai voluto affezionarmi ed anche solo rischiare di perderne un altro.


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‼️ Eccoci qui che abbiamo appena conosciuto Christina e ciò che per il momento è più importante sapere sul mondo che la circonda.

Vi è piaciuto questo primo capitolo? Se si vi prego di lasciare un stellina ⭐️ ed un commento se vi fa piacere.
Leggerò tutte le vostre perplessità ed apprezzerò i vostri consigli e le critiche costruttive.

Nel prossimo capitolo entreremo più nel vivo della storia e capiremo cosa è successo e cosa ha spinto Christina ad aiutare Raul quella notte del 23 luglio.. curiosi? Aggiungete "L'antidoto è la mia droga" alla vostra libreria per rimanere aggiornati, un bacione!! 🥰😘

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⏰ Last updated: Jan 18, 2020 ⏰

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ʟ'ᴀɴᴛɪᴅᴏᴛᴏ ᴀʟʟᴀ ᴍɪᴀ ᴅʀᴏɢᴀWhere stories live. Discover now