1

2.1K 59 1
                                    

<<Ginevra! Devi scendere, subito!>>

La voce grave e penetrante di Boris mi giunge dal piano di sotto della sua immensa villa. Il marcato accento russo mi incute ancora un po' di timore, nonostante sia sempre stato gentile con noi e so per certo quanto bene ci vuole.

È il primo giorno di college, per me e mio fratello Alex.

Controllo per la centesima volta di avere tutto nello zaino, mi do un'ultima occhiata alla lunga specchiera dietro la porta della stanza e mi decido ad uscire, strascicando i piedi per tutto il corridoio con l'aria tetra di chi preferirebbe passare la giornata tra le onde del Pacifico, piuttosto che in un campus universitario.

Non mi volevo iscrivere a questa scuola, ma Boris ha insistito tanto dicendo che mi sarebbe piaciuto e che avrei vissuto l'adolescenza che non ho mai potuto avere. Stronzate, tutte stronzate.

Alex mi aspetta ai piedi della lunga scalinata e, appena mi vede, mi regala uno di quei sorrisi contagiosi destinati a pochi.

<<Su con la vita, sorella!>>

Per tutta risposta, gli rifilo un'occhiataccia capace di incenerirlo e lo oltrepasso come se lo odiassi. In realtà amo mio fratello, siamo legati in un modo profondo e indissolubile, fin da bambini; dove c'è lui ci sono io.

Per il primo giorno di college Alex ha scelto un paio di jeans chiari, una t-shirt blu navy e delle Converse bianche piuttosto logore. I suoi occhi blu mi osservano per tutto il tempo cercando di sondare il mio umore e capire se qualcosa non va; lo fa sempre, mi conosce troppo bene. Non parlo, vado diretta in cucina e riempio la tazza di latte e cereali. Alex mi segue e finisce di bere il succo all'ananas e io mi chiedo per la centesima volta come faccia a piacergli quella schifezza. Posa il bicchiere nel lavello, si siede di fronte a me e si passa le dita ripetutamente tra i capelli, neri come la pece, che gli ricadono sulla fronte ogni volta che toglie le mani dalla testa. Lo guardo e la sua disperazione mi fa un po' ammorbidire. Gli prendo la mano sul bancone e lui mi guarda, gli occhi pieni d'angoscia; è agitato, e io gli stringo più forte le dita.

<<Andrà tutto bene, siamo insieme>> sussurro.

Abbiamo scelto la stessa facoltà, la School of Management Anderson di Los Angeles, e ci siamo assicurati che i corsi fossero più o meno gli stessi. Alex sembra un po' più tranquillo e si alza dallo sgabello per raggiungere il portone d'ingresso. Lo seguo riluttante e mi sistemo i pantaloncini di jeans in modo da tirarli un po' più giù sulle cosce. Mi avevano avvertita che il caldo della California potesse essere un po' soffocante, ma solo ora mi rendo conto di cosa intendessero veramente. Io e Alex siamo sempre stati abituati alle temperature italiane, o al rigido freddo della Russia. Ci siamo dovuti comprare un intero guardaroba di vestiti estivi appena siamo arrivati a Los Angeles. Boris ha acquistato una villa sulla spiaggia, a Santa Monica. Il posto lo abbiamo scelto noi; era sempre stato il nostro sogno, alzarci al mattino e poter osservare l'oceano, il cielo che cambia colore insieme all'acqua, l'orizzonte infinito che ti calma l'anima e ti fa cominciare bene la giornata.

<<Gin! Se non ti muovi faremo tardi!>>

Raggiungo Alex all'ingresso e lo trovo già sul porticato, con Boris che lo saluta abbracciandolo.

<<Sicuri che non volete che vi accompagni io? Los Angeles è molto trafficata e...>>

<<Boris, ce la caveremo, ne abbiamo viste di peggio>>, taglio corto io. Un attimo dopo vengo assalita dalla terribile verità delle mie stesse parole e noto le espressioni mutare sui volti di mio fratello e del nostro padre adottivo. Mi scuso con lo sguardo e Boris mi rassicura stringendomi la spalla. Mi abbraccia un po' goffamente – odio gli abbracci - poi mi lascia andare, seguendoci con lo sguardo finché non raggiungiamo l'auto di Alex. Ha insistito tanto affinché andassimo con la sua, visto che avevo da poco finito di sistemargliela e non vedeva l'ora di provarla. Ero curiosa anch'io, in effetti. Ci ho messo molto più tempo del previsto dato che la Corvette C1 è del 1960 e non avevo mai messo mano su un'auto d'epoca. Il blu elettrico della carrozzeria brilla sotto il sole e i raggi che riflettono nelle cromature mi accecano per un attimo. Abbasso gli Oakley e sorrido rassicurante ad Alex che, un attimo dopo, ingrana la marcia e parte.

Va che è una meraviglia. I capelli svolazzano nella calda brezza estiva della California e, in quel momento, la vita, il mondo, l'esistenza, mi sembrano semplici. Ma è solo per un attimo, poi l'angoscia e l'oscurità ritornano e mi si torce lo stomaco.

Frugo in tasca e ne estraggo un pacchetto di sigarette. Alex mi guarda storto; non vuole che fumi, men che meno di mattina, ma non dice niente.

Ci mettiamo circa venti minuti a raggiungere il campus e ce ne mettiamo altri venti a capire dove dobbiamo andare per la presentazione del nuovo anno accademico. La struttura, devo ammetterlo, è molto bella. È un edificio di mattoni con una grossa scalinata sul davanti. Anzi, gli edifici sono quattro e la loro forma strana crea all'interno una piazza perfettamente circolare.

Alla presentazione ci sono tantissimi studenti e altrettanti professori. Subiamo un'ora di inutili informazioni, di raccomandazioni su regole abbastanza ovvie e, per ultimo, la presentazione dei corsi principali, perfettamente reperibili online.

Se c'è una cosa che ho imparato insieme ad Alex è che la vita è breve per davvero. Spesso le persone dicono che il tempo vola e tutti pensano "ma che dici, ho tutta la vita davanti!". Ma credo fermamente che non sia vero. Io per prima tendevo a rimandare le cose che non avevo voglia di fare, sostenendo che tanto avrei avuto tempo. Ma ora sono del tutto certa che non sia così ed è proprio per questo motivo che, una delle cose che odio di più al mondo, è perdere tempo, buttarlo via, sprecarlo per annoiarmi facendo cose totalmente inutili come questa stupida presentazione. Così, quando finalmente ci congedano augurandoci un buon anno accademico, mi alzo nervosa, arrabbiata e davvero di cattivo umore. Basta poco, me ne rendo conto, ma non posso farci niente.

Non sono ancora convinta che questo college mi piacerà, ma ormai è tardi per tornare indietro. Mio fratello percepisce il mio turbamento, mi stringe di fianco a sé e io sento delle risatine alle nostre spalle. Mi volto e noto che un gruppo di tre ragazze tutte gambe e niente tette ci sta osservando piuttosto interessato. E al diavolo i nostri propositi di farci i fatti nostri e passare inosservati. Continuano a guardare Alex e a parlottare tra loro. Mi avvicino di più a lui e gli bisbiglio:

<<Siamo qui da cinque minuti e hai già fatto colpo su tre, sei disgustoso.>>

Alex ride, buttando indietro la testa e facendo ricadere il ciuffo sulla fronte.

<<Non è colpa mia se abbaglio come il sole!>> dice, strizzandomi un occhio.

Come dargli torto. È mio fratello, lo so, ma è oggettivamente bellissimo ed è impossibile che uno come lui passi inosservato. Ha i capelli neri e gli occhi blu, le labbra carnose come le mie. È alto, abbronzato, un sorriso tutto denti bianchi e un fisico capace di intimidire un modello di Vogue. Merito di anni e anni di addestramento, penso. Ciononostante, Alex non ha avuto molte ragazze. Credo più per la mancanza di occasioni che per il fascino italiano.

Proseguiamo verso l'aula che ci hanno indicato sul foglio e mi sforzo di non ascoltare quello che dicono, invano.

<<È pazzesco, ma da dove è uscito?>> dice Barbie-uno.

<<È già fidanzato. Lo è per forza, uno di quel livello>>, rincara Barbie-due.

Uno di quel livello? Cosa pensano che sia, un videogioco?

<<Se sta con quella, giuro che mi sparo>>, conclude Barbie-tre.

Faccio per voltarmi e spaccare sulla faccia di tutte e tre i loro cattivi pettegolezzi, ma Alex mi stinge forte il braccio e mi lancia uno sguardo ammonitore.

<<Calmati, non ne vale la pena. È il primo giorno, dannazione>>, sibila a denti talmente stretti che quasi fatico a capirlo.

Tiro dieci lunghi respiri e cerco di sedare la rabbia che mi ribolle dentro, una battaglia che mi tocca combattere ogni santo giorno. Chiudo gli occhi e mi lascio condurre via.

Naked FeelingsWhere stories live. Discover now