Étoile

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Una camera... Esasperante.

«Accidenti!!»

Ecco, appunto. Abel è sul punto di strapparsi tutti i capelli dal nervoso: come primo viaggio in nave in solitaria non è certo un granché. Sicuramente per tutti i soldi che ha sborsato per questo "lussuoso" trasporto verso il Marocco non avrebbe mai osato immaginare di trovarsi sopra il salone delle "feste", la specie di discoteca per pensionati che è l'unica attrazione sul mezzo.
L'oscillazione tipica delle navi, grandi o piccole che siano, è forte a causa delle condizioni del mare e gli ha fatto venire un gran male alla testa che è sul punto di trasformarsi in nausea.
E invece che concedersi un po' di riposo sul letto che ha pagato così caro gli tocca sorbirsi quella specie di cantilena per la quale i vecchietti paiono impazzire!
Nero di rabbia, dopo essersi messo una camicia pulita e un paio di pantaloni non ancora sciupati dalla valigia, esce dalla suite azzurra e si dirige di sotto. Quantomeno c'è la speranza che i ballerini lo distraggano e lo aiutino a sopportare il mal di mare...

Appena girato l'angolo alla fine delle scale di marmo si trova in un'altra dimensione. Le luci dorate, le vibrazioni dei bassi ma soprattutto le decine di gambe, teste e braccia che danzano lo trasportano lontano nello spazio e ancor più nel tempo.
Non sono soltanto vecchietti!
Catturato dallo spettacolo, si addentra nel salone notando come tanto il soffitto quanto le pareti siano scintillanti. Non pare più una nave: è tutto un sogno. È come se si trovasse proiettato in un'altra epoca - la giovinezza di coloro che aveva definito "vecchi". Oh, se solo fosse sceso prima!

Meravigliato, dimentico del malessere che lo ha perseguitato fino a poco prima, si adagia su una poltroncina libera e da là - letteralmente in prima fila, o ancor meglio, in mezzo al palcoscenico - vive la danza delle mille gambe che ha intorno.
Sente il desiderio di unirsi, di sfogare l'energia che improvvisamente gli scorre dentro; ma ha paura di rovinare l'atmosfera con la sua "goffaggine", di far cessare il sogno a causa degli sguardi che si troverebbe addosso, quindi rimane seduto dov'è, limitandosi a far oscillare il capo a ritmo.
Questa musica è diversa. Ha strumenti, ritmo, trasuda sentimenti... È discreta nella sua grandezza e sottile. Ecco, in pratica è il suo contrario esatto.
Ciò che lui sa fare è concentrare ogni energia in un solo movimento, caricare e rilasciare, è muoversi in modo quasi meccanico per poter usare ogni momento e non sprecare forza. Non ha mai seguito i sentimenti...
Sotto quella luce, le guance dei mariti sono contro quelle delle mogli, le mani intrecciate davanti ai petti e contro i fianchi. Lui non ha compagnia con cui ballare, con cui stringersi in tal modo... Nessuno potrebbe concretamente giungere a poggiare la guancia contro la sua a causa della sua altezza ben oltre la norma.
Perdendo un momento il contatto con la realtà, si osserva le mani dopo averle involontariamente passate sul viso in quella carezza che nessuno, almeno negli ultimi cinque anni, ha avuto occasione di fargli. Le ha sempre considerate meri strumenti: e in effetti tutto quello che sanno essere è "funzionali". Sono troppo rovinate per essere "belle" e troppo grandi per-- per stringere le dita di chiunque altro.
Una macchina da guerra non potrà mai trovar luogo nella favola del mondo civile e un fuoristrada corazzato non starà mai bene in un parcheggio pubblico o su una statale...
Similmente, lui è ben al di fuori dei luoghi ai quali appartiene. Non sarebbe mai dovuto salire su quella nave, piena di gente elegante e così maledettamente normale che nulla ha a che fare con ciò che lui è.

Come avvertendo qualcosa fuori posto alza lo sguardo alla ricerca di chissà che. In effetti ha ragione: ecco lo scatto di una ragazza che lo stava osservando e che rischiando di essere notata s'è voltata arrossendo. Sorridendo sotto i baffi, Abel torna a concentrarsi su sé stesso. O almeno, questa sarebbe la sua intenzione.
Perché lo stava osservando? Magari a lei non dispiacerebbe ballare. C'è chi dice che ognuno ha un'anima gemella in questo mondo, è sicuro di averlo letto in qualche libro. Più probabilmente, però, si sta solo facendo un sacco di film mentali.
Quasi sicuro che prima non stesse guardando lui e senza riflettere, torna a rivolgersi in direzione della fanciulla realizzando in un istante che avrebbe potuto andarsene in tranquillità mentre lui non guardava. E invece è là e questa volta non si gira: si limita ad abbassare gli occhi sulle sue stesse gambe, che spuntano da sotto il vestito nero a pieghe che soltanto la collana e i grandi orecchini ravvivano. I capelli lisci lisci le scivolano sul viso e col gesto che fa per riportarli al loro posto gli sembra... Diversa. In qualche modo, più bella di tutto ciò che la circonda.
Bhe, è tutta sola, non è vero? E anche lui, oh, di maledetto.
Non sembra essere del tutto consapevole delle sue azioni mentre si alza e si dirige alla sua poltroncina.
«Buonasera» la saluta cordialmente, dando per scontato che ella conosca il francese, guadagnandosi i suoi occhi verdi addosso e un sorriso dotato di luce propria.
«A lei»
«Mi chiedevo se fossi l'unico ad avere sete... Odio bere in solitudine»
La giovane si alza articolando a fatica un «No, anch'io, se vuole vengo con lei...»
«Dammi del tu: io sono Abel»
«Ed io Maria»
Si dirigono al bancone in silenzio, la musica che rincorre i battiti dei loro cuori palpitanti. Una volta tornati a sedere, comunque, con le aranciate in mano, nulla potrebbe interrompere la loro conversazione.
«Non è che mi intenda di accenti, ma tu non sembri proprio francese»
«Infatti sono tedesca. Di Monaco, per la precisione»
«E come mai sei su questa nave?»
Maria prende un lungo sorso. «Volevo cambiare aria e nulla è più terapeutico del mare. È tutta la vita che me ne sto sotto il cielo della mia città... Ora che i miei sono morti, però» aggiunge a mezza voce, «Sembra tutto diverso».
«Mi spiace tanto per loro». Per lunghi attimi, si scrutano a vicenda.
«Tu da dove vieni?»
«Qualche miglia prima del molo... Ora abito a Marsiglia.»
Tutti sanno come il tempo sia frivolo e dispettoso: i minuti, le canzoni si rincorrono, e loro sono sempre là, a sorridersi da dietro i bicchieri. Almeno fino a che non parte una canzone che, alle orecchie di lui, suona esattamente come le altre.
«Ohh! Che bella!»
Non capendo a cosa Maria si riferisca, si guarda intorno. E lei ridacchia.
«La canzone, dico. La ascoltavo spesso...»
«E la sai ballare?» Intrigato, Abel si sporge in avanti sulla sedia.
«Certamente.»
Si alza e le tende la mano. «Cosa aspettiamo allora?»

Lasciarsi trasportare è molto più semplice del previsto: stringendosi viene quasi naturale volteggiare come foglie di pioppo. Non c'è bisogno di pensare a stringersi, lo si fa e basta e anche se la testa di Maria gli arriva appena al petto, Abel è al settimo cielo. Si guardano intorno, timorosi di andare addosso a qualche altra coppia; ma dopo poco i quattro occhi si ritrovano incollati come se non fossero stati fatti che per quello. Negli occhi della giovane brilla tutto il firmamento; Abel non ha mai avvertito una sensazione così bella e a tratti sente una gran voglia di piangere di gioia.
Da parte sua, Maria piangerebbe per un altro motivo. Certo che quella canzone è bella... Ma ora si trova a ballare nel flusso dei suoi ricordi, e fanno proprio male. Quella canzone la ascoltava in compagnia del suo primo fidanzato, guardando i suoi genitori ballare, durante un matrimonio. Erano giovani, pieni di-- pieni di vita.
Le sembra di ballare in mezzo a tutti i cari che mancano, come se la luce non arrivasse dai lampadari ma dal suo stesso animo e dal corpo di colui al quale si stringe disperatamente. Egli non può sapere che i suoi occhi sono l'unico appiglio rimasto ad un presente che non le sembra nemmeno di vivere: anche loro sono tanto belli, tutto ciò che la circonda è bello, ma... Nulla le appartiene.

D'un tratto le forze le mancano e deve chiedere ad Abel di fermarsi. Non riesce a parlare, la testa le gira e lui tuttavia insiste per sapere cosa le stia succedendo: scoppiando a piangere Maria raccoglie qualche forza e si incammina alla sua camera. Il biondo rimane immobile, la guarda allontanarsi con mille domande in testa e senza alcuna idea di cosa fare.
Avrà mai più occasione di rivederla? Di capire dove ha errato - se lo ha fatto - e di farsi perdonare?
Si siede. Se lei volesse rivederlo, sicuramente si dirigerebbe là, quindi l'unico modo per poter chiarire ogni cosa è rimanere dov'è.
Dopo qualche minuto, tuttavia, si alza: il sogno è terminato e anche se lei volesse ricominciare da capo non sarebbe più come prima. La musica continua, ma le coppie ormai stremate stanno lasciando la sala. L'oscillazione della nave ricomincia a farsi sentire e Abel non intende sprecare ulteriore tempo e forze là sotto. Con una strana determinazione se ne torna in camera: non potrebbe mai funzionare tra due persone che vivono in tempi diversi, alle quali è negato di spostarsi da dove si trovano. Forse entrambi sono fatti per stare, semplicemente, soli.

DansantWhere stories live. Discover now