92

77 6 0
                                    

Non avevo paura, non ero agitata per quello che stava per succedere.

Era tutto sotto controllo, tranquillo, certo e sicuro come la morte.

Era stato tanto atteso, anelato, era tutto ciò che volevo, tutto ciò che avevo cercato e, fino a quel momento, non avevo mai trovato.

Sapevo che era inevitabile, non potevamo rinunciare a noi stessi e a tutto quello che eravamo insieme, voltando le spalle alla cruda, ineluttabile realtà che conduceva me tra le sue braccia e lui ad abbracciarmi con passione e trasporto come se quell'abbraccio fosse l'ultimo.

Forse, mesi prima, quella fredda notte di marzo, avremmo potuto negare noi stessi, ma non ora, non dopo tutto quello che avevamo passato, non dopo esserci privati di quell'amore per il quale avevamo sofferto, pianto e sanguinato, non dopo aver rinnegato la verità, dopo aver lottato così a lungo per non affermare i nostri veri sentimenti senza nome. Non dopo esserci ritrovati in quella stanza, senza averlo programmato, quasi la vita avesse ordito una strana e contorta trama, per portarci proprio lì, proprio in quel momento.

La notte era nera come un manto steso sulla città oscura e, dalle finestre chiuse, il mondo ci arrivava solo in lontananza: dentro a quella stanza c'eravamo solo noi, pochi fruscii, pochissime parole, con sguardi che gridavano forte ciò che non ci saremmo mai detti. Sospiri, ansia, tensione, attesa, timore, curiosità, sicurezza, la sensazione che qualcosa stesse per succedere, ma non sapere come comportarsi, unita alla certezza che quello che stava per succedere era ineluttabile.

Mi sembrava di vivere dentro ad un sogno, in un posto incantato che non esisteva davvero, anche se per arrivarci non avevo altro da fare che guardare quei suoi grandi occhi profondi e perdermici dentro, perché in quegli occhi meravigliosi vedevo me stessa, lui e noi due insieme, vedevo tutta la mia vita per come poteva raccontarmela lui, per come poteva vederla in quel mondo magico ed irreale che aveva creato intorno a me, incantesimo impossibile e fragilissimo.
I suoi occhi mi narravano una storia segreta, che non era una favola, ma era la descrizione perfetta del momento che avevamo sognato a lungo e ora, incredibilmente, stavamo vivendo.

Era alla lettera un sogno strabiliante: era lì, era con me, come doveva essere fin dal primo momento e, al tempo stesso, era anche reale, perché Diego, il mio magnifico, adorato Diego, aveva quel raro potere di rendere tutto dannatamente sospeso e concreto, al tempo stesso una favola magica, ma anche una concreta verità, che sentivo, toccavo, assaggiavo, ne sentivo il profumo, ne sfioravo la consistenza.

Rendeva tutto irreale, tutto bellissimo, rendeva possibile vivere attraverso quell'amore senza nome, guardarlo e non avere più alcun dubbio, come se, veramente, fosse per noi l'unica decisione che potessimo prendere. Rendeva possibile vivere di quell'emozione, arrendersi a quell'abbraccio incandescente, perdermi in lui, credere, ancora, anche solo semplicemente perché il suo amore mi faceva vivere quel momento sospeso, quell'abbraccio che mi portava oltre a tutto, fuori da quella stanza, oltre alle nuvole, sopra al cielo, dove potevo vedere il mondo e la mia vita come se fossero lontani ed inconsistenti.

Rendeva possibile perdermi in un vortice di emozioni che non avevano un filo conduttore e passavano dallo sbigottimento fino alla felicità più elevata, senza nome.

E, al tempo stesso, rendeva possibile farmi sentire tutto: il profumo della sua voce, la musicalità della sua pelle, ogni muscolo teso, il suo respiro leggero sul collo che mi faceva rabbrividire, le mani dalle dita lunghe, il modo che aveva di stringermi, quasi volesse entrarmi dentro, diventare parte di me: quello non era un semplice, sciocco abbraccio, perché entravo dentro di lui, entrava in me e, insieme, diventavamo una cosa sola.

Non era spiegabile, non era comprensibile e non potevo trovare le parole per dirgli che non potevamo fare altro che andare oltre quell'abbraccio, perché lo volevo e lo voleva anche lui.
Era qualcosa che superava la semplice passione o l'attrazione fisica, andava ben oltre alla follia di un attimo di appagamento: gli davo il mio cuore, mi arrendevo, ero sua, lo sarei stata per sempre, anche se avevo la spiacevole sensazione che quel momento sarebbe durato un attimo e, per quell'attimo dannato e benedetto, avrei pagato per il resto dei miei giorni.

SegretoKde žijí příběhy. Začni objevovat