Introduzione. Parte 1

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Aspetto che arrivi. Non lo posso negare. Sto guardando quella porta da non so quanto tempo, aspetto solo che si apra e che lui sorrida e mi ricordi quanto sono belli i suoi sorrisi su di me.

E mentre metto su la mia espressione migliore, sento uno scroscio di applausi e urla di congratulazioni alle mie spalle.
È arrivato.
Dopo quattro giorni è tornato... vincitore.
Un pensiero lungo una frazione di secondo. Devo continuare a lavorare, velocemente carico la lavastoglie e asciugo gli ultimi bicchieri rimasti sul bancone, mentre un ciuffo distratto mi cade sugli occhi. Sbuffo, un po' impacciata. Ho perennemente i capelli in disordine.

"Un gin tonic, per favore".

Dovevo immaginarlo. Lui non si ferma, entra in scena e basta: sorride, saluta, abbraccia, è il suo modo silenzioso per scusarsi del ritardo.
Lo guardo e tentenno un attimo, accenno un sorriso e so che lui sa. Sa quanto sono felice per lui.

"Gin extra dry?" alzo appena la voce, cerco di farmi sentire tra gli schiamazzi dei suoi amici dentro al bar.
"No. Il solito. Tanqueray."
È duro, mi sembra sfuggente.
Ma ogni volta che mi guarda così, col sopracciglio alzato e l'espressione stranita, un po' sprezzante, non riesco a non chiedermi se dietro quello sguardo scuro ci sia nascosta un po' di verità. Forse è davvero deluso, so bene quale gin beve, l'ho chiesto solo per rimarcare la distanza che sento, come se ricordare quello che beve un cliente abituale fosse una debolezza e non una parte del mio lavoro.

"Bravo Nic! Ebbravo!"
"Daje fratè! Sei il numero uno!"

Sono tutti entusiasti, Niccolò è tornato da Milano dopo aver vinto un contratto con una casa discografica indipendente; Adriano mi ha detto che c'era un contest, che Nic era andato là per accompagnare un amico, che alla fine ha deciso di partecipare e ha vinto.

Il primo posto.
Finalmente.
Ce l'ha fatta.

Ci credevano tutti, e un po' anche io, infondo lo sapevo che sarebbe solo potuta andare così, ma avevo paura.
Paura per lui.
Come se il dolore procurato da una sconfitta, avesse potuto lacerare anche me.
Come adesso, dietro il bancone di questo bar, mentre osservo i ragazzi che vedo ogni giorno festeggiare felici il loro amico, mi sento un po' estranea. Chi sono io? L'ultima arrivata che si è presa una cotta per il ragazzo sbagliato?

Niccolò si allontana dal gruppo, viene verso di me, gli immancabili occhiali scuri sulla testa, i capelli scompigliati e gli occhi stanchi. Per un attimo mi sembra di essere sola con lui nella stanza e me ne frego, non resisto, allungo una mano e sfioro la sua posata distratta sul bancone.
"Complimenti, davvero. I tuoi sogni stanno diventando realtà"
Glielo sussurro piano, in un orecchio, incurante del fatto che lui abbia ritratto appena la mano come se il mio tocco potesse bruciare. Ma quando afferro il suo gin tonic e lo spingo verso di lui, i suoi occhi sono accesi e il sorriso incerto.
Mi piace, mi piace tanto: la linea dritta del naso, gli occhi scuri e profondi, il labbro inferiore quando sorride, lo trovo bellissimo anche quando ha addosso giorni di stanchezza e entusiasmo.

"Vuoi vedere il premio?" - lo seguo con lo sguardo e mi indica una targa incorniciata posata su un tavolino del bar.
Deve averla posata lì appena entrato, non me ne ero neanche accorta.
Leggo il suo nome scritto in un corsivo elegantissimo.
"Sono così stupidamente felice Nina. È stato un finesettimana meraviglioso... credo di aver bisogno più spesso di momenti così"
È sincero. Gli occhi puliti, più grandi, bagnati di felicità si posano su di me con dolcezza.

È doloroso.
Mi fa male tutto - le mani, le braccia, lo stomaco, le guance, gli occhi, tutto - quando si tratta di lui.

"Ti rendi conto? Ho vinto.
Per una volta ho vinto io."

Eccolo lì, il nostro problema. Riusciamo a parlare, a confonderci, ad aprirci come se nulla fosse successo, come se davvero ci conoscessimo da tempo. Come se tutti quei silenzi non facessero un male tremendo.

"Adriano mi ha fatto vedere qualche video che gli hai inviato. È stato... bello."
Ci provo, in qualche modo.
Sistemo i capelli, abbozzo un sorriso, ma in realtà sono in imbarazzo, non so più cosa posso o non posso dirgli. A tratti è schivo, poi si apre e io forse m'innamoro un po', poi torna al suo posto come se non fossi mai esistita.

"Si, ancora non mi sembra vero".
Annuisce. È tornato a chiudersi nel suo mondo, nella sua felicità, nelle paure che lo attanagliano ma che per un po' sceglie di non ascoltare.

Un attimo di silenzio, prende il bicchiere e mi volta le spalle, torna dai suoi amici, alla sua vita, ai suoi traguardi, quelli che in realtà non mi riguardano.

Esce appena fuori dalla porta, si accende una sigaretta, un tiro alla Malboro e un sorso al gin tonic, intanto parla, scuote la testa, racconta... lo osservo cercando di non farmi vedere mentre loro festeggiano e io continuo a pulire, lavo bicchieri, spengo la macchina del caffè, strofino il bancone e tutto quello che mi capita sotto tiro. Voglio solo che questa serata finisca presto, sono esausta, esausta dentro, come quando trattieni il respiro per troppo tempo e alla fine ti senti sfinita.

Perché continuo a sentirmi così?
E perché ho accettato questo lavoro?

Mi fa male la testa da tutte le domande che continuo a farmi e alle quali non voglio darmi risposta.
Adriano mi distoglie dai miei pensieri, bussa sul vetro con un tonfo sordo.
Sono ancora fuori, li sento ridere mentre brindano e si lasciano contagiare dalla gioia di Niccolò.
Agita la mano e mi fa segno che stanno per andarsene, gli mando un bacio e riesco a leggergli il labiale:
"Ci vediamo domani".
Contraccambio con un sorriso quando Alessandro spinge la porta e si affaccia dentro:
"Nina ce ne andiamo, a che ora stacchi? Se vuoi passo a prenderti con la macchina e ti accompagno a casa più tardi. Lo sai, non è il caso che tu vada da sola."
Sono sempre così premurosi con me, ma stasera ho bisogno di camminare un po', preferisco raggiungere il mio appartamento a piedi per rimettere un po' a posto i pensieri.
"Grazie del pensiero Ale, ma faccio una camminata."
"Sicura? Inizia a far freddo".
"Stai tranquillo, non sono poi così distante".

Mi fa l'occhiolino e chiude definitivamente la porta, mi salutano tutti, solo Niccolò agita la mano dandomi la schiena.

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Angolo autrice.

Sono nuova, spero vi piaccia.
Fatemi sapere. Un abbraccio
e "sogni appesi" per tutti voi.

Girasoli sotto la pioggia di RomaWhere stories live. Discover now