↬𝙵𝚛𝚒𝚎𝚗𝚍𝚜𝚑𝚒𝚙

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L'amore ha fatto sì che la trappola
in te sembrasse un rifugio❞

Il fatidico primo giorno di scuola, quello che chiunque vorrebbe evitare, soprattutto se, come me, era costretto a frequentare una scuola totalmente nuova, era arrivato.
Non sono mai stato un tipo socievole, figuriamoci in un posto in cui non conoscevo nessuno, o meglio... Qualcuno lo conoscevo.
Il ragazzo dagli occhi magnetici e l'aria da demone tormentato, anche conosciuto come Michael Clifford.
Da quando avevo saputo il suo nome, questo non la smetteva di rimbombarmi in testa, come un eco lontano.
Michael, Michael, Michael.

Da un lato, sarebbe stato confortante avere accanto qualcuno di cui almeno conoscevo il viso ma, dall'altro, ero spaventato all'idea di rivederlo.
Mi sembrava uno di quei tipi popolari che non ti guardano più di una volta, se non per prenderti in giro alle spalle.
Michael Clifford mi era sembrato un montato testa di cazzo, ecco.
Dagli occhi bellissimi, la risata affascinante e la scia di colonia che si trascinava dietro. Ma, inesorabilmente, una testa di cazzo.

Non che farmi degli amici fosse uno dei miei obbiettivi principali, ma nuova città nuova vita, no?
Avevo lasciato la caotica Camberra senza nemmeno qualcuno che potesse sentire la mia mancanza, tralasciando la proprietaria della biblioteca in cui mi fermavo sempre a leggere.
Forse, era il momento di cambiare alcune delle mie abitudini, ad iniziare dalla mia schiva timidezza. Non ero mai stato bravo ad analizzare le persone a prima vista, come avevo verificato con il signor Clifford quindi facevo fatica ad avvicinarmi a qualcuno, mettendo da parte il mio sentirmi costantemente a disagio.
Sì, era arrivato il momento di trovarmi degli amici.

Con quei pensieri in testa, scesi le scale, salutando con un cenno del capo sia mia madre che William, sedendomi poi al tavolo per fare colazione. Ovviamente lei era in vena di chiacchiere.
«Che ne pensi se stamattina andassi a scuola con Michael? Suo padre mi ha detto che fa davvero fatica a svegliarsi presto e ad arrivare a scuola in orario, magari sapendo di dover andare con te potrebbe alzarsi prima»
Continuai a versarmi i cereali nella mia tazza adorata di Adventure Time, cercando di ignorare quel pizzicore su tutto il corpo scatenato dal nome di quel ragazzo. Dio, che mi succedeva?
«Se uno è ritardatario lo rimane, mamma. Di certo non farà uno sforzo per qualcuno che ha appena conosciuto e che potrebbe stargli benissimo sulle palle» mormorai, per poi essere ripreso con uno schiaffetto dietro la testa.
«Il linguaggio, Lucas!»

Sempre così. Per lei rimanevo un bambino che non poteva dire parolacce o farsi amici da solo.
Non volendo ascoltare nessun'altra delle sue chiacchiere, finii di mangiare in silenzio, afferrando lo zaino.
«A scuola ci vado da solo, la strada l'ho imparata»
Senza dire altro, uscii di casa, respirando a pieni polmoni l'aria fresca della giornata post pioggia.
Alzai lo sguardo al cielo, trovandolo leggermente nuvoloso. Sorrisi. Almeno c'era la possibilità che piovesse, unica cosa bella della giornata.

Stavo proprio per iniziare ad incamminarmi quando una voce mi fece bloccare sul posto, come congelato.
Avevo dimenticato quanto potesse essere profonda.
«Ehy, svitato! Stai andando a scuola?»
Mi voltai verso di lui, cercando di guardare qualsiasi cosa che non fossero i suoi occhi. Volevo evitare ogni tipo di figuraccia quella mattina, avendone già collezionate troppe.
«A quanto pare...» mi strinsi nelle spalle, sentendo la voglia di colpirmi da solo.
Ma che razza di risposta era?!

Un piccolo sorriso fece capolino sul suo viso, attirando lo sguardo sulle sue labbra fin troppo rosse.
Stupidi ormoni.
«Ti serve una mano a trovare la strada? Mio padre è in ansia per te... Dice che sembri un bambino sperduto»
Perfetto.
Non bastava mia madre, ora anche un estraneo mi considerava un poppante.
Davvero davo questa idea?
Eppure ero anche altissimo, dannazione.
Scossi la testa, sentendomi già in imbarazzo per quella sua rivelazione.
«No, tranquillo... Piuttosto mia madre mi ha detto che di solito fai fatica ad arrivare in orario, eppure sei già pronto» osservai, aggrottando di poco la fronte.
«Te l'ho detto, mio padre era in ansia. Mi ha spedito fuori dal letto per controllare che sapessi dove andare»
Notai che stava trattenendo una risata e questo mi fece sentire ancora più in imbarazzo.
Di male in peggio.

Epiphany || MukeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora