Capitolo sette

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La versione di Roxi

Sono l'una passate quando torniamo al Seven nella speranza che i tecnici abbiano risolto il problema, ma quando ci passiamo davanti, il locale silenzioso e deserto ci rivela del contrario.

Le sole persone presenti sono tre buttafuori che fumano una sigaretta, e un signore in un completo elegante appoggiato su quella che immagino sia la sua Porche, con il motore acceso e lo sportello aperto. Quelle che escono dall'auto di lusso, sono le uniche luci ad illuminare quel quartetto.

Un mugolio di disapprovazione riempie gli interni della C3, mentre Isi accosta e chiede di nuovo: «Quindi, dove andiamo adesso?».

Mi stringo nelle spalle: non ne ho idea. Saremmo rimaste al Teresita, ma l'apertura stagionale sarà la prossima settimana e quando siamo venute via la situazione era abbastanza triste.

«Non saprei ragazze, forse dovremmo tornare semplicemente a casa a questo punto», dico con un sospiro.

Nonostante il vino, inizio ad essere un po' stanca a dire il vero, e domani voglio svegliarmi presto per fare il cambio di stagione nell'armadio prima di andare al mare.

«Non se ne parla, Roxi!», scatta Isi. «Stasera dobbiamo festeggiare! Non te lo sei dimenticata, spero».

Benedetta concorda. «Ha ragione Isi! E poi io non ho nessuna intenzione di andare a dormire adesso! Sentite, io un locale lo conoscerei anche...».

«Benissimo, dov'è?», chiede Isotta repentina.

«È vicino... rimane appena dopo la passeggiata».

Sembra esitare, Susi se ne accorge e senza tanti giri di parole le chiede scettica: «Ma fa schifo?».

Bene si finge scioccata. «Ma no, quale schifo! È solo... un po' diverso dal Seven, ecco», cerca di usare un tono rassicurante, senza riuscirci.

Ci guardiamo perplesse, ma prima che una di noi possa dire qualcosa, lei ha già preso il comando della situazione. «Isi, torna indietro, ti dico la strada quando siamo vicine», dice sporgendosi verso di lei e allungando il braccio per alzare il volume dello stereo per coprire le nostre possibili proteste.

Il locale rimane nei pressi del Teresita e in dieci minuti lo raggiungiamo. Dopo il terzo giro, finalmente troviamo un posto libero e Isi parcheggia. Scendiamo e ci incamminiamo a piedi.

«Che bella serata», esclama Susi con le braccia aperte e la faccia rivolta verso il cielo stellato.

Sorrido e guardo a mia volta le stelle: la luna piena, grande e luminosa proprio sopra le nostre teste è uno spettacolo.

«Bene, ma come si chiama questo posto?», chiede Isi senza guardarla, impegnata a cercare qualcosa nella pochette dorata.

Bene indica una piccola folla di persone riunite davanti ad un... palazzo?

«Guardalo tu stessa», dice.

Mentre ci avviciniamo, allontanandoci dalla luce dei lampioni sulla strada principale e inoltrandoci nel buio, riesco a distinguere i contorni di una grande porta su cui è apposta un'insegna al neon, fuxia, che riporta la scritta "Furie" in corsivo.

Isi alza finalmente la testa e la vede, nello stesso instante tutte e tre ci blocchiamo a metà via.

Bene sbuffa. «Ma cosa fate?», si finge stupita, ma si capisce che si aspettava la nostra reazione.

«Bene, ma... ci hai viste?». Con un gesto fluido indico tutt'e quattro, in tacchi a spillo e pochette in coordinato.

«E allora? Meglio! Guarderanno tutti noi» Strizza l'occhio.

«Certo che ci guarderanno, per sfotterci», sentenzia Susi.

«Io non sono interessata ad essere guardata in generale, e men che meno da gente che frequenta questi posti», afferma convinta Isi.

Bene incrocia le braccia sul petto e solleva un sopracciglio. «Non ci credo! Che pregiudizi! Cosa mi tocca sentire...».

Isi non si scompone.

«Davvero Bene. Mi sento a disagio vestita così, lì», indico prima me e poi l'ingresso affollato di gente.

Ora che sono più vicina mi rendo conto che le persone stanno fuori a fumare, e non perché sono in fila per entrare come pensavo. Probabilmente dentro non dev'esserci neanche la sala fumatori.

«Sono cavolate». Bene mi viene incontro e mi afferra la mano. «Tanto per cominciare sei uno schianto, e poi chi se ne frega del giudizio della gente». Mi trascina per qualche passo, poi si gira rivolta a Isi e Susi che sono rimaste immobili. «Mi sembra di aver capito che stasera dobbiamo festeggiare, o sbaglio?».

Guardo Isi che mi guarda a sua volta, poi sospira e ci raggiunge, seguita da Susi.

«Ma io dico, un conto è "non proprio come il Seven" e un altro è "più simile al don bosco di Pisa"», borbotta rassegnata.

Ci mettiamo a ridere come pazze per quel paragone. Siamo vicine, l'eco sordo della musica Techno ci raggiunge trasportato dalla leggera brezza marina, e se non fosse bastato il nostro abbigliamento ad attirare gli sguardi di tutti i presenti al nostro passaggio, ci hanno pensato le nostre risate rumorose.

 Siamo vicine, l'eco sordo della musica Techno ci raggiunge trasportato dalla leggera brezza marina, e se non fosse bastato il nostro abbigliamento ad attirare gli sguardi di tutti i presenti al nostro passaggio, ci hanno pensato le nostre risate ...

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