Lacrime di Pietra

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Quella sera la sua grotta sembrava così fredda, i brividi le salivano sulla pelle crespa e i suoi occhi vagavano quasi impauriti da quello strano cambiamento. Si sentiva strana, l'ambiente intorno a lei era strano. L'aria era ferma, stagnante, sembrava come se i suoi occhi avessero pietrificato anche quella; il vento si era dissolto, nel nulla, come se anche lui avesse paura di lei, della creatura che abitava quell'aspra cavità. Si accovacciò silenziosa, l'unico conforto che poteva sperare di ricevere era dalla fredda e dura pietra a contatto con il suo brutto e oscuro corpo, quella pietra che ormai era diventata parte di lei, che lei usava per compiere le sue malvagità, per sfogare la sua pazza follia, la sua immane smania di vendetta contro persone che vendetta non si meritavano. Solo alcuni sibili rompevano quel silenzio così tetro, anche se per lei niente era più tetro di lei stessa. Spostò le ginocchia verso di sé, rintanata ancora tra le rocce, lontana dagli ultimi bagliori del fuoco che illuminavano con la loro tenue luce brillante i corpi distesi e addormentati delle sue sorelle. Strinse a sé la veste nera, un lungo peplo scuro come la notte, come la disperazione, come la morte; la mano che stringeva quasi freneticamente la stoffa ruvida e sporca, stoffa fatta da lei, chi mai procurerebbe una veste ad un mostro? Chi mai guarderebbe anche solo negli occhi un mostro? Il numero dei suoi respiri aumentava, la frequenza aumentava, i battiti del cuore aumentavano. Sentì per la prima volta qualcosa di simile alla paura, forse era la paura stessa, per la prima volta da quando era un mostro, prima aveva anche lei un cuore, aveva anche lei dei sentimenti, aveva anche lei degli affetti. I suoi occhi si posavano sgranati e spaventati sulle ombre che proiettavano quelle statue, che statue non erano, ferme immobili nella loro ultima posizione, la posizione di morte, la posizione della loro eternità. Animali, animali e animali e più in là un uomo. Animali che si erano avvicinati, ignari, all'apertura nella roccia, curiosi o affamati, bisognosi o predatori. I loro passi si erano fermati all'istante, il loro cuore aveva smesso di battere, si era irrigidito, il sangue che prima pulsava nelle loro vene era diventato freddo, gelido, il calore del corpo era sparito. Tutto era pietra. Pietra, pietra su pietra. Gli occhi di lei vagavano su ognuno di quegli animali, di quelle statue, di quei trofei che, vittoriosa, mostrava con orgoglio, alzando lo squallido mento, indicando con l'ossuto dito. Sentì per la prima volta, prima volta da quando era un mostro, scorrere sulle sue pallide guance delle lacrime. Non pensava di essere in grado di piangere ancora, ma anche quel pianto, come tutto là attorno, era freddo, ostile, nemico. Chiuse gli occhi appoggiando indietro la testa, sentendo la roccia sulla sua cute, un sibilo, più sibili, forse il freddo dava noia anche ai serpenti. Deglutì e lasciò che la sua mente vagasse nei ricordi, ricordi non di mostro, ricordi di una fanciulla. Slacciò quelle orrende calzature con un movimento scattante e le lanciò via, lontano. Appoggiò il palmo dei piedi sulla roccia, la fredda roccia, e un gemito strozzato uscì dalla sua gola, misero ricordo di una voce melodiosa, ammaliante. Strinse più forte i suoi occhi, la mascella tirata, la mente impegnata a vagare nel passato. Il mostro veniva guidato, lei veniva guidata, da una forza non sua, da un desiderio che non aveva mai sentito prima. Ormai si era rassegnata, mai aveva pensato di poter tornare come prima, mai aveva creduto di poter pensare alla sua vita passata, mai aveva sperato di poter ricordare ancora quelle meravigliose e diverse sensazioni. Il sorriso le solcava le labbra rosee, ora pallide e smunte, i piedi si slanciavano veloci sulla sabbia, quei granelli caldi e soffici, la pietra fredda e dura, i capelli liberi accompagnati dal soffio del vento, quei capelli, la sua rovina. Il sole splendeva su quei boccoli biondi, illuminava quel viso allegro, la pelle chiara, lo specchio della bellezza. Il cielo azzurro si univa quasi con il blu nel mare, neanche una nuvola solcava il cielo, le metope dipinte del tempio di Atena brillavano all'orizzonte. Vedeva la ragazza camminare a passo spedito, il sorriso sempre più grande. L'immagine cambiò, si ritrovò davanti agli occhi, quegli occhi adesso diventati terrificanti, mortali, quelli di un uomo, blu, blu come le profondità dell'oceano. Ricordò di essere attirata dalle labbra di lui, di stringersi sempre di più al suo corpo possente mentre le loro lingue si intrecciavano, mentre lei sentiva il sapore di sale, assaporava quell'odore di mare. Le sensazioni riaffioravano sul suo corpo mostruoso, le sembrò di ritornare indietro, di ritornare in quel momento, di sentire di nuovo l'orgoglio assalirla quando lui le aveva detto cosa desiderava. Venne presa così tanto dalla superbia di poter dire di aver giaciuto con un dio che non pensò alle conseguenze, non pensò a tutti gli altri miti, alle situazioni simili a quella in cui si era trovata. Doveva sapere che non sarebbe andato tutto bene, non era mai successo così. La portò nel tempio, il mostro ripercorse con le dita i punti del suo corpo in cui lui l'aveva presa, l'aveva stretta a sé. La spogliò lì, davanti alla statua della dea Atena. Si ricordava ancora la sua espressione, la velocità con cui chiuse gli occhi per non vedere l'atto osceno. La lasciò lì, nuda e sola, se ne tornò tra le correnti marine, aveva soddisfatto il suo desiderio. Quello fu il primo momento in cui la ragazza percepì la freddezza, la freddezza delle pietre levigate del pavimento, la freddezza di un'illusione. Poi un paio di occhi grigi spuntarono nell'ombra in cui era calato il tempio, la guardarono e lei si sentì pietrificata, si sentì sotto l'effetto del suo futuro potere. Diventò mostro allora. Un roco singhiozzo ruppe nuovamente il silenzio, non voleva ricordarlo, non poteva. Si tirò su, la notte stava schiarendosi, una spenta alba stava cercando di dare inizio al nuovo giorno, una luce che per lei significava solo dolore. Con un leggero tocco accarezzò il ventre squamoso di uno dei serpenti, quello gioì con un sibilo allegro. Tutti gli altri le si avvicinarono cercando anche loro delle carezze, qualcuno di loro le cadde davanti agli occhi. Lei li spostò mettendoli dietro alle orecchie proprio come faceva con i suoi boccoli biondi, il sole illuminò i suoi occhi completamente neri. Aspettò che arrivasse Perseo.

Nota dell'autrice:
Ciao a tutti, non so quando possa interessarvi una one-shot su Medusa però mi era venuta un'ispirazione improvvisa vedendo l'immagine che ho messo come copertina che ho trovato su Pinterest (i diritti ovviamente sono dell'autore che non so chi sia). So che è molto corta, sono solo 1000 parole, ma mi sembrava completa.
Spero possiate darmi alcuni consigli perché è la prima storia breve che scrivo. Grazie a tutti.
Elena

Lacrime di Pietra [Raccolta di one-shots]Where stories live. Discover now