2. La scelta

3.2K 219 21
                                    

John aveva il fiato grosso per la corsa, ma andava avanti, sentiva le gambe cedere, ma il pensiero di lei, di una figlia, di SUA figlia, gli faceva dimenticare tutto. Voleva parlarle, ascoltare tutti gli anni di vita che aveva trascorso lontano da lui, senza che lui minimamente sapesse della sua esistenza. Voleva ridere quando sbagliava i tempi verbali e sentirsi orgoglioso quando invece usava parole o espressioni difficili, voleva farle capire che le voleva bene, nonostante si fossero appena conosciuti e lei fosse scappata. In fondo, voleva essere semplicemente suo padre.

Cominciava a perdere le speranze di trovarla, gli incroci erano troppi, non poteva aver sempre imboccato quello giusto, magari lei aveva girato e lui aveva continuato dritto, magari... Poi la logica che Sherlock aveva cercato di fargli entrare in testa lo aiutò. Si fermò e cominciò a riflettere: una ragazza adolescente straniera che scappa non sì mette ad attraversare la strada o ad aspettare che passi un pullman, gira per forza ogni volta che deve attraversare. Stupito della sua stessa mente, ricominciò a correre, forte della deduzione che aveva appena fatto. Devo trovarla, pensò, non posso lasciarla andare ora. E infatti, qualche decina di metri dopo intravide una zaino enorme con una chitarra attaccata. Era lei. Lo stesso zaino che aveva cercato di seguire appena fuori da casa. Lei era su una panchina, il viso nascosto nelle mani, il corpo scosso dai singhiozzi. John si fermò e là guardò. Era dilaniato dal dubbio, non sapeva se avvicinarsi e confortarla, seguendo il proprio istinto paterno appena nato o lasciarla sfogare, come avrebbe fatto fino a quella mattina. Non fu difficile decidere: stava soffrendo troppo a vederla così, sola, disperata,in una città che sapeva essere fin troppo ostile con gli stranieri, in particolare con gli italiani. Le si avvicinò cautamente, non voleva assolutamente spaventarla e farla fuggire di nuovo. Stava sudando copiosamente, la maglietta era ormai irrimediabilmente appiccicata alla pelle, gocce di sudore scendevano sulla fronte e sugli occhi, il caldo gli toglieva il respiro, quasi come la vista di quella ragazza in lacrime.

-Siria...- il suo nome italiano suonava strano con il fortissimo accento inglese di John. Lei, nonostante lui avesse sussurrato si immobilizzò, attese qualche istante e poi di scatto alzò la testa, sorpresa che lui l'avesse trovata e trattenne il fiato.

-Mr. Watson- disse lei, che lo guardava un po' preoccupata ma curiosa, tenendosi però sempre pronta per riprendere la corsa. John non sapeva assolutamente cosa dire o cosa fare, rimase incantato a guardare gli occhi verdi di lei che, rossi per il pianto, risaltavano ancora più. Lei non si muoveva e cominciò ad osservarlo, studiò l'espressione preoccupata sul volto di John, la bocca socchiusa per riprendere fiato, gli occhi preoccupati che la guardavano, le gocce di sudore che gli colavano lungo le tempie. Si erano trovati finalmente. Lui le tese la mano, abbozzando un sorriso. Lei guardò la mano, poi i suoi occhi, sinceri e ansiosi e, quasi in trance, si alzò e cautamente sì avvicinò. Gli tese là mano, sempre un po' tesa. Le loro mani si toccarono, i loro sguardi si incrociarono. Gli occhi di Siria si riempirono di lacrime, la tensione si sciolse e lei si rifugiò tra le braccia di John che la strinse a sé, incredulo per essere riuscito a trovarla e a farla restare.

Rimasero abbracciati ancora un po', poi John le disse: -Ehi, dai, andiamo a casa... Ci prenderemo cura di te, stai tranquilla-.

Lei lo guardò e fece un timido sorriso, si staccò dall'abbraccio e si chinò a prendere lo zaino, se lo mise in spalla, asciugandosi gli occhi e togliendosi il mascara che le era colato lungo le guance. Lui la guardava, non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, era così giovane, così straniera, così... Ragazza. Lei incrociò il suo sguardo, sorrise e sì incamminarono insieme.

Una figlia inaspettataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora