Accidenti!

Mokosh aveva calcolato tutto fin nei minimi dettagli.

Sapeva benissimo che, una volta sola, sarei stata una facile preda da poter schiacciare come un moscerino con il semplice schioccare delle dita.

Muovendo i muscoli del mio corpo, che si erano tesi fino all'inverosimile, strinsi forte il pomello e cercai di chiudere la porta, sbattendolo fuori.

Una grandissima sciocchezza: come se una porta potesse bloccare un Dio della distruzione potente come Mokosh.

Ero davvero stupida, ma quella fu la prima reazione che ebbi, quella più istintiva che urlava il mio cervello a gran voce.

Mokosh, come avevo immaginato, non lasciò che io chiudessi la porta e, con una semplice mano, fece in modo da bloccarla, facendo fallire miseramente il mio tentativo di mettere qualcosa tra di noi.

Mollai la porta ed indietreggiai mentre lui avanzava nella stanza, come se fosse di sua proprietà.

«Perché lei è qui?» trovai il coraggio di dire, continuando a mettere distanza tra di noi.

Il Dio, con le braccia dietro la schiena possente, camminò lentamente, come se per lui, quella, fosse una passeggiata. Il suo sorriso divenne ancora più ampio quando avvertì la paura che stava iniziando a montare dentro di me.

Per tutti gli Dei, ma perché ero così sfigata da inemicarmi un Dio così crudele come lui?

«Sai, sei stata davvero scortese poco fa.» disse con finto perbenismo.

Bloccata al muro, digrignai i denti. «Come se davvero le importasse se avessi usato le buone maniere o meno.»

«Ah-ah, attenta a quello che dici lurida umana. Non farmi arrabbiare, del resto, sono qui per condurti alla festa in tuo onore.» disse con un tono sadico e carico di ironia.

Lui mi accompagnerà alla sala da ballo?

«È un pazzo se crede che io verrò con lei di mia spontanea volontà.» lo sfidai.

Ciò che avevo detto, era la pura e semplice verità. Io non sarei andata da nessuna parte in sua presenza. C'era un'altra percentuale che lui volesse farmi fuori il giorno della mia festa.

Non li avrei reso le cose così tanto facili come lui aveva immaginato.

Non ero facile da spezzare e piegare sotto il dominio del più forte.

Lui chinò il capo, ridendo.

Eramo ad una distanza considerevole ma, quando sbatteii, per un solo istante, le palpebre, me lo ritrovai difronte, con le sue grandi mani nuovamente intorno al mio esile collo.

Stavo rischiando di soffocare per la potenza che ci stava mettendo in quel gesto di così poco conto per lui.

Annaspando, cercai di togliermi le sue mani di dosso ma l'unica cosa che ottenni fu di fargli serrare ancora di più la presa. «Non andrai da nessuna parte se non in mia compagnia.» disse con un tono di voce carico di odio allo stato puro. «Decidi, o vieni con me a quella festa e parliamo come due persone civili, oppure ti uccido qui, in questo preciso istante, e gli dei e le semidivinità dovranno festeggiare un altro lieto evento: la tua morte.»

Allentò leggermente la presa per lasciarmi fare un qualunque cenno o sussurro.

«Cosa farai, allora?»

Annuii, capendo che non potevo farcela a fronteggiare in combattimento un avversario della sua portata. Ero decisamentein vantaggio e l'unica cosa che potessi fare, per cercare di rimanere in vita, era assecondare ogni sua richiesta.

HIPNÔSE  "Il sangue della dea"Where stories live. Discover now