Capitolo 12: Martedì, 3 gennaio 2012

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"Dai non fare lo stronzo" gli dice Alberto girandosi verso di lui. "È così per sua madre, no?".

"Ma andate a fanculo tutti e due, va'!" sbotto io a voce parecchio alta, alzandomi dal divano di scatto e facendo quasi cadere Vero che era ancora seduta sopra di me.

"Tu tacere, mai, eh?!" sento dire a Mattia, mentre esco sbattendo la porta.

Me ne sto nel viottolo d'ingresso, seduto sul bordo di una grossa fioriera di pietra che adesso è vuota, senza sapere che fare né dove andare. La verità è che vorrei tornare a casa, dalla mamma, ma so che lei non ne sarebbe contenta, e questa cosa mi fa sentire uno schifo.

Sento aprire e poi chiudere la porta d'ingresso, e i passi di qualcuno che si avvicina. Che palle! Non ho voglia di vedere nessuno, tantomeno Vero o Alberto che peggiorerebbero di sicuro la situazione.

Mi giro appena per vedere chi è, e riconosco Mattia col mio giubbotto in mano.

"Tieni, che sennò ti ammali di nuovo" mi dice porgendomelo, per poi sedersi su un'altra fioriera, di fronte a me. "Non fare caso a Boccaccia Larga!" aggiunge mentre io indosso il giubbotto. "Lo sai che gli piace dare aria alla bocca!"

"Sì lo so."

"E lo sai che a Daniele piace rompere!"

"Sì lo so" dico tenendo lo sguardo basso sulla ghiaia e muovendola col piede. "Che poi..., sono due coglioni ma non ce l'ho con loro per davvero, è che..."

"Sì lo so"; sollevo lo sguardo su di lui, che accenna un sorriso. "Dovresti andare da lei."

"Da Vero?"

"No. Lo sai."

"Sì lo so"; e stavolta sorridiamo insieme.

"E vai allora, no?"

"No. Mi ha praticamente sbattuto fuori casa."

"Ah. L'hai fatta incazzare?"

"Ma no...! È che non sta bene, e allora non vuole nessuno intorno."

"Nemmeno te?"

"Nessuno. Nemmeno mio padre. Fa sempre così. Ormai lo so che fa così, ma ci sto di merda lo stesso."

"È orgogliosa."

"Troppo."

"E testarda."

"Da far schifo."

"È come te"; io lo guardo male, ma lui mi sorride. "No?".

Io sospiro e mi passo una mano in mezzo a capelli. "Sì."

"E come te magari ha bisogno che qualcuno ogni tanto se ne freghi di quello che vuole lei, o di quello che crede di volere, e faccia di testa sua."

"Ma quand'è che sei diventato così saggio?" gli domando alzandomi.

"Io sono nato saggio" risponde lui alzandosi a sua volta.

"Io dico che è stata la paternità!" esclamo ridendo. "Che nome scegli allora? Ginevra o Morgana?".

Ride anche lui e scuote la testa: "Quello sarebbe proprio un miracolo, perché al momento la casa base non la vedo neanche col binocolo!"

"Dai, che entro fine anno qualche speranza ce l'hai!"

"Seee... al massimo arrivo in seconda... o ad essere ottimisti in terza!"

"Beh, non sarebbe male nemmeno quella, no?"

"Ah no! Non sarebbe proprio male!"

"Vabbè..." dico sospirando. "Vado a casa allora". Lui annuisce sorridendo e ci stringiamo la mano, con le braccia sollevate. "Grazie fratello!"

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now