Chapter 5

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Il posto segreto non era molto distante e ci impiegammo pochi minuti per raggiungerlo. Appena scesi dall’auto Luke mi venne dietro e mi coprì gli occhi con le mani.

«Cosa fai?» gli chiesi.

«Deve essere una sorpresa, tieni gli occhi chiusi» mi disse.

«Come faccio a camminare?»

«Ti guido io, fidati»

«Da quello che mi ha detto Charlotte non dovrei fidarmi tanto»

«Ma lei scherza» rise lui facendomi camminare.

Facemmo qualche metro e poi Luke si fermò.

«Tieni ancora gli occhi chiusi» mi disse togliendomi dagli occhi una mano. Sentii un rumore, immaginai avesse aperto una porta. Poi riappoggiò la mano sui miei occhi e mi guidò ancora per qualche passo.

«Okay, ora puoi aprire gli occhi» disse il ragazzo.

Feci come mi aveva detto e rimasi colpita da quel posto. Era un giardino interno pieno di piante di tutti i tipi, fiori, alberi.

«Che meraviglia» dissi sbalordita guardando in alto agli alberi più alti.

«In città non è facile trovare un posto del genere, non è vero?» mi chiese lui alle mie spalle.

«E tu come l’hai trovato?»

«Una gita alle medie, l’unica che mi sia piaciuta» rispose avvicinandosi a me.

Lo guardai. «Non mi sembravi tipo da questo genere di cose» ammisi.

«Mi immaginavi più come un motociclista palestrato?» assunse una posa da duro.

«Più come un deficiente menefreghista oserei dire» risi.

«No dai, non dire così, menefreghista no»

«E deficiente si?»

«Ho un gemello come Jai, capiscimi»

«Ma povero» risi.

«Però non hai visto la parte migliore di questo posto» mi appoggiò una mano sul fianco e io sentii un brivido.

«Qui c’è una tranquillità immensa, e laggiù» disse indicandomi l’altra parte del giardino. «C’è un posto perfetto per vedere le stelle»

Mi accompagnò lungo l’intreccio di piante e arrivammo il un piccolo spiazzo. Guardai in alto e vidi le stelle, proprio come aveva detto Luke, in quel punto non c’erano alberi o rampicanti ad ostruire la visuale.

Luke si distese su una delle panchine.

«Vieni, così non ti viene il torcicollo» disse, così io andai a distendermi sulla panchina accanto. C’erano solo i due schienali attaccati a dividerci.

«Quanto spesso vieni qua?» chiesi.

«Quando ho bisogno di pensare. Lo preferisco di sera, non c’è mai nessuno e l’atmosfera è decisamente migliore»

«E come mai hai voluto portarmi qui?»

«Pensavo ti sarebbe piaciuto questo posto»

«Pensavi bene» ammisi.

Rimanemmo in silenzio a guardare il cielo.

Dopo un po’ mi arrivò un messaggio, così guardai il cellulare. Era Charlotte.

Come sta andando? Ha già fatto il cretino?”

Stavo per rispondere quando spostai lo sguardo sull’ora.

Begin AgainWhere stories live. Discover now