«Lettura interessante?»

Dazira sussultò. Con uno scatto, chiuse il volume e portò gli occhi su Ernik che, in piedi davanti a lei, aveva le mani posate sui fianchi ed i capelli – un po' troppo lunghi – legati sulla nuca. «Abbastanza» rispose con un sorriso sghembo.

«Dovrei sentirmi onorato...» affermò il ragazzo, con un sorriso che formò due fossette ai lati della sua bocca. Si sedette accanto a lei, a cavallo del muro, lasciando che una gamba oscillasse a penzoloni sullo strapiombo. «La paladina del regno seduta qui, nel mio posto segreto!»

Il nostro posto segreto, lo corresse Dazira, mentalmente. Che, poi, di segreto, non aveva proprio nulla. Non era un luogo sconosciuto, né, tantomeno, nascosto.

Ma, fatto, per loro, inspiegabile, quel muretto era sempre deserto, o quasi.

«Il tuo posto segreto?» domandò Dazira, sollevando un sopracciglio mentre lo guardava negli occhi nocciola.

Ernik abbassò lo sguardo, sopprimendo un sorriso. «Stai dicendo che c'è ancora qualcosa che vuoi condividere con me?» Benché il tono fosse ilare, però, la nota amara prese il sopravvento.

Sì, erano entrambi seduti sul muretto... e, sì, lo avevano fatto un sacco di volte. Ma, ora, era diverso. Erano lontani. Così lontani.

Erano passati anni. A Ernik era cresciuta la barba folta, nonostante la tenesse curata, il suo fisico si era fatto più massiccio, i lineamenti più mascolini. Era un uomo. E, anche lei era cambiata: le guance meno piene, il corpo più definito. Soprattutto, però, erano cambiati dentro.

«Dico solo che non possiamo dimenticare il passato» mormorò la ragazza, accarezzandosi i capelli castani con la punta delle dita. «Né in bene, né in male. Semplicemente è lì, esiste e, per quanto ognuno di noi preferirebbe farne a meno, non possiamo fingere che non sia mai esistito. Sarebbe come prendersi in giro da soli». Lo disse tutto d'un fiato, tenendo lo sguardo basso. Poi, incrociò gli occhi di Ernik, che la guardava sbigottito e visibilmente ferito.

Era quello che voleva. Dazira voleva quella reazione, da parte sua. Quell'indifferenza e quel fatalismo avevano l'obiettivo di colpire nel segno e, a quanto pareva, erano arrivati a destinazione.

Nonostante avesse ottenuto l'effetto desiderato, però, quella reazione non soddisfò appieno il risentimento di Dazira.

Per molto tempo aveva pensato di far star male Ernik come lui aveva fatto stare male lei. Ma, in fin dei conti, lei non aveva mai smesso di stare male: quel boccone amaro era sempre lì ed aveva preso il nome di rancore.

Fu allora che Dazira si rese conto che avrebbe dovuto accantonare. D'altronde, come aveva giustamente osservato prima, erano entrambi cresciuti ed Ernik non era lo stesso Ernik di quando l'aveva abbandonata in quella schifosa prigione.

La ragazza sospirò. «Non voglio vivere nel passato, ma voglio accettarlo per quello che è stato...» continuò, deglutendo rumorosamente. «E, che ci piaccia o no, questo è sempre stato il nostro posto preferito... inutile fingere il contrario».

Per un lungo istante, tra i due calò il silenzio, rotto solo dal rumore delle onde che s'infrangevano sotto di loro. «A volte vorrei tornare nel passato» dichiarò lui, portando lo sguardo verso il mare. «Farei delle cose diversamente».

«Forse non saresti qui, dove sei ora».

Silenzio. Di nuovo. Ernik si morse un labbro, poi tornò a fissare la ragazza. «Forse avrei qualcos'altro» sussurrò.

Dazira socchiuse un poco gli occhi in un'espressione perplessa. «Non sei felice di quello che hai raggiunto?»

«Sì, lo sono» si accinse a precisare il ragazzo, con convinzione, ma non senza quell'espressione amara dipinta sul volto. «Ma c'è l'altra faccia della medaglia: quante persone ho ferito per trovarmi dove sono ora?» Entrambi, però, sapevano che Ernik non si riferiva affatto al campo di battaglia.

«È il prezzo da pagare...»

Il ragazzo annuì. «Il senso di colpa» concluse, al posto di Dazira.

«Già» sospirò lei. «Io ne so qualcosa».

●●●

Therar era piegato sulla sedia, lo sguardo fisso sul paesaggio che ben si vedeva dalla finestra: il mare, all'orizzonte, carezzava la baia che s'interrompeva lì, ove lo strapiombo non permetteva più di osservare. Sul basso muro di roccia sul quale, un tempo, doveva essere stata apposta una guardiola, erano sedute due persone, all'ombra dei cipressi.

Sembrava così assorto... eppure, Pheanie era certa che l'avesse sentita entrare.

Per qualche minuto, la donna non disse nulla, si limitò a spostare gli occhi da lui all'incantevole tramonto, e, poi, di nuovo a lui. «Sei diverso» disse, accostandosi al ragazzo.

Lui aggrottò la fronte e si voltò nella sua direzione. «In che senso?»

«Non lo so... hai qualcosa di nuovo nell'espressione...»

Therar, però, non rispose.

Pheanie sorrise comprensiva. «È per Dazira» affermò. Non era una domanda. Pheanie aveva smesso da un po' di tempo di porgli domande. Chiedere qualcosa a Therar non era affatto il modo giusto per ottenere delle risposte da lui.

«Sai» continuò lei, «questo tuo incarico che all'inizio non desideravi si è rivelata la cosa migliore che ti potesse capitare...»

«È ancora una scocciatura».

Pheanie scoppiò a ridere e, nonostante la compostezza del ragazzo, la principessa notò una nota più morbida nella sua espressione. «Tu le vuoi bene. L'ho visto» dichiarò lei, accarezzandosi il corpetto stretto in vita da sottili nastri di diversi colori. «In qualche modo, ti ha cambiato in meglio doverti prendere cura di lei» spiegò con soddisfazione nell'osservare che il giovane non la stesse contraddicendo. «Da quando Dazira è tua allieva guardi anche le altre persone in maniera diversa... e credo di aver capito perché».

Ancora una volta, Therar non rispose, invitandola con lo sguardo a continuare la sua analisi: «Lei è forte. È coraggiosa. Ha la morte dentro di lei e nonostante questo affronta il mondo con un'innata voglia di vivere» asserì la donna, guardandolo di sottecchi. «Credo che avere a che fare con lei ti abbia mostrato un nuovo modo di reagire al dolore, qualunque cosa sia quella che ti porti appresso».

Quello che Therar si portava appresso, Pheanie non l'aveva mai saputo.

LA QUINTA LAMA (III) - I supplizi del potereWhere stories live. Discover now