Capitolo III

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Intanto, le sorelle minori di Elizabeth, Lydia e Kitty, spinte dalla voglia di twerkare, avevano convinto il signor Bingley, non si sa bene come, a organizzare un ballo a casa sua e a invitare quanti più uomini in divisa possibili.

Ovviamente al ballo era invitato anche Darcy, visto che viveva a scrocco nella mansione di Bingley, nonostante fosse molto più ricco dell'amico.

Elizabeth, per risparmiarsi un'umiliazione non necessaria, non ci sarebbe voluta andare e avrebbe di gran lunga preferito starsene a casa stravaccata sul divano a vedere tutte le repliche di Geordie Shore, ma appena sua madre attaccò il pippone sul trovarsi un fidanzato, si preparò e uscì con il resto della famiglia.

La sala era strapiena di ufficiali della marina, proprio come ci si poteva aspettare. Lydia e Kitty erano in visibilio e correvano da una parte all'altra come galline senza testa. Il signor Bennet raccontava ad altri signori aneddoti che per lui erano simpaticissimi e per gli latri imbarazzanti. La signora Bennet e il signor Collins si asciugavano a vicenda, parlando a ruota libera senza in realtà ascoltare minimamente ciò che diceva l'altro. Jane e il signor Bingley si facevano gli occhi dolci. Darcy era impegnato in una conversazione noiosa con una delle sorelle di Bingley, la quale, in realtà, se lo voleva fare. Elizabeth era seduta da sola nel solito angolino sfigato e guardava la gente divertirsi, chiedendosi come fosse possibile che i Geordies, quando uscivano, si divertivano sembra di bbrutto e si spaccavano ammerda, mentre lei, per una volta che andava a una festa, era costretta a starsene lì come uno scarto della società a vedere come la maggior parte dei suoi famigliari si metteva in ridicolo davanti a tutto il vicinato.

Si aprirono le danze e, come da copione, Bingley invitò Jane a ballare, Lydia e Kitty si accoppiarono con due giovanotti della marina. Contro ogni pronostico, il signor Collins si offrì come cavaliere di Charlotte Lucas, migliore amica di Elizabeth in quanto anche lei era molto gettonata per una vita di zitellaggio, visto che aveva a ventisette anni non aveva mai ricevuto una proposta di matrimonio, il che, per l'epoca, era già di per sé una condanna. Addirittura Darcy scese in pista con la signorina Bingley, forse solo per farla smettere di parlare. Elizabeth, dal suo angolino della sfiga, lo osservava sprezzante.

«Ma guarda te 'sto scemo,» pensava «fa tanto quello con la puzza sotto al naso e poi finisce a ballare con 'sta pagliaccia. Manco ballare sa, è lì tutto impalato. Il mio falegname con trenta sterline lo faceva meglio, 'sto burattino».

Da parte sua, Darcy non sapeva più come scappare dalle grinfie della sua dama.

«Maronna, oh,» si diceva «questa non la smette più di parlare. Son quaranta minuti che mi racconta delle sue marachelle al collegio femminile. Che sì, ho capito che una volta tu e le tue compagnucce avete fatto le pazzissime e avete rubato un budino dalla mensa e l'avete mangiato mentre ascoltavate l'ultimo CD della Pausini di nascosto dalle suore. Ma poi quanto profumo s'è messa, mi 'sto asfissiando».

Poi il suo sguardo cadde nell'angolino dove la povera Elizabeth era segregata e pensò: «Ecco, magari posso invitare la cessa a ballare, magari è un po' più interessante. Che poi, dai, non è manco così male... Va, va, le si è scostata un poco la sottogonna, riesco addirittura a vederle un pezzo di caviglia. Ommioddio, inizio a sudare. No, no, devo stare calmo che se no mi va tutto il sangue là sotto e la Bingley qua pensa che è per lei».

Non ebbe, però il tempo di fare la propria mossa per invitare Elizabeth a ballare perché, nel frattempo, un giovine in divisa dal bell'aspetto si era già avvicinato a lei.

«Buonasera, signorina Bennet» le disse.

Lei strabuzzò gli occhi: «E mo' tu come fai a sapere come mi chiamo? Non sarai un cazzo di stalker per caso... Va che ho una lama nascosta nella giarrettiera».

«Ma no, signorina Bennet, ho appena conosciuto sua sorella Lydia che mi ha parlato molto bene di lei e mi ha spronato a invitarla a ballare».

«Pfff, quella stronzetta! Poi a casa vede, un sacco e una sporta gliene do. L'unico che mi invita a ballare è perché glielo dice mia sorella, figurati... Una gioia mai. Va be', già che siamo qua, balliamo, cosa devi fare. Com'è che ti chiami te, scusa?».

«Mi chiamo signor Wickham, signorina».

«Se, vabbe', mo' è arrivato questo... Il "signore". Ma va, va, che siete sempre tutti signori secondo voi. Cià, dai, andiamo a fare 'sti du sarti».

E, afferrato Wickham per un braccio con l'eleganza di un muratore di Bonate Sopra, lo trascinò in pista sulle note di Time to Rock di Gabry Ponte, rinomato tormentone del 1813.

Darcy, vedendo chi era il cavaliere di Elizabeth, si indignò e quella compagnia spazzò via l'attrazione momentanea che aveva sentito poco prima per la ragazza. Wickham era infatti una vecchia conoscenza della famiglia Darcy e i due gentiluomini condividevano un segreto che non era nell'interesse di nessuno rivelare, a meno che non fosse stato strettamente necessario.

Orgoglio e precipizioWhere stories live. Discover now