Parlò a stento per tutto il resto della serata, e Thomas se ne accorse. Se ne accorse ma non ne fece parola, nemmeno quando Minho se ne fu andato e rimasero da soli ad aspettare il fattorino. Il moro pensò ingenuamente che Newt stesse pensando ancora a sua nonna e a sua madre, e preferì non riaprire il discorso per non farlo stare ancora più male. Mangiarono in silenzio, e ogni minuto che passava, Thomas era sempre più preoccupato da quel comportamento. Newt finì il suo cheeseburger in fretta, e tentò di pagare la sua parte, ma il moro rifiutò.
Il biondino annuì, facendo di tutto pur di non incrociare il suo sguardo, e si alzò dalla sedia, raccogliendo la sua giacca dal divano, dove era stata abbandonata ore prima.

—Io vado. Grazie per l'ospitalità e per la cena, Thomas.—disse, freddo e glaciale, furioso con sè stesso per essersi aperto così tanto. Era una reazione esagerata, lui era il re delle reazioni esagerate, ma il pensiero di Thomas con altri ragazzi lo faceva imbestialire in un modo tale che non riusciva nemmeno a comprenderla a pieno, quella rabbia che gli stava bruciando nel petto.
—Di nulla...—mormorò Thomas, che non ci stava capendo più nulla, accompagnandolo alla porta. Avrebbe voluto tremendamente baciarlo, eppure qualcosa gli diceva che Newt non sarebbe stato d'accordo. Probabilmente, i baci che si erano scambiati quel pomeriggio sarebbero stati un caso isolato.
—Allora ciao.—borbottò Newt, uscendo di casa e avviandosi giù per il vialetto, senza nemmeno voltarsi e senza nemmeno dargli il tempo di rispondere.

Thomas rimase sull'uscio per un po', prima di chiudersi la porta alle spalle e sedersi sugli scalini di fronte all'ingresso, con la testa fra le mani. Aveva tremendamente bisogno di una sigaretta, ma non gli andava di entrare di nuovo in casa. Probabilmente, era anche rimasto chiuso fuori, e avrebbe dovuto aspettare i suoi, che sarebbero tornati da un momento all'altro, al termine del loro turno in ospedale.

Alzò la testa, puntando lo sguardo verso l'alto e soffermandosi ad osservare il cielo privo di stelle. Il suo sguardo scese poi verso il basso, ritornando sulla strada, e per un momento, immaginò Newt che tornava indietro giusto per baciarlo, per poi scappare via. Ma non era affatto da lui. Niente di quello che era successo quel pomeriggio era da lui.
Newt lo aveva sorpreso con ogni suo gesto, ogni sua parola: scoprire il sapore delle sue labbra era stata un'esperienza indimenticabile.

Si alzò dallo scalino e fece un passo verso la porta: chiusa. La voglia di sigaretta stava diventando insopportabile.

D'un tratto, un auto si fermò davanti al vialetto: sapeva che era impossibile che fosse lui, ma una parte di Thomas ci sperava ancora.
Fu invece sua sorella a scendere dall'auto, trascinandosi dietro il suo zaino. Strano.
Diana sarebbe dovuta rimanere a casa della sua migliore amica per la notte: preparavano quel pigiama party da settimane.

—Diana?—chiese stupito il moro, alzandosi per andare incontro alla piccola dai capelli biondi, che dal modo in cui trascinava i piedi non era di sicuro di ottimo umore.

—Non dovevi rimanere da Cassie stasera?—
—Abbiamo litigato.—fece la bambina, dirigendosi spedita verso la porta e sbuffando al trovarla chiusa.
—Hai le chiavi?—chiese, senza incrociare lo sguardo del fratello.
—No, sono rimasto chiuso fuori anche io.—

Diana annuì, prendendo il posto del fratello sugli scalini, appoggiando il mento sul pugno e fissando intensamente la strada buia davanti a lei.

—Che è successo?—mormorò Thomas, dandole una leggera spallata mentre si sedeva accanto a lei.
—Te l'ho detto, abbiamo litigato.—
—Diana, tu e Cassie litigate sempre, non mi pare una novità. Tornate sempre amiche. Che è successo stavolta?—
—È successo che è stupida. E anche sua madre lo è.—
La bambina alzò finalmente lo sguardo: aveva gli occhi umidi e le guance segnate dalle lacrime.
—Che è successo di tanto grave?—
Thomas stava iniziando a preoccuparsi.

Rainy Days|NewtmasDonde viven las historias. Descúbrelo ahora