DICEMBRE

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Squilla il telefono. Guardo il display. E' la casa di riposo: "papà che cos'hai combinato questa volta" penso tra me e me.
Rispondo e l'infermiera dall'altra parte mi sputa addosso una serie di parole che suonano male alle mie orecchie "signorina dovrebbe venire qui subito, suo papà ha iniziato ad urlare e a dire di aver bisogno di lei" faccio delle smorfie con il viso e sgrano gli occhi. 
A dire il vero ero abituata a questo tipo di telefonate ma non era mai successo che mio padre chiedesse di me. "Ehm... sì va bene dieci minuti e sono lì, grazie" chiudo in fretta la conversazione e mi preparo.
Arrivo a Villa Bianca, la casa di riposo dove soggiorna mio padre da qualche anno.
L' Alzheimer lo ha colto all'improvviso in una giornata di Dicembre. C'era la neve, ricordo che stavo giocando con mia figlia in giardino quando papà iniziò ad urlare "dove cazzo mi trovo, chi siete voi, dov'è mia figlia" mi tornano i brividi a pensarci.
Da quel giorno papà non ha più riconosciuto me, mia figlia, mio marito... nessuno.
Così quando vado a trovarlo mi fingo un infermiera, lo guardo, gli parlo, lo tranquillizzo e ogni volta gli occhi mi si riempiono di lacrime che a fatica trattengo dentro.
"Signor Buonumore!" lo chiamo così, a lui piace. "Come sta oggi?" Gli domando.
Lui è chino sulla poltrona con la coperta di lana sulle gambe, non risponde, così mi avvicino e vedo che tra le mani tiene un quaderno.
Sono allibita quel quaderno mi manda in tilt, mio padre scriveva una volta... poi da quel giorno più niente. "Signorina Arianna finalmente! E' da un po' che non la vedevo. L'hanno chiamata le altre stronze vero?" Mi dice con tono acceso.
Ormai non faccio più caso alle parolacce sono parte della malattia... dicono.
"Sto bene sto bene, prendo le pastiglie, mangio bevo e non mi lamento mai!" Prosegue.
"Sì ha ragione è da un po' che non le faccio visita! Ma ora sono qui, c'è qualcosa che vuole farmi vedere?" Chiedo un po' titubante.
"Questo è per lei, signorina..." Mi guarda, mi consegna il quaderno con mano tremante ma con fare deciso e mi accenna un sorriso. Non mi sorrideva da anni... questa volta le lacrime non sono riuscita a trattenerle, rigano il volto, cola il mascara... mi giro per non farmi vedere, prendo un fazzoletto dalla tasca mi asciugo gli occhi e apro il quaderno.
Ogni pagina, ogni pagina era piena di inchiostro...

"Fanculo chi cazzo mi ha rinchiuso qui dentro, voglio tornare a casa dov'è mia moglie perché me l'avete portata via..." Le prime pagine erano tutte così... Mamma era morta anni prima ma lui non lo ricordava.

"Antonio le medicine, Antonio le medicine, Antonio le medicine, ma ste stronze non sanno dire altro? Eh? Eh? Le medicine qui le medicine li, ma vaffanculo voi e le vostre medicine di merda".

Altre dieci pagine così... rimango un po' stupita perché non sapevo di questo quaderno e un po' triste nel leggere quelle cose, così sfoglio velocemente le pagine fino ad arrivare alle ultime...Noto che c'è qualcosa di diverso, niente parolacce, nessun insulto, solo mio padre... c'è mio padre in quella lettera che mi ha dedicato molti anni fa.
Forse imparata a memoria nonostante quest'ultima si sia presa gioco di lui.

"Figliola fai risplendere nella tua anima quella particolare sensibilità che ti distingue e rende unica. Rammenta: Dio è dentro di te, non cercarlo altrove, non farti trascinare dagli altri, segui sempre il tuo istinto e abbi fiducia. Se in te ci sarà uno sguardo verso l'arcobaleno non importa se nella vita ci sarà talvolta tempesta."
Tuo padre.

Sento il cuore in gola e sono senza parole...
Senza sbilanciarmi troppo provo a chiamarlo per quello che lui è veramente.
"Papà..."
"Dai Arianna muoviti vammi a prendere un altro quaderno! La creatività è come un treno che passa senza avvertirti e tu devi essere pronto a prenderlo, per non dimenticare."
"Sì papà vado a prenderlo, arrivo subito."

"Infermiera!... "
"Dove diavolo è andata quell'infermiera che c'era qui prima?"

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