Capitolo 1 Matrimonio in vista

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«Vale» riposi io «Hai diciannove anni e un mucchio di corteggiatori, avrai tanto di quel tempo per pensare al matrimonio. Nemmeno io ci pensavo, alla tua età».

Scoppiarono tutte e tre in una risata fragorosa. Ero così poco credibile, nel ruolo della saggia sorella maggiore?

«Che c'è di divertente?" balbettai.

«A diciannove anni ti ha lasciata Carlo, Ross, e al matrimonio con lui ci pensavi eccome. Poi è arrivato Andrea» disse mia madre. Già. Poi.

«Cosa c'entra Carlo adesso?» cercai di obiettare. «Andiamo dai, guido io».

Uscimmo di casa e ci avviammo al negozio concordato con le mie amiche; Maria, Cecilia, Virginia e Anna. Il pensiero di rivedere Anna, che era tornata per tre settimane da Boston, dove si era trasferita per amore del bel marito americano, a cui aveva da pochi mesi dato una bambina, mi risollevò un po' il morale. Sorrisi tra me e me pensando alla piccola Haley, e a quanto Anna ne andasse pazza.

«Ross, ti sei arrabbiata perché mamma ha nominato Carlo?» mi chiese Valentina. Ma come diavolo faceva a capire sempre tutto?

Tacqui.

«Dai Rossella, è acqua passata» intervenne mia madre.

«Sì, sì. Menomale che non hai sposato lui» concordò mia nonna. Aveva ragione, come sempre.

Se avessi sposato lui, avrei vissuto per un amore malato. Ero perfettamente in grado di capire almeno quello. E non era il pensiero di Carlo a farmi stare in quel modo. In quel momento mi tornò in mente ciò che Andrea mi aveva detto sette anni prima: " Carlo è come una spugna. Assorbe tutto ciò che una persona ha di buono. E per di più, non dà mai nulla in cambio".Scossi la testa, come per scacciare quegli insopportabili pensieri.

Giunte al negozio, trovammo ad aspettarci Cecilia, con in volto l'espressione spazientita che mi divertiva tanto.

«Ciao Cecilia!» esclamammo.

«Eh, ben arrivate!» rispose lei «Siete in ritardo di venti minuti, e nemmeno le altre sono ancora arrivate! Sono sempre l'unica puntuale!».

«Non esagerare,dai!» le dissi ridendo. In verità, non arrivava puntuale ad un appuntamento da anni!

In quel momento, scorgemmo in lontananza una macchina bianca lanciata a tutta velocità verso la nostra direzione. Pochi secondi dopo ci passò davanti, inchiodò cento metri più in là e tornò indietro rumorosamente. Poi, la donna che guidava alzò il finestrino, parcheggiò e scese dalla macchina.

«Ehi,voi!» gridò.

«Maria! Ciao!».

Nessuna di noi era più stupita dalla sua "guida sportiva", tranne Cecilia. «Tu sei pazza!» la rimproverò scherzosamente «Ma a quanto andavi? Ed è quello il modo di frenare? Comunque sei in ritardo!».

«Sì, è il modo di frenare; e scusate il ritardo» le rispose Maria, sferrandole un amichevole pugno sul braccio. Mi abbracciò felice, i suoi occhi verdi che brillavano nel tiepido sole di fine ottobre.

«Allora Ross, come ti senti?» mi sussurrò.

Sorrisi. «Bene,bene». Mentivo, ma lei non se ne accorse. Pensai che dovevo essere veramente una brava attrice, se ero riuscita a far credere alla mia amica psicologa di stare bene. Il suono di un clacson e il rombo di un motore mi riportarono alla realtà.

Una Cinquecento tanto vecchia quanto tirata a lucido si infilò rapidamente in un parcheggio. Vi scese una ragazza dai lunghi capelli rossi. Sorrise e ci fece un gesto con la mano venendoci incontro.

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