Miserere mei, deus

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Questa volta decisi di spingermi oltre, e come mai prima di allora feci una richiesta io all'entità che sovente veniva a visitarmi: 

"Discendi pure nella mia mente, ora,

e ammantami del tuo sinistro canto,

così che i tuoi lugubri artefatti

possano conferirmi in sorte una visione oracolare,

e che si avveda il cielo di questa mia cerimonia,

affinché da questa mia decisione io non possa più tornare indietro!"


Cosicché la presenza iniziò a sussurrarmi nell'orecchio con la sua solita compostezza e urbanità alcune parole che accuratamente impressi su carta, qui di seguito riportate con maniacale cura: 

"Quale in notte solinga scende la luna, e si scolora il mondo; spariscon l'ombre, ed una oscurità la valle e il monte imbruna. Donde proviene questa vostra stoccata? Voi non siete capace di mantenere alcun onesto segreto, e non siete nemmeno in grado di riferir com'è, senza infiorarlo, un semplice messaggio. Vi mancano ancora quarantotto inverni prima che il vostro senno soccomba, e – che dite voi, confuso baggiano? – volete sapere di cose che mi riconducono alla memoria un sospetto sul vostro conto, che ho notato da qualche tempo: smisurata negligenza nei miei riguardi, celati dilettosi inganni, ma ne ho dato colpa a un'eccessiva mia ombrosità, piuttosto che a un deliberato vostro intento riottoso e sgarbato. Oh, ma non temete, ora v'insegno io a stare al vostro posto, colla mia sentenza che fa di ogni ben di mille pene frutto, d'intelletti mortali folgore di speme estinta!"

[queste le uniche parole originali che l'intero testo contiene, il resto è una personale interpretazione]

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