Non si sarebbe mai aspettato tanta superficialità da parte sua, e nonostante sapesse che anche lui stava passando un periodo a dir poco stressante e che, quindi, quelle parole erano dettate solamente dalla pesantezza della situazione, si era reso conto di non essere mai stato ferito in quel modo dal romano.

Fabrizio l'aveva ferito, sì, ma lui era stato doppiamente idiota a rispondergli che avrebbe fatto meglio ad andarsene, lasciando la questione irrisolta.

Ed era arrivato quel lunedì mattina, dove niente sembrava andare per il verso giusto, dover Ermal era in un ritardo stratosferico sulla tabella di marcia di Pastorino (non che fosse una novità) e dove aveva alle spalle una nottata pessima, che non l'aveva lasciato per niente riposato. Il lunedì del suo ritorno a Roma.

Cercava di comportarsi come se nulla fosse successo, ma la realtà era ben diversa perché tra gli avvenimenti degli ultimi giorni e l'agitazione dovuta all'evento di quella sera, gli sembrava quasi di rivivere quelle pessime ventiquattro ore a Sanremo, dove per un momento tutto gli era sembrato inutile, perduto, senza senso.

L'unica speranza, in quell'occasione, era stata la buona fede di Fabrizio, convinto di non aver fatto nulla di male e che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Speranza, invece, che durante il viaggio in treno verso Roma, era rappresentata da un messaggio ricevuto la sera prima.

Ermal si era soffermato un momento a pensare, con lo sguardo perso nel paesaggio che scorreva veloce fuori dal finestrino, a quanto il romano potesse infondergli fiducia e speranza nei momenti in cui proprio non se lo sarebbe aspettato.

Lo aveva definito una luce nella sua vita, tempo prima, Fabrizio. Tuttavia, più ci pensava e più Ermal si rendeva conto di quanto il suo compare si fosse sbagliato, all'epoca, e di come quella luce fosse rappresentata proprio da lui.

So che sarai a Roma, domani. E so che abbiamo bisogno di parlare.

Se vuoi ti passo a prendere finito il concerto, qualsiasi ora sia.

Il riccio aveva smesso di respirare per un istante, dopo aver letto il messaggio, per poi sciogliersi in un sorriso leggero che sapeva di una cosa soltanto: speranza.

Certo che lo voglio. Ti mando un messaggio appena riesco a liberarmi.

Grazie, Bizio.

Far entrare in testa a Pastorino che, finito il concerto, se ne sarebbe andato senza dovere delle spiegazioni a qualcuno non era stata un'impresa semplice. Aveva cominciato a farsi assalire da un numero incredibile di paranoie, il povero Paolo, perché sapeva che qualcosa bolliva in pentola e aveva notato il continuo saliscendi che aveva compiuto l'umore di Ermal, negli ultimi giorni. Non era spaventato per una sua ipotetica fuga prima del previsto, questo no, sperava solamente che il cantante riuscisse a risolvere qualsiasi problema avesse, senza drammi e senza soffrire.

Non aveva avuto bisogno di chissà quale aiuto per capire che alla base di quei problemi ci fosse Fabrizio, ma non si era mai azzardato a chiedere delucidazioni su quel rapporto tanto particolare. Sapeva che, quando sarebbe stato pronto, sarebbe stato proprio lo stesso Ermal a parlargliene.

Forse proprio per questo motivo , dopo alcuni minuti di tentennamento, aveva lasciato perdere dando al cantante la sua benedizione, senza prima farlo cuocere un po' a fuoco lento.

"Paolo, cazzo, mica sei mia madre", aveva esclamato il ricco ad un certo punto.

"Per carità, no, non riuscirei a sopportarti, ma vorrei ricordarti che nei prossimi giorni abbiamo degli impegni programmati".

Paolo sembrava sempre tanto dolce, tanto pacato, ma quando si trattava di lavoro si trasformava in un'altra persona, soprattutto per essere in grado di reggere il passo di un soggetto come Ermal.

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