Solo un anello in mano

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Scendo dalla macchina, mi avvicino alla porta con passo veloce ma tutt'altro che deciso. Nel frattempo mi guardo attorno: il paesino sembra sempre lo stesso, fa caldo ma il cielo è costantemente grigio, il solo rumore udibile è lo sferragliare dei treni che attraversano l'unico binario della stazione. Magari qualche schiamazzo dei bambini che giocano nella piazzetta qui vicino, piccola ma verdeggiante. Non è cambiato per nulla, ma d'altronde ho frequentato questi posti per un paio di mesi o poco più, se anche ci fosse qualcosa di diverso sarebbe difficile notarlo. Per certi versi, spero valga lo stesso anche per lei.

Già, lei. In fondo anche sticazzi del paesino, dei treni e dei bambini, è per lei che sono qui, no? Tutta questa attenzione prestata a dettagli insignificanti è più che altro dovuta alla volontà di rimandare il più possibile il momento in cui dovrò suonare quel campanello. La mia mano stringe un anello argentato, mi fermo a guardarlo ancora. È un semplice anello placcato d'argento, non molto costoso e senza decorazioni di sorta, solo un cerchietto di metallo che vale pochi spicci.

Esito, mi giro, torno verso la macchina, faccio per riaprire la portiera. Forse è un errore, forse quello che ci siamo detti due anni fa non ha più valore ormai, non dopo essere stati effettivamente vicini solo per quel famoso paio di mesi. Sono stati due mesi felici, forse i più felici di cui ho memoria, e sono abbastanza sicuro che anche per lei abbiano avuto un qualche significato.

Ma le cose cambiano, in due anni. Non un piccolo paese forse, ma le persone sì. E a me di quel periodo è rimasto solo un anello in mano. Cazzo, non è nemmeno prezioso.

Ci siamo lasciati per il più banale dei motivi, la distanza. Sono dovuto volare dall'altra parte del mondo e la cosa più logica da fare era non ingabbiarsi in una relazione di questo tipo. Lo facevo a malincuore, ma sapevo che era la cosa più sensata per entrambi e soprattutto per lei, che non aveva ancora avuto modo di conoscere meglio il mio nutrito bagaglio di idiosincrasie e insicurezze: rischiava di perdere anni della sua vita per poi magari realizzare che non ne valeva davvero la pena. Questo pensiero mi tormentava.

Però ci lasciammo con una promessa. Cioè, più che altro era una frase sconnessa che lasciai cadere quasi per caso, come se fosse uno scherzo, giacché anche parlare a cuore aperto dei miei sentimenti è una cosa che non mi riesce per niente bene, tanto da farmi a volte dubitare di provarli davvero (aggiungiamo quindi una certa dose di apatia e anaffettività al bagaglio di cui parlavamo prima). Dissi che in fondo non ci stavamo lasciando davvero, era quasi come se qualcosa di esterno ci stesse separando, e che quindi chissà, avremmo potuto ricominciare, prima o poi. Se fossimo stati entrambi single, ovviamente.

Lei rise. Rideva per qualsiasi stronzata che dicevo, e pensai che quel sorriso mi sarebbe mancato più di qualsiasi altra cosa. Quel sorriso che sembrava potesse rivolgere solo a te, che ti faceva sentire importante. Come al solito, mi rispose a tono: si sfilò un anello dall'anulare e lo mise nel palmo della mia mano, dicendo che se fossi tornato a riportarglielo ci avrebbe quantomeno pensato un po' su.

E sono passati due anni. Sono tornato. Nessuno lo sa ancora, men che meno lei. Non so di cosa si occupi adesso, non so se sia impegnata in una relazione (io ci ho provato, per la cronaca, ma quando mi sono accorto di cercare lei in ogni ragazza che conoscevo ci ho dato un taglio). A dirla tutta non so neanche se abita ancora in questa casa, in questo paesino, in questo continente.

Guardo di nuovo verso il palmo della mia mano e penso che ormai sono qui, tanto vale tentare.

Ora sono in piedi davanti alla porta. È più larga e spessa di come la ricordavo, sembra fatta apposta per non far entrare nessuno di indesiderato. Sembra fatta apposta per non fare entrare me. 


Suono il campanello, e non ho neanche staccato il dito che già vorrei sparire. E adesso cosa faccio? Avevo pensato a qualcosa da dire ma la mia testa è completamente vuota in questo momento. Forse dovrei andarmene, è egoista da parte mia ripiombare nella sua vita in questo modo. Che poi, cos'è che mi fa credere di avere ancora tutta questa importanza? Magari mi saluterà gentilmente, esattamente come saluterebbe un vicino che viene a chiedergli lo zucchero. Ma ci devo almeno provare. No, meglio andarsene. E se...


La porta si apre.

E c'è lei dietro.


Indossa dei pantaloni comodi e una maglietta verde scuro piuttosto larga. Porta anche una collana che aveva già allora, ci teneva molto ma non gli ho mai chiesto se fosse un regalo di qualcuno, penso per paura della risposta. Probabilmente stava studiando, ha una matita dietro l'orecchio e i lunghi capelli biondi raccolti in uno chignon, anche se alcune ciocche ne fuoriescono e le incorniciano il viso magro e pallido. Sembra sempre la stessa, forse ha cambiato montatura degli occhiali. È più bella di come la ricordassi.

Bene, ci siamo. Mi sono ripromesso di fare il serio per una volta, è un'occasione troppo importante per comportarmi come mio solito e nascondere quello che provo sotto una coltre di sarcasmo scadente e battute di dubbio gusto. Forza allora, si va in scena.

"Salve, ho trovato questo anello un paio di anni fa, mi chiedevo se fosse suo."

Dio, che tristezza. Non imparo proprio mai.

Lei ride.

Solo un anello in manoWhere stories live. Discover now