Prologue

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Un flash. Un altro. Un altro ancora. E poi la stereotipata voce dell'inviato di questo o quel notiziario che annunciava il suo arrivo.
"Ed ecco, più in forma che mai, Millie Bobby Brown. Fresca fresca di sale cinematografiche, dove il suo ultimo film sta letteralmente sbancando."
Il red carpet era un territorio per lei ormai familiare e su cui aveva imparato a muoversi rapidamente, rispettando quel silenzioso regolamento di cui nessuno mai parlava apertamente, ma che si era formato da sé, nel corso degli anni, tra le celebrità e che poteva essere riassunto in tre semplici punti: sorridi alle telecamere, concedi un massimo di cinque interviste, non mostrarti mai in difficoltà.
"Miss Brown cosa ci dice sul suo ultimo ruolo, ne è soddisfatta?"
"Ha altri progetti in cantiere?"
"Come le è sembrata la regia del film, Miss Brown?"
"Oh, vi prego, chiamatemi Millie!" disse lei, alzando un braccio in direzione dei numerosi giornalisti che stavano lì, pronti a strapparle una dichiarazione, con i loro registratori tra le mani.
Altro flash, ancora in pieno viso.
Sorriso al fotografo.
La mano del suo agente sulla spalla e la sua voce che le diceva di dirigersi verso la sala.
Quella era una delle Prime più attese dalla stampa, perché la pubblicità che era stata fatta su quel film era impressionante, tanto che Millie stessa aveva affermato, scherzosamente, di aver visto più volte il suo volto sulle fiancate degli autobus nelle ultime due settimane che non allo specchio negli ultimi 19 anni.
"E' tutto okay, Mills?"
Noah Schnapp , suo migliore amico da una vita e ora anche suo Manager, era proprio accanto a lei, mentre attraversavano un lungo corridoio, ancora circondati dal rumore degli scatti dei fotografi e reporter.
"Sì, certo, Schnipper. Solo il solito nervosismo pre-proiezione!"
"Su, andrà tutto benissimo! Sei sempre favolosa."
Millie gli sorrise e Noah la prese a braccetto, aumentando il passo.
Andiamo Millie, sorridi! E' il tuo momento, che ti prende?
"Miss Brown, guardi qui prego!"
La luce della macchina puntata ancora negli occhi le fece sbattere le palpebre un paio di volte, prima di tornare a concentrarsi sui suoi passi e sulla porta della sala cinematografica.
Prese posto accanto a Noah, che aveva iniziato a stringerle la mano e che non smetteva di sorridere in preda all'eccitazione.
Quando i titoli di testa cominciarono a scorrere sul megaschermo, Millie prese un respiro profondo e tentò di rilassarsi, incrociando le gambe e stringendo di rimando la mano del ragazzo accanto a lei
Sorridi Millie!
Le sembrava quasi che, persino nella sua testa, fosse l'ennesimo fotografo a ripeterle quelle parole.





Naturalmente, ho visto i suoi film e l'ho sempre trovata, beh ... favolosa! Però, ecco, milioni
e milioni di anni luce lontano dal mondo in cui vivo, che sarebbe qui: Notting Hill, il mio angolo di Londra preferito
.*
E' una piccola gemma, un microcosmo nella vastità cittadina, con i suoi villaggi fatti di bancarelle e i branchi di artisti di strada che si aggirano tra un pezzo d'antiquariato e l'altro.
C'è un movimento costante, in questa "città dentro la città": è un ecosistema sempre in moto, che corre, balla, salta continuamente, al ritmo dei clacson delle utilitarie e dei Bee Gees in filodiffusione su Portobello Road.
Ogni cosa, in queste strette stradine di West London, racconta una storia tutta particolare: c'è Cara, all'angolo di Ladbroke Square, con il suo carretto di fiori, un piccolo universo di petali e profumi; se ne sta ferma su quelle mattonelle sbiadite da anni, a vendere i suoi mazzolini e ad elargire sorrisi e garbati saluti ai passanti diretti verso Kensington Park.
Ricordo che, spesso, da bambino, mi fermavo di fronte al carretto assieme a mia madre, restando incantato dal movimento leggero di quel magnifico arcobaleno, che tremava sotto i soffi del vento di Londra; a volte, Cara allungava una margherita verso di me, sistemandomela sui ricci, con un occhiolino.
Quest'ultimo è un cenno che ancora oggi non manca di rivolgermi quando le passo d'avanti.
Poi c'è Joe, il proprietario del bar su Lancaster Road, con la fissa per il mobilio vecchio stile e le candele profumate.
Ogni mattina lucida la sua insegna con la stessa cura che ha un pittore mentre cosparge di pennellate leggere la sua tela.
Nel suo bar, con gli alti sgabelli di legno cigolanti e l'ampia rosa di sfumature presenti nella folla di clienti abituali, la vita scorre lenta, scandita dal brusio leggero del caffè che scorre nella macchina e avvolta dall'aroma dolce di mandorla che pervade l'intero locale.
Proseguendo su quella strada, sono molti e colorati i volti che si incontrano, dal burbero David, con la sua libreria sempre troppo disordinata per scovare realmente ciò che si cerca, fino a Charlie, il proprietario del piccolo supermercato all'incrocio con Oxford Street.
E, infine, su una delle perpendicolari di Ladbrooke Groove e Portobello Road, nel palazzo con la grande vetrata colorata e sempre troppi giornali accumulati sul vialetto, c'è il mio personale, piccolo mondo segreto.
Tra le bollette da pagare impilate sulla mensola all'ingresso e le strampalate massime del mio folle coinquilino, vivo io, da ormai tre anni, pagando l'affitto grazie ad un negozietto di vinili di ogni genere, piccolo e caloroso come tutto in questo quartiere.

E in quel labirinto di musica e spartiti, nel più ordinario dei giorni ordinari, accadde lo straordinario.


*La citazione è presa direttamente dal film

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