Ciliegie (capitolo 1, prima parte)

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1.

"Ciliegie"

<< Un forte vento angosciante si posò attorno ai miei capelli disordinati scompigliandomi i pensieri, fu subito dubbio esistenziale su chi fossi io realmente>>

Puglia,

domenica 10 giugno

Alessia.

Sentivo il profumo e il sapore delle ciliegie appena colte. Mia madre mi accompagnava ogni domenica in una campagna dove crescevano a fior di misura su enormi alberi, le trovavo spettacolari con il loro vasto color rosso che padroneggiava quei pezzi di terra e dove il calore del sole faceva brillare i colori d'estate.

Quello era il periodo dell'anno che preferivo, l'estate, i colori, le vacanze e il mio compleanno.

Mia madre era sposata con l'uomo possedente quella ricca terra dove crescevano ogni tipo di frutta e ortaggi, gli abitanti del paese dove vivevamo andavano sempre da lui come garanzia di buon prodotto. Era un bravo marito, sarebbe stato anche un bravo padre ma questo non lo avrei mai potuto sapere dato che non l'avevo mai accettato in famiglia, anche se eravamo noi quelle infiltrate.

Il mio vero padre aveva tradito mia madre e lei chiese il mio totale affidamento quando avevo solo sei anni, ecco la ragione per la quale a distanza di dodici anni si era ritrovata sposata con un uomo di grande valore economico e, a parer suo, umano.

Era da sei estati che sfoggiavamo questo rito di cogliere le ciliegie nella grande campagna di Mario, lui aveva dato inizio a tutto, dovevo ammetterlo, ma la mamma era l'unica vera famiglia per me.

Le mie sorellastre si chiamavano Glenda e Mariel, nomi alquanto stranieri, lui diceva sempre che li aveva scelti la moglie e che non ne voleva sapere dei nomi italiani dato che lei aveva origini spagnole.

Quando si separarono, la moglie tornò in Spagna dalla sua famiglia e le figlie le lasciò al marito come fossero pezzi di sassi da scalciare per strada fino a che non cadono in un fossato o fino a che non ti stanchi di scalciarli.

Nel giorno domenicale tanto atteso mettevamo delle scale appoggiate agli alberi, una di noi rimaneva sotto (sempre io ovviamente) con un bel cesto ornato di fiori, mentre l'altra (lei) saliva sulla scala a coglierle e giocava a far canestro nella cesta oppure sbagliava appositamente la mira e me le faceva arrivare sulla testa.

Anche le mie sorellastre coglievano le ciliegie ma essendo più grandi di me non lo facevano mai con totale divertimento ma più come un dovere di famiglia, come se dovessero mandare avanti la tradizione di campagna del padre.

Quella mattina sembrava tutto un pò diverso però, mi ero svegliata con aria malsana e il cielo stava iniziando a diventare grigio nonostante fosse straordinariamente perfetto con quell'incrocio di nuvole grigio-scure e di sole nascosto tra esse, emanava emozioni e io ero solita ad emozionarmi guardando il cielo nella sua vastità.

Era ammirevole, specialmente in mezzo a tutto quel verde.

Mamma sorrideva sempre da quando vivevamo li, io anche ma qualcosa dentro di me iniziava a disturbarmi, sentivo un fastidio accrescere di inappartenenza.

Amavo quel posto ma non lo riuscivo proprio a definire come "casa", a nove anni lo sembrava perché una bambina era questo ciò che chiedeva dalla vita, uno spazio immenso in cui giocare senza limiti di tempo, ma il tempo passava e con lui passava anche il mio entusiasmo da bambina ormai cresciuta, una bambina che da settembre avrebbe iniziato l'ultimo anno di liceo e che avrebbe dovuto decidere al più presto cosa farne del suo futuro.



CI VEDIAMO ALLA SECONDA PARTE, FATEMI SAPERE SE VI È PIACIUTA QUESTA NEI COMMENTI :-) 

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⏰ Last updated: Sep 02, 2018 ⏰

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