Capitolo 1 - Io e Mari (gli anni di scuola)

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"Tutti qui ci provano
Aspettano un tuo segno
E intanto sperano
Che dal tuo essere amica
Nasca cosa però
Non si ricordano
Il principio naturale che
La regola dell'amico non sbaglia mai
Se sei amico di una donna
Non ci combinerai mai niente
Mai non vorrai
Rovinare un così bel rapporto"
Max Pezzali, La regola dell'amico.

Filo's pov

Non è noto il momento preciso in cui è nata l'amicizia profonda che lega me e Maria, penso però che sia scattata una magia in quel momento, una magia che ci ha permesso di sopportarci a vicenda e di perdonarci dopo ogni litigata, per un quarto di secolo e senza che avessimo alcun legame di sangue. Mari per me è la sorella che non ho mai avuto. Altruista, sensibile, sincera, curiosa, introversa, gentile e senza peli sulla lingua, Mari è semplicemente una persona splendida, forse la più bella che abbia mai conosciuto e sicuramente quella che conosco da più tempo.

Sulla nascita della nostra amicizia girano varie leggende. La mamma di Mari racconta che la prima volta che ci siamo visti è stato a casa sua, una sera di settembre, prima dell'inizio della scuola materna. Aveva invitato i miei a cena per farli ambientare a Pico di Paco, un piccolo comune in provincia di Milano dove abito tutt' ora.
Pico di Paco è un tipico paesino di provincia, dove non ci sono occasioni per divertirsi a parte il mercato della paizza venerdì e la messa della domenica mattina. Un comune per vecchi, potremmo definirlo, ma che mi ha sempre abbastanza affascinato per i suoi grandi spazi verdi curati, le villette a schiera e la tranquillità che regna per strada (a parte quando c'è il mercato).
All'epoca ci eravamo trasferiti da poco nell'attico di 200 metri quadri dove abito tuttora, nella palazzina di fronte alla vecchia casetta di Mari. Io e lei avevamo mangiato solo una fetta di pizza e poi eravamo scappati in cameretta a giocare con le bambole di Mari. Da allora iniziammo entrambi a chiedere alle nostre famiglie di vederci in ogni momento libero. La signora Giuditta, la mamma di Mari, la lasciava a casa mia tutto il giorno. Stavamo a casa con mia nonna dato che sia i miei genitori sia i genitori di Mari lavoravano tutto il giorno, e a volte di pomeriggio scendevamo nel parco del quartiere a giocare con i bambini più grandi.

Non ho idea di quanto sia vera questa storia perché mia nonna ne racconta un'altra versione. Dice che io e Mari ci siamo conosciuti all'asilo e quando lei mi veniva a prendere le facevo "una testa così", allargando le braccia, parlando della mia fidanzata Mari, di quanto fosse simpatica e quanto mi divertissi a giocare con lei. Mia madre ha elaborato una versione ancora diversa: sostiene che ci siamo conosciuti nel parco del quartiere, dove andavamo a giocare tutti i giorni, e che Mari fosse venuta a casa mia soltanto sporadicamente, dopo aver iniziato la scuola materna.
Non so quale delle tre versioni sia vera, ma ricordo benissimo quando la chiamavo "la mia fidanzata" davanti ai miei genitori, a mia nonna, ai miei compagni di classe e perfino davanti alla maestra Maddalena. Quello è stato l'unico periodo della mia vita in cui io e Mari siamo stati fidanzati.

Successivamente, con l'inizio delle elementari avevo smesso di dire in giro che era la mia fidanzata e lei non mi chiese niente. Ci allontanammo a poco a poco ma rimanemmo comunque amici. Eravamo in classe insieme ed eravamo compagni di banco, ma durante la ricreazione preferivo giocare con le figurine di Yu-Gi-Oh con Luca e altri compagni. In terza elementare iniziammo ad andare a catechismo insieme, il mercoledì alle cinque, all'oratorio gestito da don Stefano.

Quell'anno avevo anche provato diversi sport. Mia madre, avvocato di successo, voleva a tutti i costi un figlio che eccellesse in qualcosa e io, non essendo un genio a scuola, avrei dovuto per forza eccellere in un'attività sportiva, in modo che lei avrebbe potuto vantarsi con gli altri di avere un bambino prodigio. I sogni di mia madre non riuscirono a realizzarsi subito. Mi ero iscritto per tre mesi a calcio con Davide, un mio amichetto. In lui nacque una vera passione per questo sport mentre a me non piaceva minimamente. Si era rivelato troppo violento, bisognava stare sempre a correre mentre io mi perdevo nei miei pensieri e non riuscivo a stare al passo. Così provai nuoto (troppo noioso), equitazione (troppo costoso) e il basket(troppo difficile). Erano bastate sole tre lezioni per capire che non sarei mai riuscito a centrare il canestro, e nemmeno mi interessava allenarmi per riuscirci.
Alla fine della terza elementare era evidente che non ero portato per nessuno sport e mia madre era completamente disperata. Non riusciva a scoprire il mio talento nascosto. Per fortuna in quarta elementare provai tennis e anche se all'inizio trovavo difficile e noioso seguire la pallina con gli occhi e cercare di prenderla con la racchetta, col passare dei mesi mi appassionai a questo sport semplice ed elegante, che pratico tuttora.

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⏰ Last updated: Jan 05, 2019 ⏰

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Non voglio mica la LunaWhere stories live. Discover now